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Calunnia e falso: Cassazione su reato impossibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6526/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due membri delle forze dell’ordine condannati per calunnia e falso ideologico. Gli imputati avevano fabbricato prove per accusare falsamente un individuo di spaccio, sostenendo in loro difesa la tesi del “reato impossibile”, dato che la persona offesa era già indagata per reati di droga. La Corte ha rigettato questa tesi, precisando che accusare qualcuno di un fatto di reato distinto e specifico, anche se simile a quello per cui è già indagato, integra pienamente il delitto di calunnia e falso, poiché idoneo a dare avvio a un nuovo procedimento.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calunnia e Falso: la Cassazione contro la tesi del “Reato Impossibile”

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 6526/2025, offre un’importante lezione sui delitti di calunnia e falso ideologico, specialmente quando l’accusato è già noto alle forze dell’ordine. La Corte ha stabilito che accusare falsamente una persona, anche se già indagata per reati simili, costituisce pienamente reato, rigettando la tesi difensiva del cosiddetto “reato impossibile”. Questo principio rafforza la tutela contro le accuse infondate e la manipolazione degli atti giudiziari.

I Fatti del Processo: Fabricazione di Prove e Accuse False

Il caso vedeva come imputati due membri delle forze dell’ordine, un maresciallo e un appuntato, condannati in appello per aver orchestrato una falsa accusa di spaccio di stupefacenti a carico di un individuo. Per sostenere l’accusa, i due avevano redatto verbali di sommarie informazioni testimoniali ideologicamente falsi, attribuendo a due presunti testimoni dichiarazioni mai rese, secondo cui avrebbero acquistato droga dall’incolpato. Oltre alla calunnia e al falso, gli imputati erano accusati di altri reati, tra cui truffa militare per emolumenti non dovuti.

L’Appello in Cassazione: le tesi della difesa

I due imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, basando la loro difesa su diversi argomenti giuridici.

La Tesi del “Reato Impossibile” per Calunnia e Falso

Il punto centrale della difesa era che il delitto di calunnia non potesse sussistere. Secondo i ricorrenti, poiché la vittima era già indagata per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, le false dichiarazioni non avrebbero potuto innescare un nuovo e autonomo procedimento penale. L’azione, quindi, sarebbe stata “inidonea” a produrre l’evento del reato, configurando un “reato impossibile”. Sostenevano inoltre di aver agito non con la certezza dell’innocenza della vittima, ma con un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, il che avrebbe escluso il dolo.

La Questione del Concorso Morale nel Falso Ideologico

Uno degli imputati contestava la condanna per falso ideologico, sostenendo di non aver materialmente firmato uno dei verbali falsi. La sua partecipazione, a suo dire, sarebbe stata meramente passiva, senza un contributo effettivo alla falsificazione. La difesa ha inoltre eccepito una violazione del diritto di difesa, ritenendo che la condanna per concorso morale costituisse un “fatto diverso” da quello originariamente contestato di alterazione materiale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confutando punto per punto le argomentazioni difensive con motivazioni logicamente ineccepibili.

Reato di Calunnia e Falso: perché non è un “reato impossibile”

La Cassazione ha smontato la tesi del reato impossibile. I giudici hanno chiarito che il reato di cui era già indagato l’incolpato (detenzione a fini di spaccio) era un fatto distinto dalla specifica cessione di droga descritta nei verbali falsi. La falsa incolpazione conteneva in sé tutti gli elementi necessari per l’esercizio dell’azione penale per un nuovo e diverso episodio criminale. Pertanto, la condotta non era affatto inidonea a mettere in pericolo il bene giuridico tutelato, ovvero il corretto funzionamento della giustizia.

La Corte ha inoltre sottolineato che la creazione deliberata di verbali ideologicamente falsi è una condotta logicamente incompatibile con il semplice “dubbio ragionevole” sulla colpevolezza altrui. Tale azione, al contrario, dimostra la piena consapevolezza dell’innocenza della vittima rispetto ai fatti specifici falsamente attribuitigli.

La Responsabilità a Titolo di Concorso Morale

In merito al falso ideologico, la Corte ha confermato la correttezza della decisione di appello. Anche senza apporre la propria firma, il non essersi opposto alla falsificazione e l’aver consentito l’inserimento del proprio nome tra i verbalizzanti costituisce una condotta di “concorso morale”. Questo comportamento ha rafforzato l’apparenza di legittimità di un atto di indagine mai avvenuto, contribuendo così al reato. La Corte ha inoltre precisato che qualificare la condotta come concorso morale anziché materiale non costituisce una modifica del fatto contestato, ma solo una diversa qualificazione giuridica, pienamente consentita senza ledere i diritti di difesa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce con forza alcuni principi cardine del diritto penale. In primo luogo, il delitto di calunnia sussiste ogni volta che si accusa falsamente una persona di un reato specifico, anche se questa è già sottoposta a indagini per fatti analoghi. In secondo luogo, la responsabilità penale per falso in atto pubblico può derivare anche da un contributo morale, come il silenzio consapevole che avalla e rafforza l’azione illecita altrui. Questa decisione rappresenta un monito contro qualsiasi tentativo di manipolare la giustizia, confermando che la creazione di prove false è una condotta grave, incompatibile con qualsiasi pretesa di buona fede o dubbio.

È possibile commettere calunnia contro qualcuno che è già indagato per un reato simile?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che accusare falsamente una persona di un fatto di reato specifico e distinto (es. una cessione di droga in una data precisa) integra il reato di calunnia, anche se quella persona è già indagata per un reato della stessa natura (es. detenzione di droga a fini di spaccio). Questo perché la falsa accusa è idonea a dare avvio a un nuovo e autonomo procedimento penale.

Si può essere condannati per falso ideologico in un atto pubblico senza averlo firmato materialmente?
Sì. La sentenza chiarisce che si può essere ritenuti responsabili a titolo di concorso morale. Nel caso specifico, il non essersi opposto alla falsificazione e aver permesso che il proprio nome comparisse tra i verbalizzanti è stato considerato un contributo sufficiente a rafforzare l’apparenza di legittimità dell’atto falso, integrando così una forma di partecipazione punibile.

Quando un’accusa falsa è considerata un “reato impossibile”?
Un’accusa falsa può configurare un “reato impossibile” solo quando l’azione è assolutamente inidonea a generare il pericolo di un procedimento penale. Secondo la Corte, ciò avviene quando l’accusa è così assurda, inverosimile o grottesca da non poter essere presa sul serio dall’autorità giudiziaria, o quando l’avvio del procedimento è giuridicamente impossibile per altre ragioni. Non è questo il caso di un’accusa circostanziata e supportata da verbali falsi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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