Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13266 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13266 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato il 26/08/1992 ad Alatri avverso la sentenza del 29/04/2024 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuri: tore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito, per il ricorrente, l’Avvocato NOME COGNOME che ha conclusD per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Roma conferm Yi,a la condanna di NOME COGNOME per calunnia (art. 368 cod. pen.), per aver addebiUto a un carabiniere – consapevole della sua innocenza – di aver falsamente redati: D un verbale che riportava dichiarazioni da lui sottoscritte e in cui, specificarli:. nte
l’imputato si era asseritamente assunto la paternità del modico quantita GLYPH di sostanza – indicata nel verbale come stupefacente, del tipo canapa indiani: – e rinvenuta la notte precedente, in sede di perquisizione domiciliare effettuati dal citato militare, unitamente ad un collega, presso l’abitazione della madrt del giovane, ove questi si trovava con alcuni amici per festeggiare il Capodanno.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, per il t -a mite dell’Avvocato NOME COGNOME deducendo i seguenti quattro motivi.
2.1. Travisamento della prova in relazione al verbale di narcotest.
La Corte d’appello ha fondato il rigetto dell’impugnazione sulla sottoscri:p ione del verbale del narcotest, che sostiene essere stato redatto il giorno 1 ger naio 2012, anche se sottoscritto soltanto il 3 gennaio.
Tuttavia, come dedotto in appello: l’appuntato COGNOME, la notte del 1 ger naio 2012, entrò, da solo, nell’abitazione dove i ragazzi festeggiavano il Capoce.1 – ino; egli rinvenne su un tavolino una busta con sostanza definita canapa indi3na; chiamò il collega COGNOME, appuntato scelto e, quindi, non ufficiale di polizia giudiziaria, del pari non abilitato a compiere le operazioni di constatazione del ratto e di redazione del verbale; gli operanti procedettero alla redazione di soli tre verbali (controllo, ispezione e perquisizione presso abitazione pii’, ata; contestazione di detenzione di sostanza stupefacente per uso personale; seq ostro amministrativo di sostanza stupefacente per uso personale); nel sottoscrivere l’ultimo verbale, NOME e i suoi due amici dichiaravano il possesso della sostalua ad uso non già personale, ma religioso; non disponendo di copie dei moduli in n.irnero sufficiente, i Carabinieri invitavano informalmente i ragazzi, per il ;Orno successivo, a recarsi nella Caserma.
Nessun altro atto venne confezionato; nessuna operazione di narcoteA fu effettuata quella notte al cospetto di NOME e dei suoi amici; nessun inviti) ad assistere a tale eventuale atto fu loro rivolto o notificato.
Versa quindi in errore la Corte d’appello quando afferma che tra i verbali da sottoscrivere vi era quello del narcotest, in ciò mal-interpretando le dichiarazioni del teste COGNOME COGNOME uno degli amici dell’imputato, che aveva rit erito che il Carabiniere aveva invitato i ragazzi a passare in caserma per dar loro i fogli (il teste si riferiva ai verbali già redatti, e non a quello di narcotest).
Lo stesso appuntato COGNOME confermò quanto appena riferito, chiarende che né lui né COGNOME erano ufficiali di polizia giudiziaria, che gli unici verbali reca :ti casa di COGNOME furono quelli di ispezione, perquisizione e sequestro amminist .ativo, che le copie di tali atti non erano disponibili per tutti.
D’altronde, il verbale di narcotest è a uso interno e serve solo a certificare la sostanza.
In conclusione sul punto, quanto riportato da COGNOME era oggettivali ente falso, tanto da indurre NOME a presentare denuncia il 18 luglio 2013, e ciol dopo essere entrato in possesso di tali informazioni, a seguito di altre vicende processuali a queste connesse, a distanza di circa 18 mesi dai fatti.
La Corte d’appello erra, pertanto, nell’individuare la ragione della diversa data sul verbale in una mera svista (che avrebbe dovuto essere corretta indican do la data del giorno in cui i giovani “decisero di presentarsi”).
I ragazzi, inoltre, diversamente da quanto affermato in sentenza, non furono mai invitati a recarsi in caserma per ritirare il verbale del narcotest, che mai fu consegnato ai tre, come d’altronde è normale che sia, trattandosi cli atto meramente interno.
Lo stesso Pubblico ministero, nel richiedere l’archiviazione per COGNOME, ammise che il verbale riportava accadimenti oggettivamente contrari al vero
2.2. Violazione degli artt. 234 e 238 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
La Corte di appello ha motivato la sua conclusione sulla base delle dichiarazioni rese in forma di sommarie informazioni testimoniali il 27 ri”R ggio 2014 da COGNOME e COGNOME COGNOME, nel diverso procedimento a cirico dell’appuntato COGNOME contenute nel provvedimento di archiviazione, nonostante la difesa dell’imputato si fosse opposta a tale acquisizione e così aggira rido il principio per cui la prova si forma in dibattimento.
Né va trascurato che il codice di rito detta una disciplina restrittiva dell’uso che si faccia di sentenze non irrevocabili.
Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231677, hanno poi cniarito che le sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e non ancora divenute irrevocabili legittimamente acquisiti al fascicolo del dibattimento nel contraddittorio dalle parti possono essere utilizzate come prova limitatamente all’esistenza delle decisioni e alle vicende processuali in essere rappresental:e, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti ogget 😮 di accertamento di quei procedimenti.
Nessun uso avrebbe potuto farsi, dunque, delle sommarie informazio li in discorso perché: contenute in atto processualmente non definitivo e riportate oltretutto in modo parziale; rese in procedimento diverso da quello in cui COGNOME era imputato; la difesa di NOME si era espressamente opposta alla loro acquisizione, richiedendo che i testi fossero sentiti in dibattimento.
La mancata risposta alle deduzioni in appello integra, quindi, anche il ‘mio di motivazione.
2.3. Travisamento della prova per mancata assunzione di prova decis V 3, in relazione alla mancata acquisizione dell’originale della consulenza tecnica ;ulla presunta sostanza stupefacente e vizio di motivazione sulla sua valenza scientifica.
Non fu mai conseguita la certezza scientifica della reale natura di droga della sostanza e la certezza storica della sua provenienza, stanti le numerose anomalie della vicenda: in violazione del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, fu esegu to un accertamento superficiale dal solo COGNOME; incertezze riguardarono il luogo e le condizioni di conservazione della sostanza; la sostanza non poteva aver conservato inalterato il principio attivo a distanza di trenta mesi dal primo test; la consulenza tecnica fu svolta da persona diversa dalla consulente nominata; la lata dello svolgimento delle analisi precedette quella della consegna del re:wrto; l’appuntato COGNOME testimoniò sotto giuramento di aver visto non già canapa indiana, bensì tabacco appoggiato sul tavolino.
Tuttavia, i Giudici di primo e di secondo grado nulla hanno argomer tato sull’accertamento, sulla conservazione e sull’analisi della natura stupefacente sostanza, contravvenendo all’insegnamento di legittimità secondo cui un risu tato di prova scientifica può essere ritenuto attendibile solo ove controllato dal giudice.
2.4. Vizio di motivazione sull’elemento soggettivo.
La Corte d’appello non ha risposto alle deduzioni difensive con cui si rilefava la mancanza di dolo dell’imputato il quale era convinto della responsabilitil del COGNOME (come si evince dal fatto che NOME, all’indomani dei fatti e recalo;i in caserma per ritirare alcuni verbali, tra cui non vi era quello del narcotest, si sottopose ad analisi per verificare se avesse assunto cannabinoidi, il 5 geni ‘ai°, con esito negativo).
Neppure la Corte di appello ha dato risposta alle eccezioni relative al a non configurabilità del dolo di calunnia nella forma eventuale, limitandosi a ritelere il carattere calunnioso delle affermazioni «di tutta evidenza». Non ha però considerato che: l’imputato presenziò a tutte le udienze; si sottopose ad esari ie in cui il PM non ritenne opportuno fare alcuna domanda; sollecitò la tratta2ione dell’appello; rinunciò alla prescrizione maturata in secondo grado.
I Giudici di secondo grado tacciono, inoltre, il fatto che la Procura della Repubblica di Perugia chiese ed ottenne l’archiviazione del procedimento per calunnia in danno del Pubblico ministero di Frosinone con motivazione (;ulla mancanza di dolo dell’imputato) che sarebbe valida anche per quello in da rli io di COGNOME.
Né ha valutato ipotesi alternative pure emerse nel corso del dibattimento.
La parte civile NOME COGNOME per il tramite del proprio difens.z -e e procuratore speciale, ha presentato una memoria con la quale ha chiesto il ri(retto del ricorso e la conferma della sentenza di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Allo scopo di inquadrare e valutare più correttamente le spezi iche doglianze formulate dal ricorrente, è opportuno preliminarmente riassumerE’ ;ulla base degli accertamenti compiuti dai giudici di merito, la vicenda fattuale d9 :ui è scaturito il presente procedimento per calunnia nei confronti dell’impulato: precisando sin d’ora che la motivazione della sentenza impugnata appare, GLYPH r un verso, carente e, per altro verso, contraddittoria, oltre che estrema m ente sintetica, di talché, al fine indicato, si renderà necessario attingere in previlnza dai risultati conoscitivi esposti da quella di primo grado.
Il Tribunale spiegava, innanzitutto, che l’appuntato COGNOME riferì: che 16 r otte del 1 ° gennaio 2012, avendo notato la presenza di un ragazzo (poi identificato nello brio), euforico e in stato di equilibrio precario, lo aveva seguito di( ntr un’abitazione che si era rivelata essere della madre dell’imputato NOME COGNOME e dove questi stava festeggiando il Capodanno insieme al suddetto COGNOME, ad u -i altro amico (tal COGNOME COGNOME) ed a tre ragazze; ricevuto il permesso di entyare, immediatamente aveva notato la presenza, su un tavolino, di una sostanza contenuta in un cellophane; aveva deciso, quindi, di intraprendere la perquisii:none del domicilio, chiamando anche il suo collega COGNOME che si era fermato fuo -i ad attenderlo.
Sempre l’appuntato COGNOME precisò erano stati redatti sia un verbale di perquisizione (nel quale era stata inserita la dichiarazione di riconoscimenl o di detenzione della sostanza da parte dei tre ragazzi), sia un verbale di sequest: -o, e di cui era stata rilasciata una sola copia ad uno dei tre, mancando, asseritani: nte, la possibilità di stilare altri “ciclostili” nella vettura della pattuglia.
La sentenza del Tribunale proseguiva osservando che, il successivo 3 gennaio, gli interessati erano stati «fatti passare in caserma per firmare e ritirare gli ali d quella sera» e che così aveva fatto anche NOME, precisando che in quella sediii era stato fatto firmare dagli interessati pure il “narcotest”, documento presen :e agli atti e menzionato nel capo di imputazione.
I Giudici di primo grado, quindi, si soffermavano sulle anomalie della perquisizione (non essendo stato atteso un ufficiale di polizia giudiziaria in seriizio di reperibilità), nonché del controllo preliminare della sostanza operata dallo E;i: esso COGNOME attraverso l’utilizzo del narcotest. Specificavano che, su sollecita:none difensiva, il COGNOME aveva ammesso che le dichiarazioni raccolte dai tre giovani, nei termini propriamente riportate nel verbale di sequestro, erano quelle rese dai
prevenuti il 3 gennaio soltanto davanti a lui, senza che il verbale (recante I Ei data del giorno 1° gennaio) contenesse tale specificazione cronologica.
Ancora, la sentenza di primo grado proseguiva osservando che COGNOME aifeva confermato per gran parte le dichiarazioni di COGNOME.
Ma aggiungeva come il primo avesse affermato – e si tratta di un asi:: etto evidentemente non secondario ai fini della configurabilità della calunnia in capo al ricorrente – di ricordare che la “sostanza” rinvenuta in quella abitazione non era contenuta in una bustina, bensì era del tabacco appoggiato sopra un tavolino.
Il Tribunale ammetteva che tale ultima espressione era obiettivair ante equivoca, ma la spiegava ricorrendo all’ipotesi che si trattasse di «un mix di foglie di tabacco e qualcos’altro che deponesse per la natura di sostanza stupefacente», a tal fine valorizzando le sommarie informazioni testimoniali di uno dei ras;;azzi presenti (brio), desunte dalla motivazione del provvedimento di archiviaziole del procedimento penale in capo a COGNOME, nelle quali il ragazzo aveva confermato che si trattava di canapa indiana, detenuta per uso personale.
È, altresì, opportuno precisare che i Giudici di primo grado ridimensionEri. ano l’addebito nei confronti dell’attuale ricorrente rispetto all’originaria b.utes accusatoria, formalizzata nel complesso capo di imputazione, secondo cui NOME aveva incolpato, sapendoli innocenti, i militari non soltanto di aver commesso un falso ex art. 479 cod. pen. – «per aver falsamente riportato sul verb31 di accertamento di sostanza stupefacente dichiarazioni da lui sottoscritte mai, suo dire, mai rese» -, bensì anche di aver falsamente indicato all’interno del medsinno verbale che si trattava di sostanza stupefacente e di aver provveduto a sosiltuire quella effettivamente rinvenuta con altra sostanza (stupefacente) (i Giudici ritenevano che in nessuna parte della denuncia fosse stato ventilato il dubbio, da parte di NOME, che vi era stata una sostituzione, da parte del Carabiniere, cella sostanza rinvenuta).
All’esito del giudizio di primo grado, residuava, nei confronti dell’impu:ato l’incolpazione di aver «falsamente riportato sul verbale di accertamerto di sostanza stupefacente, redatto in data 1 gennaio 2012, a seguito di perquis :zione domiciliare presso la sua abitazione, dichiarazioni da lui sottoscritte ma, suc c ire, da lui mai rese».
E’ bene subito sottolineare che della “ricchezza” di una siffatta articolata motivazione, quale quella offerta con la sentenza del Tribunale, non vi è tra:cia nella sentenza emessa all’esito del giudizio di secondo grado, caratterizzati;: da una sbrigativa ricostruzione fattuale e da indicazioni alquanto assertive.
Ed invero, alle specifiche questioni devolute dalla difesa con l’atto di appello, il cui contenuto coincide sostanzialmente con i motivi di ricorso in precedenza
sintetizzati, i Giudici di secondo grado hanno laconicamente replicab che l’esistenza della contestata calunnia si desume, oltre che dalle dichiarazioni rese in dibattimento dai due militari operanti (dichiarazioni, tuttavia, non esatta m ente coincidente e, perciò, per parte ambivalenti), dalla testimonianza resa il 18 giugno 2018 dal teste COGNOME COGNOME il quale aveva asseritannente ammessy che sul tavolino era stata trovata dell’«erba»; che del suo possesso tutti e tre i ranazzi si erano assunti la paternità per scagionare le ragazze presenti; che, dal momento che i verbali da sottoscrivere erano anche altri, il COGNOME aveva detto loi o di passare l’indomani in Caserma e che essi vi si erano recati soltanto due o tre giorni dopo.
Secondo la Corte d’appello, la circostanza che il verbale del narcotest recasse la data del 10 gennaio (e non quella del 3 gennaio) trovava spiegazione lena circostanza che il verbale fosse stato effettivamente predisposto il 10 gennaio, perché la mattina di quel giorno i ragazzi erano stati convocati in caserma, che poi – non essendosi i giovani presentati – quella data non era stata corretl:€: . per mera dimenticanza.
La Corte territoriale ha, inoltre, reputato tale ricostruzione corroborata dalle sottoscrizioni del suddetto verbale da parte dei tre ragazzi, aggiungendo che il “valore” di quelle firme dipendeva anche dal fatto che le stesse erano state apr oste due giorni dopo, cioè in un contesto temporale che non era più quellc iella frettolosa conclusione di un gravoso incombente.
Da ciò la Corte di appello ha ritenuto di poter desumere la configurabiliCi della calunnia, «a prescindere dall’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da NOME 2 da COGNOME COGNOME in altro procedimento».
Muovendo proprio da tale affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza impugnata – e così “imprimendo” alla trattazione un più corretto oi dine logico-giuridicom rileva il Collegio come, in tanto la calunnia contestata (invero con un capo d’imputazione un po’ confuso) all’odierno ricorrente sarebbE Aata configurabile, in quanto i giudizi di merito avessero accertato, sembra orr ti -a di dubbio, che il verbale di sequestro, – nel quale risulta la ricezione della dichiarazione contenente la sostanziale ammissione, da parte dell’imputato, della detenzione di quella sostanza, qualificata come stupefacente – fosse vero.
Su tale essenziale dettaglio della vicenda, la Corte di appello non ha brnito alcuna adeguata risposta. In particolare, non ha adeguatamente replica:o alle censure contenute nel primo e nel terzo motivo di ricorso – centrali, ai fin della ricostruzione dei profili penali della vicenda in esame – sulla legi:timità dell’esecuzione del narcotest da parte dell’appuntato COGNOME e sulle ambiquità relative alla datazione del relativo verbale.
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Né è possibile in questa sede affermare con certezza l’irrilevanza di tale lauma motivazionale presente nella sentenza gravata, tenuto conto che i Giudici di p imo grado non avevano nascosto le proprie perplessità sulla ritualità delle opera.ioni di accertamento della sostanza stupefacente (ivi compresa, l’esecuzione del narcotest da parte dell’appuntato COGNOME). Tant’è che il problema era ::.tato sostanzialmente “aggirato” attraverso il richiamo alle sommarie informaioni testimoniali rese dal compagno dell’imputato, riportate – per quanto È dato intendere – nel decreto di archiviazione emanato nel corso del procedim anto penale che era originato, in relazione ai medesimi fatti, a carico dell’appur tato COGNOME: dichiarazioni nelle quali COGNOME aveva ammesso trattarsi di sostanza stupefacente.
Seguendo tale impostazione – contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, che sbrigativamente ha sostenuto di poterne “prescindere” -,, una importanza dirimente assume la dedotta questione dell’utilizzabilità nel pres ?Alte procedimento delle sommarie informazioni testimoniali di NOME, rese nell’ampi:o di diverso procedimento penale, in mancanza del consenso della difesa: questione eccepita nel secondo motivo di ricorso (e, prima ancora, con l’atto di appell ,:1) alla quale questa Corte regolatrice non può dare una risposta in assenza di com Diuti accertamenti di natura fattuale.
In proposito, è sufficiente osservare come la Corte di appello si sia richiarlata «alla scelta difensiva di acconsentire a produrre l’insieme degli n :arti procedimentali paralleli a quello sbocciato nel processo odierno», senza, tulnvia, precisare se la difesa di NOME avesse prestato il consenso all’utilizzazione delle suddette sommarie informazioni testimoniali, cosa che negli atti di impugnazione è stato decisamente negato essere avvenuto.
Ogni determinazione sul punto va, dunque, rimessa ai Giudici di merito i quali si atterranno al consolidato principio di diritto per cui, al pari delle sentenze [riv del requisito di irrevocabilità, il decreto di archiviazione pronunziato nell’arrr)i 😮 d un diverso procedimento, legittimamente acquisito al fascicolo del dibattimer 😮 ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., può essere liberamente valutato dal giudice alla stregua di un qualsiasi documento scritto, ma non può essere utilizzato cHale prova dei fatti in esso descritti (così, tra le altre, Sez. 6, n. 30993 del 05/04/2018, B., Rv. 273593): e ciò tanto più ove si pretenda di valorizzare probatoriamer te il contenuto di una prova dichiarativa riportato in un siffatto provvedimento, cui utilizzazione, in ossequio del principio costituzionale del contraddittorio, è soggetta al peculiare regime dettato dall’art. 238 cod. proc. pen.
In conclusione, per un verso, la sentenza impugnata non argome.nta adeguatamente il conseguimento della certezza, al di là di ogni ragionevole
dubbio, su ciò che accadde nell’abitazione dell’imputato la notte di Capo:innno 2012 e, specificamente, sulla natura stupefacente della sostanza noricN 3ulle dichiarazioni rese dal ricorrente e riportate nel verbale di sequestro della sostanza (ove – si precisa – fu proprio il contenuto di tali dichiarazioni ad essere revocato in dubbio mediante la denuncia da cui originò l’attuale procedimento ex ar:. 368 cod. pen. a carico di NOME).
Per altro verso, nemmeno chiarisce – in replica alle puntuali dedu.:ioni difensive – se la difesa dell’imputato avesse prestato il consenso all’utilizzazione delle sommarie informazioni (di contenuto sostanzialmente confessori()) dei compagni dell’imputato, assunte nel corso del diverso procedimento penale a carico di COGNOME.
La motivazione della pronuncia impugnata risulta, quindi, graveir ante lacunosa e viziata da manifesta illogicità, al limite della motivazione nnerair ante apparente.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma che, nel nuovo giudizio, si atterrà alle indicazioni 1:cl ai principi innanzi enunciati.
Nella riconosciuta fondatezza dei principali motivi del ricorso resta assorbito l’esame dei restanti motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sez one della Corte di appello di Roma.
Così deciso il 18/03/2025