Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33506 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33506 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 16/09/1956 a Napoli
avverso la sentenza del 04/12/2024 della Corte di appello di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di annullare il provvedimento impugnato perché il reato è estinto per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe la Corte di appello di Napoli GLYPH ha parzialmente modificato – limitatamente al riconoscimento delle attenuanti generiche e alle statuizioni civili – la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli in data 31 gennaio 2018 nei confronti di NOME COGNOME per il reato di calunnia, per l’effetto riducendo la pena ad anni uno e mesi quattro di reclusione,
revocando le statuizioni civili in ragione della rinuncia di NOME COGNOME e del decesso di NOME COGNOME (i cui eredi hanno rinunciato a costituirsi) e confermando nel resto.
La vicenda aveva ad oggetto la denuncia sporta in data 7 maggio 2015 dall’imputato circa lo smarrimento di un assegno bancario che, viceversa, COGNOME riferiva essergli stato consegnato dall’imputato alcuni giorni prima della data indicata nel titolo quale acconto per un intervento edilizio avente ad oggetto la sistemazione esterna della villa di proprietà dell’imputato, che aveva eseguito per la società “RAGIONE_SOCIALE“. Su richiesta dello stesso COGNOME, l’assegno, postdatato -al 30 giugno 2015, era stato intestato direttamente a COGNOME debitore del primo. Avendo COGNOME posto l’assegno all’incasso, il titolo era stato protestato in quanto denunciato come smarrito.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo vizio di motivazione e violazione ed erronea applicazione della legge penale con riguardo:
2.1. GLYPH al difetto del presupposto soggettivo del delitto di calunnia, non essendo emersa la consapevole falsità di quanto denunciato, ossia la consapevolezza di non avere smarrito l’assegno e di averne falsamente denunciato lo smarrimento. La Corte si è espressa in termini di probabilità e non di certezza. Gli indicatori della buona fede dell’imputato sono plurimi. In particolare, la richiesta di informazioni preventive alla banca rappresenta una condotta razionalmente giustificabile, trattandosi di atto coerente con la volontà di giustificare lo stato del titolo per prevenirne l’uso indebito da parte di terzi Anche la solvibilità dell’imputato è un elemento che contrasta con l’intento fraudolento ed è determinante per escludere l’intento doloso, avendo agito l’imputato senza volontà colpevole, bensì mosso da una situazione complessa caratterizzata da errore o da un’obiettiva difficoltà nel ricostruire dettagli precisi a distanza di tempo;
2.2. al mancato rilievo dell’intervenuta prescrizione, dal momento che il reato si è consumato il 7 maggio 2015, data in cui l’imputato si è presentato presso il Commissariato di Polizia per denunciare lo smarrimento dell’assegno bancario, di tal che il termine massimo di prescrizione andava a scadere il 7 novembre 2022. L’unica sospensione è avvenuta nel giudizio di appello, a far data dal 4 luglio 2022, udienza nel corso della quale il processo è stato rinviato per consentire l’acquisizione della formale rinuncia espressa alla costituzione di parte civile. Non potendo computarsi una durata superiore ai 60 giorni, alla luce di quanto stabilito dall’art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen. ne deriva che il
termine massimo si è compiuto il 7 febbraio 2023, quindi ben prima della pronuncia della sentenza di appello;
2.3. al mancato rilievo della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. che la Corte di cassazione potrebbe prendere in considerazione d’ufficio, apparendo la condotta in ogni caso caratterizzata da minima offensività e dovendosi considerare l’intervenuto risarcimento in favore delle parti civili, oltre che la personalità dell’imputato che non ha precedenti penali.
In data 28 aprile 2025 la difesa dell’imputato ha depositato una memoria difensiva, con la quale ribadisce i motivi proposti sia in relazione alla insussistenza del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, sia alla intervenuta prescrizione.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati.
Con riguardo al primo motivo di ricorso, giova ricordare che secondo í principi enunciati dalla Corte in materia di accertamento della sussistenza dell’elemento psicologico del reato di calunnia, la consapevolezza del denunciante circa l’innocenza dell’accusato deve essere esclusa qualora sospetti, congetture o supposizioni di illiceità del fatto denunciato siano ragionevoli, ossia fondati su elementi di fatto tali da ingenerare dubbi condivisibili da parte del cittadino comune che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez. 6, n. 46205 del 06/11/2009, COGNOME, Rv. 245541), ovvero quando la supposta illiceità del fatto denunciato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi, connotati da un riconoscibile margine di serietà e tali da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez. 6, n. 29117 del 15/06/2012, Valenti, Rv. 253254).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi enunciati, fondando l’attribuibilità soggettiva del fatto al ricorrente su plurimi elementi, tra i quali l’ammissione da parte dello stesso COGNOME che l’importo era effettivamente dovuto e che egli si era determinato a non corrisponderlo perché ormai era in corso la causa civile, da ciò correttamente inferendo che l’imputato
era a perfetta conoscenza della liceità del fatto denunciato e che non aveva rettificato la denuncia per scelta volontaria. Orbene, contrariamente a quanto lamentato dalla difesa, entrambi i giudici del merito non hanno affatto omesso di motivare in relazione alla configurabilità del reato attribuito a COGNOME, anche per il profilo del dolo, avendo esplicitato diffusamente le ragioni del loro conforme convincimento alla stregua di un lineare apparato argomentativo e valutativo, come tale insindacabile in sede di scrutinio di legittimità della sentenza. Ne consegue il rilievo di manifesta infondatezza del ricorso in punto di affermazione di responsabilità dell’imputato.
Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene l’intervenuto decorso del termine prescrizionale già prima della pronuncia di appello è manifestamente infondato.
Il procedimento è rimasto sospeso dal 4 luglio 2022 al 28 giugno 2023 (gg. 359) e dal 28 giugno 2023 al 4 dicembre 2024 (gg. 525), per complessivi gg. 884. Sul tema questa Corte ha ripetutamente riconosciuto, con principio che qui si intende ribadire, che il rinvio del processo disposto su richiesta del difensore dell’imputato comporta la sospensione del termine di prescrizione, ai sensi dell’art. 159, primo comma, n. 3) cod. pen. indipendentemente dall’accordo o dall’opposizione o meno del Pubblico ministero o della parte civile (Sez. 4, n. 20395 del 27/04/2021, Irallo, Rv. 281243-01; Sez. 6, n. 37953 del 13/07/2018, G., Rv. 273837-01; Sez. 6, n. 51912 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 27156101), per l’intera durata del rinvio, a prescindere dalle ragioni poste a fondamento della richiesta salvo che esse consistano in un legittimo impedimento della parte o del difensore poiché, in tal caso, la sospensione ha una durata massima di sessanta giorni (Sez. 7, n. 8124 del 25/01/2016, COGNOME, Rv. 266469-01). Ciò posto, va puntualizzato che nel caso in esame non si trattava in alcun modo (come emerge dai verbali di udienza e dalla stessa prospettazione del ricorrente) di un legittimo impedimento, bensì di un rinvio concesso, a richiesta della difesa, per procurarsi la formale rinuncia espressa alla costituzione di parte civile, con contestuale sospensione dei termini di prescrizione.
Ne consegue che la prescrizione del reato non è affatto maturata prima della sentenza di appello (scadendo il termine il 9 aprile 2025) e la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause sopravvenute di non punibilità ex art. 129 del codice di rito (quale la prescrizione).
Quanto alla invocata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. rileva il Collegio che la doglianza, peraltro non previamente
dedotta come motivo di appello, benché proponibile, è palesemente infondata, in ragione delle complessive modalità della vicenda, da cui è scaturita anche una causa civile, e della condotta tenuta dall’imputato che non aveva provveduto ai rimborsi pur a fronte di un’attività sicuramente svolta dalla parte civile COGNOME. La soddisfazione delle pretese della parte civile intervenuta nel corso del processo è già stata valutata ai fini della concessione delle attenuanti generiche.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2025