Calunnia e Imputabilità: La Cassazione Traccia una Linea Netta
Quando si parla di calunnia, si entra in un terreno delicato dove la falsità di un’accusa può distruggere la reputazione di una persona. Ma cosa succede se chi accusa soffre di disturbi psicologici? Può essere comunque ritenuto responsabile? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, stabilendo una netta separazione tra la valutazione dell’intenzione di accusare (dolo) e la capacità di intendere e volere (imputabilità) dell’autore del reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Un’Accusa Infondata
Il caso ha origine dalla condanna, confermata in appello, di un individuo per il reato di calunnia. L’uomo aveva presentato una denuncia contro alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, accusandoli ingiustamente di aver commesso un reato nei suoi confronti. Le indagini e i processi di primo e secondo grado avevano accertato la completa falsità di tali accuse, portando alla condanna per calunnia. L’imputato, tuttavia, ha deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando una questione giuridica specifica: il rapporto tra la sua presunta ridotta capacità di intendere e volere e l’intenzionalità richiesta per configurare il reato.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Calunnia
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo in parte una mera riproposizione di argomenti già respinti e in parte manifestamente infondato. La Corte ha confermato la correttezza della sentenza impugnata, la quale aveva adeguatamente motivato la falsità della denuncia e la sussistenza di tutti gli elementi del delitto di calunnia. Il punto centrale della decisione, però, riguarda la distinzione tra dolo e imputabilità.
Le Motivazioni della Sentenza
I giudici della Suprema Corte hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza. Hanno spiegato che l’accertamento del dolo nel reato di calunnia deve essere tenuto distinto da quello sull’imputabilità. In altre parole, la verifica della volontà di accusare falsamente qualcuno deve avvenire con gli stessi criteri sia per una persona pienamente capace, sia per una persona non imputabile.
La Corte ha precisato che per stabilire se c’era l’intenzione di calunniare, il giudice deve basarsi su elementi oggettivi: i fatti concreti, il contesto e il comportamento dell’agente che rivelano il fine perseguito. Non assumono rilevanza, in questa fase, eventuali errori percettivi o deliri psicotici dell’accusatore. Questi ultimi, infatti, sono elementi che riguardano esclusivamente l’indagine sull’imputabilità, cioè sulla capacità della persona di comprendere il significato delle proprie azioni al momento del fatto.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio di grande importanza pratica: la presenza di un disturbo mentale non esclude automaticamente l’intenzionalità di un’azione. La giustizia deve procedere per gradi: prima si accerta se il fatto (la falsa accusa) è stato commesso con la volontà di farlo (dolo), analizzando le prove oggettive. Solo in un secondo momento, se emergono dubbi sulla salute mentale dell’autore, si valuta se egli fosse in grado di comprendere il disvalore della sua azione. La decisione protegge le vittime di false accuse, garantendo che il reato di calunnia venga perseguito anche quando l’autore presenti problematiche psicologiche, a condizione che l’intento calunnioso sia provato da elementi concreti.
Una persona con disturbi psicologici può essere condannata per il reato di calunnia?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’accertamento dell’intenzione di commettere il reato (dolo) è un’indagine separata da quella sulla capacità di intendere e di volere (imputabilità). L’intento calunnioso viene valutato sulla base di fatti oggettivi, indipendentemente dallo stato mentale dell’accusato.
Come viene valutato il dolo nel reato di calunnia per un soggetto non imputabile?
Il dolo viene valutato utilizzando gli stessi criteri oggettivi applicabili a una persona pienamente capace. Il giudice deve esaminare i fatti concreti e le circostanze che dimostrano lo scopo perseguito dall’agente, senza considerare gli errori percettivi o i deliri psicotici, i quali sono rilevanti solo per stabilire l’imputabilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure proposte erano in parte una ripetizione di argomenti già valutati e respinti nei gradi di merito e in parte manifestamente infondate, dato che la sentenza impugnata aveva applicato correttamente i principi di diritto consolidati in materia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10825 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10825 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BUSTO ARSIZIO il 30/11/1984
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
125/RG. 35560
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza di cu epigrafe con la quale era stata confermata la condanna per calunnia ai danni di agenti del Polizia penitenziaria;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato
OSSERVA
Il ricorso è inammissibile perché in parte riproduttivo di censure già adeguatamente vagliat e disattese dalla Corte di merito e in parte per manifesta infondatezza.
Infatti, la sentenza impugnata, con corretti argomenti giuridici e logici, ha conferma pronuncia di primo grado dando atto, con ampi accertamenti di fatto e corrette valutazioni diritto, della falsità della denuncia presentata dall’imputato, tanto da configurare il d calunnia (pagg. 3-4).
Con riferimento al motivo di ricorso relativo al rapporto tra imputabilità e dolo del nel caso di specie, la sentenza impugnata ha correttamente applicato la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6, n. 14795 del 08/04/2020, N., Rv. 278876) che, proprio in tema di elemento soggettivo del reato di calunnia, ha stabilito che l’accertamento del dolo tenuto distinto da quello dell’imputabilità e deve avvenire con gli stessi criteri valevol soggetto pienamente capace anche nei confronti del soggetto non imputabile (Fattispecie in tema di calunnia, in cui la Corte ha precisato che la verifica dell’elemento soggettivo deve avve sulla base dei fatti obiettivi, aventi valore sintomatico del fine perseguito dall’agente, sen assumano rilevanza gli errori percettivi frutto di deliri psicotici, rilevanti solo nel sulla imputabilità.).
Dagli argomenti che precedono consegue l’inammissibilità del ricorso con le conseguenti pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.