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Calunnia: il memoriale basta per la condanna

Una studentessa è stata condannata per il reato di calunnia dopo aver falsamente accusato il suo datore di lavoro di omicidio. Nonostante la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia invalidato le sue dichiarazioni verbali iniziali a causa di violazioni procedurali durante gli interrogatori, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna. La Corte ha stabilito che un successivo memoriale, scritto volontariamente e contenente la stessa falsa accusa, era di per sé sufficiente a costituire il reato di calunnia, essendo stato acquisito come corpo del reato durante il processo. Il ricorso è stato quindi respinto.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calunnia: un memoriale scritto può bastare per la condanna?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso e dibattuto, stabilendo che una condanna per calunnia può reggersi validamente su un memoriale scritto dall’imputata, anche quando le sue precedenti dichiarazioni verbali sono state rese inutilizzabili a seguito di una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU). Questa decisione offre importanti spunti sulla natura del reato di calunnia e sull’autonomia delle diverse condotte criminose.

I Fatti: Dall’Accusa di Omicidio alla Condanna per Calunnia

La vicenda trae origine da un’indagine per l’omicidio di una giovane donna. Una sua coinquilina, dopo essere stata sottoposta a lunghi e pressanti interrogatori notturni da parte della polizia, accusò falsamente il proprio datore di lavoro di essere l’autore del delitto. Sulla base di tali dichiarazioni, l’uomo venne arrestato e trattenuto in carcere per due settimane, prima che la sua totale estraneità ai fatti venisse accertata.

Poche ore dopo le dichiarazioni verbali, e dopo che le era stato nominato un difensore, la giovane scrisse di sua iniziativa un memoriale in lingua inglese in cui, seppur in modo confuso e onirico, ribadiva le accuse. Mentre la giovane veniva assolta dall’accusa di omicidio, veniva invece condannata in via definitiva per il reato di calunnia ai danni del suo datore di lavoro.

L’Intervento della Corte Europea e il Ritorno in Italia

L’imputata si rivolse alla Corte EDU, lamentando la violazione dei suoi diritti fondamentali durante gli interrogatori notturni. La Corte di Strasburgo le diede ragione, accertando la violazione dell’art. 6 della Convenzione (diritto a un equo processo, all’assistenza legale e a un interprete adeguato), poiché le sue dichiarazioni erano state raccolte in un contesto di pressione psicologica e senza le garanzie difensive necessarie.

Di conseguenza, il processo in Italia venne riaperto con il compito di rivalutare la condanna per calunnia alla luce della decisione europea. Il punto cruciale divenne stabilire se la condanna potesse ancora sussistere, una volta espunte le dichiarazioni verbali ottenute illegittimamente. La Procura e la parte civile sostennero che il memoriale scritto costituiva un atto autonomo e sufficiente a integrare il reato.

La Decisione della Cassazione: la Calunnia e la validità del memoriale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che il memoriale, a differenza delle dichiarazioni verbali, era il frutto di una scelta autonoma e volontaria dell’imputata.

Il documento era stato redatto nella sua lingua madre, dopo che la pressione degli interrogatori era cessata e dopo che le era stata garantita l’assistenza di un legale. Pertanto, non era affetto dalle stesse violazioni procedurali che avevano viziato le dichiarazioni precedenti. La Corte ha inoltre specificato che, durante il processo di primo grado, il memoriale era stato correttamente acquisito come “corpo del reato”, ampliando di fatto il perimetro dell’accusa originaria. Secondo la Cassazione, tale ampliamento era una dinamica processuale prevedibile e la difesa aveva avuto piena possibilità di contestare sia l’acquisizione sia il contenuto del documento, garantendo il rispetto del contraddittorio.

Le Motivazioni

La Corte ha ragionato sul fatto che le violazioni procedurali riscontrate dalla Corte EDU riguardavano esclusivamente gli interrogatori notturni. Il memoriale successivo, scritto di pugno dall’imputata nella sua lingua, di sua iniziativa e dopo la nomina di un avvocato, rappresentava un atto autonomo. Questo documento era sufficiente a integrare il reato di calunnia perché conteneva una chiara, sebbene presentata in modo confuso, falsa accusa contro una persona innocente, creando così un reale rischio di un’ingiusta azione penale. La Corte ha anche chiarito che l’estensione dell’imputazione originaria per includere il memoriale era uno sviluppo prevedibile del processo, e la difesa ha avuto ampia opportunità di contestarlo, rispettando così il diritto a un processo equo.

Le Conclusioni

Questa sentenza stabilisce un principio importante: una condanna per calunnia può resistere anche quando le prove iniziali vengono eliminate a causa di violazioni procedurali, a condizione che vi sia un atto successivo, indipendente e volontario che costituisca il reato. Mette in evidenza la distinzione tra prove ottenute in violazione dei diritti e una condotta criminale autonoma dell’accusato. Per gli imputati, è un monito che le azioni intraprese anche dopo l’iniziale “calore” di un interrogatorio possono avere conseguenze legali profonde e indipendenti. La Corte conferma che il reato di calunnia è un reato di pericolo, il che significa che si perfeziona nel momento in cui viene fatta una falsa accusa capace di avviare un procedimento penale, indipendentemente dall’esito effettivo.

Una condanna per calunnia può basarsi solo su un memoriale scritto se le dichiarazioni verbali sono state annullate?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, se il memoriale è stato scritto volontariamente e autonomamente dall’imputato, non è viziato dalle stesse irregolarità delle dichiarazioni precedenti e può costituire da solo il corpo del reato di calunnia.

L’acquisizione di un memoriale come corpo del reato durante il processo viola i diritti di difesa se non era menzionato nell’accusa iniziale?
No, secondo la Corte non vi è violazione se l’imputato e la sua difesa sono stati messi in condizione di conoscere l’ampliamento dell’accusa e di controbattere. L’estensione della contestazione a un fatto omogeneo e prevedibile, emerso nel corso del giudizio, è considerata una dinamica processuale ammissibile.

Una valutazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo su un documento è vincolante per il giudice nazionale?
La valutazione è vincolante solo per gli aspetti su cui la Corte EDU si è pronunciata con efficacia di giudicato. Nel caso di specie, la Corte EDU aveva censurato le modalità di raccolta delle dichiarazioni verbali, ma non si era pronunciata direttamente sulla natura e sul valore del memoriale, che si collocava al di fuori del perimetro del suo giudizio. Pertanto, il giudice nazionale era libero di valutarlo autonomamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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