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Calunnia: quando un ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due agenti, condannati al risarcimento danni per il reato di calunnia nei confronti del loro superiore e di un civile. Sebbene il reato fosse prescritto, le statuizioni civili sono state confermate. La Corte ha stabilito che il ricorso era generico, in quanto mirava a una non consentita rivalutazione dei fatti già esaminati nei gradi di merito, e non a evidenziare vizi di legittimità della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calunnia e Inammissibilità: Quando il Ricorso non Supera il Vaglio della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31601/2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione in materia di calunnia. La pronuncia sottolinea come un’impugnazione meramente ripetitiva e finalizzata a una nuova valutazione dei fatti sia destinata all’inammissibilità, confermando le statuizioni civili anche a fronte della prescrizione del reato. Analizziamo insieme i dettagli di questa complessa vicenda giudiziaria.

I Fatti: Una Rete di Accuse Incrociate

La vicenda trae origine da una complessa situazione che vedeva coinvolti due sottufficiali delle forze dell’ordine, il loro diretto superiore e un civile. In un precedente procedimento, i due sottufficiali erano stati condannati in via definitiva per aver simulato un acquisto di sostanze stupefacenti da parte del civile.

Successivamente, in pendenza di quel giudizio, i due agenti avevano presentato diverse denunce contro il loro superiore e il civile, accusandoli di aver reso false dichiarazioni e di averli a loro volta calunniati. Tutte queste denunce erano state archiviate. Il procedimento attuale nasce proprio dalla contro-denuncia sporta dal civile e dal superiore nei confronti dei due sottufficiali per il reato di calunnia.

La Corte d’Appello, pur dichiarando il reato estinto per prescrizione, aveva confermato la condanna dei due agenti al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, ritenendo provata la natura calunniosa delle loro accuse.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

I due sottufficiali hanno presentato ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento delle sole statuizioni civili. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per due ragioni fondamentali: l’aspecificità dei motivi e la sua natura strumentale, volta a ottenere una rivalutazione del materiale probatorio non consentita in sede di legittimità.

L’Inammissibilità per Genericità e la Calunnia

La difesa dei ricorrenti ha tentato di ‘scomporre’ l’accusa, analizzando singolarmente le circostanze denunciate per dimostrarne la veridicità, almeno putativa. La Cassazione ha ritenuto tale approccio specioso, affermando che la valutazione doveva essere complessiva, considerando la pluralità di circostanze nel loro insieme. Il ricorso, secondo i giudici, si limitava a riproporre le stesse doglianze dell’appello senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, risultando così generico e privo dei requisiti richiesti dalla legge.

La Valutazione delle Prove Inutilizzabili

Un punto interessante toccato dalla difesa riguardava l’utilizzo di una conversazione, ritenuta processualmente inutilizzabile per provare il reato originario, come base per la denuncia. I ricorrenti sostenevano che, se tale prova era inutilizzabile, non poteva fondare un giudizio di calunnia. La Corte ha rigettato questa tesi, spiegando che l’inutilizzabilità di un elemento per la prova di un reato non impedisce che lo stesso elemento possa diventare sintomatico della natura ‘costruita’ e quindi calunniosa di un’accusa basata su di esso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato l’inammissibilità evidenziando che il ricorso non denunciava un reale travisamento della prova, ovvero un errore palese nella percezione del contenuto di un atto processuale. Al contrario, i ricorrenti contestavano l’interpretazione e la valutazione del significato dimostrativo delle prove, un’operazione che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). L’impugnazione si risolveva, di fatto, in una richiesta di un nuovo giudizio sui fatti, preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che il ruolo della Cassazione è quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della sentenza, non di riesaminare le prove. La genericità dei motivi, che non riuscivano a ‘disarticolare’ il ragionamento probatorio della Corte d’Appello, ha quindi condotto inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è necessario che i motivi di ricorso indichino in modo specifico e puntuale i vizi di legittimità della sentenza impugnata, come errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione, e non si limitino a riproporre una diversa lettura delle risultanze processuali. La decisione riafferma inoltre che, anche in caso di prescrizione del reato, le responsabilità civili derivanti dal fatto illecito possono essere accertate e confermate.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato generico e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, oppure quando mira a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa al giudice di legittimità.

Una prova inutilizzabile in un processo penale può essere usata per dimostrare la calunnia?
Sì. Secondo la Corte, l’inutilizzabilità di un elemento di prova per dimostrare un reato (ad esempio, un’intercettazione abusiva) non impedisce che lo stesso elemento possa essere valutato per dimostrare la natura artificiosa e quindi calunniosa di un’accusa che si fonda su di esso.

Se il reato di calunnia si estingue per prescrizione, la condanna al risarcimento dei danni civili può rimanere valida?
Sì. Come avvenuto nel caso di specie, la Corte d’Appello può dichiarare il reato estinto per prescrizione ma, se ritiene comunque provata la sussistenza del fatto illecito, può confermare le statuizioni civili, ovvero la condanna al risarcimento del danno in favore della parte lesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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