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Calunnia e procedibilità: la Cassazione chiarisce

Un detenuto, condannato per calunnia per aver accusato un ispettore di percosse e minacce, viene assolto dalla Corte di Cassazione. La Corte stabilisce che, poiché i reati denunciati erano procedibili solo a querela e la persona offesa non l’aveva presentata, la falsa accusa era inidonea a far partire un procedimento penale. Viene quindi a mancare un presupposto fondamentale del delitto di calunnia, portando all’annullamento della condanna perché il fatto non costituisce reato.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calunnia e Procedibilità: Quando la Falsa Accusa Non è Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2747/2024) affronta un tema cruciale che lega calunnia e procedibilità: una falsa accusa costituisce reato anche se riguarda fatti perseguibili solo a querela di parte e quest’ultima non viene mai presentata? La risposta della Suprema Corte è chiara e riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento: se la macchina della giustizia non può essere messa in moto, la calunnia non sussiste. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla denuncia di un detenuto nei confronti di un ispettore di polizia penitenziaria. Il detenuto, tramite una richiesta scritta indirizzata a varie autorità, accusava l’ispettore di averlo percosso e minacciato, oltre a lamentare abusi di potere e condizioni di detenzione in una cella insalubre. A seguito di queste accuse, il detenuto veniva processato e condannato sia in primo grado che in appello per il reato di calunnia, previsto dall’art. 368 del codice penale.

I giudici di merito avevano ritenuto che, sebbene le percosse e le minacce fossero reati procedibili a querela (mai sporta dall’ispettore), le lamentele del detenuto nel loro complesso potessero configurare il più grave e procedibile d’ufficio reato di abuso di autorità contro i detenuti (art. 608 c.p.), giustificando così la condanna per calunnia.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla calunnia e procedibilità

La difesa del detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un argomento decisivo: la condotta del suo assistito era intrinsecamente inidonea a dare avvio a un procedimento penale. Le accuse specifiche e circostanziate erano relative a percosse e minacce, reati per i quali la legge richiede la querela della persona offesa. In assenza di tale querela, l’autorità giudiziaria non avrebbe mai potuto procedere contro l’ispettore.

La Suprema Corte ha accolto pienamente questa tesi. Ha stabilito che i giudici di merito avevano errato nel modificare l’accusa, trasformando una specifica denuncia per percosse e minacce in una più generica accusa di abuso di autorità. L’imputazione originaria era chiara, e su quella doveva basarsi la valutazione. Poiché i reati falsamente denunciati non potevano essere perseguiti per mancanza della condizione di procedibilità (la querela), la falsa accusa non era in grado di innescare il procedimento penale. Di conseguenza, è venuto meno un presupposto essenziale del reato di calunnia.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui il delitto di calunnia tutela il corretto funzionamento della giustizia, evitando che venga inutilmente attivata sulla base di false accuse. Se una denuncia, per un vizio di forma o di sostanza, è incapace fin dall’origine di avviare un procedimento, allora non può ledere questo bene giuridico.

La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: la falsa accusa che riguarda reati procedibili a querela non integra la calunnia se la querela non viene presentata o è invalida. La condotta, in questi casi, è considerata ‘inidonea’ a produrre l’evento dannoso che la norma sulla calunnia intende punire.

I giudici hanno chiarito che non è possibile ‘salvare’ l’accusa di calunnia estrapolando dalla denuncia elementi generici per configurarli come un diverso reato procedibile d’ufficio. L’imputazione deve essere valutata per come è stata formulata, senza forzature interpretative. Nel caso di specie, l’accusa era circoscritta a specifici episodi di percosse e minacce, e la loro improcedibilità rendeva la calunnia insussistente.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione annulla la condanna senza rinvio, affermando che ‘il fatto non costituisce reato’. La decisione rafforza un principio cardine in materia di calunnia e procedibilità: non basta accusare falsamente qualcuno di un fatto che la legge prevede come reato. È necessario che tale accusa abbia la concreta potenzialità di mettere in moto l’azione penale. Se questa potenzialità manca a causa dell’assenza di una condizione di procedibilità, come la querela, allora la calunnia non può essere configurata. Un monito importante sulla necessità di correlazione tra l’accusa formulata e la sua effettiva capacità di attivare il sistema giudiziario.

Se accuso falsamente qualcuno di un reato procedibile a querela, ma la vittima non sporge querela, commetto il reato di calunnia?
No. Secondo la sentenza, se il reato falsamente denunciato è procedibile solo a querela e questa non viene presentata, la condotta è inidonea a determinare l’avvio di un procedimento penale. Di conseguenza, manca un elemento essenziale del reato di calunnia e il fatto non costituisce reato.

I giudici possono modificare l’accusa originaria per far rientrare la condotta in un reato diverso e procedibile d’ufficio?
No, non in questo caso. La Corte di Cassazione ha stabilito che i giudici di merito non potevano modificare l’originaria e specifica accusa di percosse e minacce (procedibili a querela) in quella di abuso di autorità (procedibile d’ufficio), in quanto si tratta di una modifica radicale e non consentita del perimetro dell’imputazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché ha ritenuto che ‘il fatto non costituisce reato’. La mancanza della querela per i reati falsamente denunciati ha reso la condotta dell’imputato strutturalmente inidonea a integrare il delitto di calunnia, eliminando alla radice la possibilità di una condanna. Non era pertanto necessario un nuovo processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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