Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3075 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3075 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESARO il 25/09/1963
avverso la sentenza del 08/03/2024 della Corte d’appello di Ancona Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la reiezione del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di appello di Ancona ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro che lo ha condannato alla pena di giustizia perché responsabile del reato di calunnia e in particolare perché, sentito nel corso del dibattimento che lo vedeva imputato di false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del beneficio del gratuito patrocinio, avrebbe incolpato il proprio difensore, che pure sapeva innocente, affermando, in difformità dal vero, di aver sottoscritto in bianco il modulo inerente alla relativa richiesta, che era stat invece compilato dal proprio difensore attestando condizioni reddituali “non conformi alla realtà, ostative al beneficio.
Con un unico motivo di ricorso si lamenta vizio di motivazione perché, pur sollecitata sul punto, la Corte non avrebbe considerato che, nel caso, le false accuse rivolte alla persona offesa trovavano giustificazione nel legittimo esercizio del diritto di difesa così da risultare scriminate ex art. 51 cod. pen., non avendo l’imputato altro modo per sottrarsi alla relativa responsabilità penale se non incolpando il proprio difensore.
COSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita l’accoglimento per le ragioni di seguito precisate.
2.L’assunto difensivo fa leva4U un orientamento interpretativo espresso da alcuni arresti di questa Corte in forza dei quali si è affermato che ,«in tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l’imputato che affermi falsamente davanti all’Autorità giudiziaria fatti tali da coinvolgere altre persone, che sa essere innocenti, nella responsabilità per il reato a lui ascritto, purché la mendace dichiarazione costituisca l’unico indispensabile mezzo per confutare la fondatezza dell’imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l’accusa (implicita od esplicita) formulata dall’imputato e l’oggetto della contestazione nei suoi confronti, e sia contenuta in termini di stretta essenzialità» ( da ultimo, Sez. 6, n.33754 del 25/05/2022, Rv. 283882, che riprende le meno recenti Sez. 6, n. 40886 del 08/03/2018, Rv. 274147; Sez. 6, n. 14042 del 02/10/2014, dep. 2015, Rv. 262972).
3.Tanto premesso, va subito evidenziato, in linea con il ricorso, che, effettivamente, la sentenza gravata sembra seguire siffatta traccia interpretativa, anche se poi la smentisce apoditticamente perché si limita a ribadire gli estremi costituftivi della falsità dell’incolpazione calunniosa.
4. Ciò malgrado, la sentenza merita comunque conferma.
4.1. Va innanzitutto sottolineato che la lettura interpretativa privilegiata dal ricors risulta contrastata da altro orientamento di questa stessa Corte in forza del quale si sostiene che «in tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, l’imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a lui addebitate, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l’accusatore – di cui pure conosce l’innocenza – nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto» (Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, dep. 2018, Rv. 272755; Sez. 6, n.18755 del 16/04/2015, Rv. 263550; Sez. 1, n. 26455 del 26/03/2013, Rv. 255678; Sez. 2, n. 2740 del 14/10/2009, dep. 2010, Rv. 272755).
Lettura, questa, recentemente ribadita, e in termini di marcata prevalenza, da a arresti più recenti che, nel valutare i difformi orientamenti, hanno riaffermato il sec sulla base di una pluralità di argomenti che meritano piena condivisione, anche alla luce di un corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco (ci si riferisce, in particola alle indicazioni esposte da Sez. 2, n. 17705 del 31/01/2022, Rv. 283336, i cui principi sono stati successivamente ribaditi e approfonditi ulteriormente da Sez. 6, n. 48749 del 15/11/2023, Rv. 285637; Sez. 6, n. 42311 del 15 ottobre 2024, n.m.; Sez. 6 n.40603 dell’8 ottobre 2024 n.m.; Sez. 2, 23892 del 23 aprile 2024, n.m.; Sez. 5, n. 38729 del 01/06/2023, n.m.)
4.2. A ben vedere, tuttavia, siffatto contrasto interpretativo diviene indifferente nella definizione del ricorso che occupa: anche a voler seguire pedissequamente l’orientamento minoritario che informa la prospettazione difensiva, infatti, nel caso non si potrebbe comunque pervenire ad una revisione critica della decisione resa dai giudici del merito.
L’orientamento minoritario sposato dalla prospettazione difensiva presuppone, imprescindibilmente, che le false accuse rese con l’obiettivo di difendersi non eccedano i limiti della utilità ed essenzialità, nel senso della assenza di ragionevoli alternative per una efficace confutazione dei fatti in contestazione.
Nel caso, tale presupposto in fatto – che non può che ritenersi gravante, quanto ai relativi oneri probatori, sulla stessa parte che ne deduce l’esistenza, almeno in punto di argomentazione difensiva- risulta solo apoditticamente evocato, senza alcuna precisazione né allegazione dimostrativa della assenza di altre soluzioni funzionali ad evitare il giudizio di responsabilità al quale il ricorrente intendeva sottrarsi calunniando la persona offesa.
Da qui l’infondatezza del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 04/12/2024