Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27799 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27799 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Taranto nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Ceglie Messapica avverso la sentenza del 5/02/2024 della Corte di appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Lette le memorie dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi in data 14 marzo 2019, che assolveva COGNOME NOME dal reato di calunnia a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
Si contesta a COGNOME di avere, in concorso con COGNOME NOME (deceduto), presentando presso la compagnia RAGIONE_SOCIALE Ostuni una denuncia querela, accusato falsamente l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, pur essendo consapevole della sua innocenza, di avere commesso i reati di patrocinio infedele e di truffa in suo danno.
In particolare, i COGNOME affermavano che COGNOME, in quanto loro patrocinante in molte cause civili, e in particolare nella causa civile iscritta dinnanzi alla Corte d’appello di Lecce al n. 769 RNUMERO_DOCUMENTO. avente ad oggetto lo scioglimento di comunione e divisione ereditaria, definita con sentenza n. 191/2014, si sarebbe reso infedele ai propri doveri professionali arrecando loro un documento; lo accusavano di non avere dato loro una tempestiva informazione circa l’esito del predetto giudizio, di non avere messo in esecuzione la sentenza (che li riconosceva come parte vittoriosa), di essersi dichiarato falsamente distrattario delle spese legali e degli onorari liquidati in sentenza per il doppio grado di giudizio e di avere ottenuto dalle controparti, tramite artifici e raggiri e senza averne autorizzazione, un bonifico pari alla somma di oltre 25.000 euro che non gli sarebbe spettata.
Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto non raggiunta la prova sia dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo del delitto contestato.
La Corte di appello ha evidenziato che, a seguito della denuncia dei COGNOME, erano instaurati nei confronti dell’AVV_NOTAIO COGNOME due procedimenti penali: di uno di essi, per il delitto di truffa, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi chiedeva l’archiviazione; la relativa opposizione proposta dai COGNOME era rigettata con provvedimento del G.i.p. del 16 gennaio 2018, motivato avendo riguardo all’insussistenza di alcun ingiusto profitto da parte dell’AVV_NOTAIO COGNOME – che aveva ritualmente richiesto alla Corte d’appello la distrazione delle spese e al quale spettavano i compensi incassati -; all’infondatezza dell’assunto dei COGNOME di avere già versato gli stessi al loro difensore; all’infondatezza dell’accusa all’AVV_NOTAIO COGNOME di non avere mai rilasciato fatture; all’infondatezza dell’accusa relativa a una pretesa inerzia da parte dell’AVV_NOTAIO COGNOME, dopo il deposito della sentenza, avendo questi dimostrato di avere richiesto alle controparti il pagamento di quanto dovuto a COGNOME, indicando loro il codice Iban di quest’ultimo.
Anche nell’altro procedimento pendente, la Procura della Repubblica chiedeva l’archiviazione e la nuova opposizione proposta dai COGNOME era rigettata con provvedimento del G.i.p. che disponeva in conformità.
Era, quindi, instaurato, su iniziativa della stessa Procura della Repubblica, il procedimento penale per calunnia a carico dei COGNOME.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione la parte civile, NOME COGNOME, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla accusa dei COGNOME di non averli COGNOME informati del deposito della sentenza della Corte di appello di Lecce n. 191/2024 e di avere omesso di consegnare la copia esecutiva.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla accusa dei COGNOME all’AVV_NOTAIO COGNOME di avere omesso di mettere in esecuzione la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 191/2014, essendo stata omessa ogni considerazione del mancato conferimento di mandato all’AVV_NOTAIO COGNOME per la azione esecutiva.
Il delitto di cui all’art. 380 cod. pen. presuppone la pendenza di un procedimento nell’ambito del quale deve realizzarsi la violazione degli obblighi scaturiti dal mandato. Nel caso in esame, non essendoci un procedimento pendente, manca l’illiceità penale dei fatti falsamente esposti dai querelanti. Né mai i COGNOME hanno dedotto di avere conferito all’AVV_NOTAIO COGNOME procura a iniziare l’azione esecutiva nei confronti degli COGNOME.
Ove avessero correttamente applicato la norma citata, la formula assolutoria avrebbe dovuto essere quella «perché il fatto non costituisce reato»
2.3. Violazione di legge in relazione alla accusa dei COGNOME all’AVV_NOTAIO COGNOME di essersi dichiarato falsamente distrattario delle spese e degli onorari liquidati con la sentenza della Corte d’appello di Lecce e di averne ottenuto dalle controparti il relativo pagamento, che non gli sarebbe spettato, mediante artifici e raggiri e senza autorizzazione.
Risulta provato che, contrariamente a quanto affermato dai COGNOME, la parte civile e il padre si erano tempestivamente dichiarati anticipanti le spese processuali di quel giudizio e ne avevano ritualmente richiesto la distrazione. Difetta quindi l’ingiusto profitto di cui all’art. 640 cod. pen., giacché senza alcun dubbio spettava a COGNOME la somma della quale il predetto aveva ottenuto il pagamento diretto dalla controparte, pure in difetto della procedura di correzione di errore materiale del dispositivo della sentenza, che non aveva disposto la distrazione della somma richiesta a titolo di spese e onorari.
2.4. Vizio di motivazione in relazione alla accusa formulata dai COGNOME circa il fatto che COGNOME si sarebbe dichiarato falsamente distrattario delle spese degli onorari liquidati con la sentenza 191/2014 della Corte d’appello di Lecce e di averne ottenuto dalle controparti il relativo pagamento che non gli sarebbe spettato mediante artifici e raggiri e senza autorizzazione. In particolare:
-carenza e illogicità di motivazione, nonché pretermissione dei riscontri documentali della veridicità di fatti e manifestazioni di volontà documentati dalla scrittura a firma dei COGNOME prodotta nel giudizio civile tra gli stessi e dei COGNOME e dai primi ivi contestata, processo conclusosi con il giudicato;
illogicità e incongruità del giudizio di inverosimiglianza della scrittura;
-carenza di motivazione e pretermissione del dato costituito dal non avere mai COGNOME NOME, allegato un abusivo riempimento di foglio in bianco a sua firma, essendo peraltro stata la controversa indagine peritale sul punto a suo tempo disposta ufficiosamente dal primo giudice e non espletata;
illogicità, carenza, incongruenza della motivazione, nonché pretermissione della rilevanza ai fini della decisione della vera firma di COGNOME NOME in calce alla scrittura in questione;
pretermissione nella motivazione della accertata accusa dei COGNOME secondo cui mai l’AVV_NOTAIO COGNOME si sarebbe dichiarato destinatario delle spese e dei compensi nel giudizio civile concluso con la sentenza n.191/14;
illogicità e carenza di motivazione, travisamento del giudicato civile tra i COGNOME e l’AVV_NOTAIO COGNOME in ordine alla infondatezza della eccezione dei primi sul pagamento delle spese e dei compensi dovuti allo stesso AVV_NOTAIO per l’attività svolta in loro favore, con definitiva condanna dei COGNOME a pagare a tale titolo in suo favore la somma di oltre 135.000 euro, oltre interessi e spese;
-illogicità ed incongruità della motivazione sulla fatturazione da parte degli avvocati COGNOME (padre e figlio).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è parzialmente fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
2.11 primo motivo è fondato, avendo la Corte di appello ignorato decisivi elementi di prova documentale esistenti agli atti, che avevano, peraltro, indotto il Pubblico ministero e il G.i.p. a ritenere false le accuse mosse da COGNOME, ad essi sostituendo il recepimento acritico di assunti indiziari proposti dallo stesso imputato.
In particolare, la Corte di appello non ha preso atto:
-del mancato riscontro alla versione dei COGNOME delle deposizioni di COGNOME NOME – che, stando alla denuncia dei predetti, nel 2015 era presente allorchè la parte civile avrebbe sostenuto che la causa contro gli COGNOME doveva ancora essere decisa, mentre lo era già stata nel 2014;
-del contenuto del fax datato 31 marzo 2014 inviato da COGNOME NOME all’AVV_NOTAIO COGNOME – su sua richiesta – e contenente le proprie coordinate bancarie, nonché del contenuto delle missive inviate subito dopo dall’AVV_NOTAIO COGNOME alle controparti COGNOME;
dei riscontri documentali alla veridicità dei fatti e alle manifestazioni di volontà documentati dalla scrittura a firma dei COGNOME (nella quale gli stessi autorizzavano il COGNOME a riscuotere le spese e gli onorari liquidati dal Giudice e a non dare esecuzione alla sentenza) prodotta nel processo civile tra gli stessi e l’AVV_NOTAIO COGNOME e dai primi non contestata.
La Corte di appello, inoltre, con motivazione illogica e incongrua:
ha formulato un giudizio di inverosimiglianza della scrittura privata a firma dei COGNOME;
-ha preternnesso la circostanza che i COGNOME non avevano mai allegato un abusivo riempimento del foglio in bianco, essendo stata la controversa indagine peritale sul punto, a suo tempo, disposta ufficiosamente dal primo giudice e non espletata dal perito;
-ha pretermesso la rilevanza, ai fini della decisione, del fatto che la firma di COGNOME NOME in calce alla suddetta scrittura è stata ritenuta autentica dal perito.
La Corte di appello ha, infine, fornito una motivazione viziata, anche nella forma del travisamento della prova, inerente al giudicato civile, anche in ordine alla pretesa omissione da parte dell’AVV_NOTAIO COGNOME di mettere a disposizione dei COGNOME la sentenza e, quindi, la sua copia esecutiva.
È inammissibile, per carenza d’interesse, il secondo motivo di ricorso.
Occorre osservare che il ricorso per cassazione della parte civile diretto alla sola sostituzione della formula “perché il fatto non sussiste” con quella, corretta, “perché il fatto non costituisce reato” nella sentenza di assoluzione nella quale manchi un positivo giudizio di accertamento circa l’insussistenza del fatto, ovvero la sua attribuibilità all’imputato ovvero la commissione dello stesso nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, è inammissibile in quanto l’eventuale accoglimento dell’impugnazione non potrebbe procurare al ricorrente alcun vantaggio pratico, neppure in funzione della prosecuzione del giudizio risarcitorio in sede civile. (Sez. 3, n. 497 del 26/11/2021
GLYPH
cJ
-dep. 12/01/2022-, COGNOME, Rv. 282611 – 01. In motivazione la Corte ha specificato, da un lato, che l’assenza di detto accertamento positivo esclude
qualunque preclusione a proporre l’azione risarcitoria davanti al giudice civile, e, dall’altro, che la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato non
è idonea a fondare un accertamento circa la sussistenza del danno e del conseguente diritto della parte civile ad ottenerne il risarcimento).
4. Il terzo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo.
5. Il quarto motivo, che riprende le censure già formulate nel primo, è fondato per le stesse ragioni indicate al paragrafo 2.
6. In accoglimento del ricorso della parte civile, la sentenza impugnata deve, in conclusione, essere annullata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio per
nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, al quale va rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di
legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 6 marzo 2025