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Calunnia verbale falso: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per il reato di calunnia. L’imputato era stato accusato di aver falsamente incolpato un carabiniere di aver redatto un verbale contenente dichiarazioni mai rese. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello gravemente lacunosa e illogica, in particolare per non aver accertato con certezza la veridicità del verbale contestato e per aver ignorato le precise regole sull’acquisizione di prove da altri procedimenti. La questione chiave è che per configurare una calunnia verbale falso, il giudice deve prima dimostrare che il verbale era vero. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calunnia per verbale falso: la Cassazione annulla la condanna per motivazione illogica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13266 del 2025, ha annullato con rinvio una condanna per calunnia verbale falso, riaffermando principi fondamentali in materia di onere della prova e correttezza della motivazione giudiziaria. Il caso riguarda un giovane condannato per aver accusato un carabiniere di aver falsificato un verbale di accertamento, inserendovi dichiarazioni che l’imputato sosteneva di non aver mai reso. La Suprema Corte ha censurato la decisione dei giudici d’appello, ritenendola superficiale, assertiva e priva del necessario rigore logico-giuridico.

I Fatti del Caso: Una Notte di Capodanno e un Verbale Controverso

La vicenda ha origine durante i festeggiamenti di Capodanno del 2012. A seguito di un controllo, i Carabinieri intervenivano nell’abitazione dove l’imputato si trovava con alcuni amici, rinvenendo una modica quantità di sostanza, ritenuta stupefacente. Venivano redatti alcuni verbali, ma il documento cruciale, un cosiddetto “narcotest”, veniva fatto firmare ai giovani solo alcuni giorni dopo, presso la caserma. Successivamente, l’imputato presentava una denuncia, sostenendo che il verbale riportava falsamente la sua ammissione sulla paternità della sostanza, dichiarazioni che egli negava di aver mai fatto. Questa denuncia dava origine al procedimento per calunnia a suo carico.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Condannato in primo e secondo grado, l’imputato ricorreva in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. In particolare, la difesa eccepiva il travisamento della prova riguardo le circostanze di redazione e sottoscrizione del verbale, nonché la violazione delle norme procedurali sull’acquisizione di prove. La Corte d’Appello, infatti, aveva basato la sua decisione anche su sommarie informazioni testimoniali rese dagli amici dell’imputato in un diverso procedimento (a carico del carabiniere, poi archiviato), nonostante la difesa si fosse opposta alla loro acquisizione. La motivazione della Corte territoriale era stata, secondo il ricorrente, sbrigativa e non aveva risposto adeguatamente alle specifiche censure difensive.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla calunnia per verbale falso

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. Il Collegio ha evidenziato come la motivazione della Corte d’Appello fosse “sbrigativa”, “laconica” e “alquanto assertiva”, in netto contrasto con la più articolata analisi svolta dal giudice di primo grado. La critica principale si è concentrata su un punto logico e giuridico fondamentale: per poter affermare che l’imputato avesse calunniato il militare, era indispensabile accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il contenuto del verbale fosse vero. Invece, i giudici d’appello avevano eluso la questione, omettendo di affrontare le numerose anomalie procedurali sollevate dalla difesa, come quelle relative all’esecuzione del narcotest e alla sua datazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Nel cuore della sua decisione, la Cassazione ha ribadito che la configurabilità del reato di calunnia esige la prova della falsità dell’accusa mossa dall’imputato. Di conseguenza, il giudice deve prima verificare la veridicità dei fatti riportati nel documento che si assume falsificato. La Corte d’Appello non ha fornito una risposta adeguata alle censure difensive sulla legittimità dell’esecuzione del narcotest e sulle ambiguità della sua datazione.

Inoltre, la Corte ha censurato l’utilizzo delle dichiarazioni testimoniali provenienti da un altro fascicolo processuale. I giudici hanno ricordato che, in base all’art. 238 del codice di procedura penale e al principio costituzionale del contraddittorio, l’utilizzabilità di tali prove è soggetta a un regime peculiare che richiede il consenso delle parti. Ignorare l’opposizione della difesa e fondare la decisione su tali elementi costituisce una grave violazione procedurale. La motivazione della sentenza impugnata è stata quindi giudicata gravemente lacunosa e viziata da manifesta illogicità, al punto da risultare meramente apparente.

Conclusioni: L’Importanza di una Motivazione Rigorosa

Questa sentenza è un importante monito sull’obbligo per il giudice di fornire una motivazione completa, logica e non contraddittoria, che risponda punto per punto alle argomentazioni difensive. Non è sufficiente una ricostruzione superficiale o assertiva per confermare una condanna. Il caso in esame dimostra che, prima di condannare per calunnia verbale falso, è dovere del giudice diradare ogni ombra sulla correttezza dell’operato dell’agente pubblico e sulla veridicità dei fatti da lui attestati. La vicenda torna ora davanti a una diversa sezione della Corte d’Appello di Roma, che dovrà riesaminare i fatti attenendosi ai rigorosi principi enunciati dalla Cassazione.

Quando si può essere condannati per calunnia se si denuncia un verbale come falso?
Per poter condannare una persona per calunnia, il giudice deve prima accertare, senza alcun dubbio ragionevole, che il contenuto del verbale denunciato come falso era, in realtà, veritiero. Se permangono dubbi sulla correttezza di quanto attestato nel verbale, non può esserci una condanna per calunnia.

È possibile usare in un processo le dichiarazioni che un testimone ha reso in un altro procedimento?
No, non liberamente. La legge (art. 238 cod. proc. pen.) stabilisce regole precise per l’utilizzo di verbali di prove assunte in un altro procedimento. In ossequio al principio del contraddittorio, tale utilizzo è generalmente subordinato al consenso della difesa. Una corte non può usare queste dichiarazioni per superare le proprie lacune investigative se la difesa si è opposta.

Cosa accade se la motivazione di una sentenza d’appello è superficiale e non risponde ai motivi di ricorso?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza. Una motivazione deve essere completa, logica e rispondere in modo specifico a tutte le censure sollevate dalla difesa. Una motivazione sbrigativa, assertiva o che ignora i punti cruciali dell’appello è considerata un vizio grave che porta all’annullamento della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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