Calunnia: Denunciare il Coniuge Sapendolo Innocente è Reato
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un caso emblematico di calunnia in un contesto familiare. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un uomo che aveva accusato ingiustamente la moglie, dimostrando come la strumentalizzazione della giustizia per scopi personali costituisca un grave reato. La decisione sottolinea l’importanza della consapevolezza della falsità dell’accusa come elemento chiave per configurare il delitto.
I Fatti del Caso: Una Denuncia Palesemente Falsa
La vicenda ha origine dalla denuncia sporta da un uomo contro la propria moglie. Egli si era recato in Questura sostenendo che la donna gli impedisse di vedere i figli e che non avesse idea di dove si trovassero. Tuttavia, le indagini hanno rivelato una realtà ben diversa. Il giorno precedente alla presentazione della denuncia, i Carabinieri avevano formalmente informato l’uomo che sua moglie e i suoi figli erano stati collocati in una struttura protetta per la loro sicurezza. Nonostante questa informazione chiara e ufficiale, l’uomo aveva deciso di procedere comunque con l’accusa, tacendo questo dettaglio fondamentale alle autorità.
L’Analisi della Corte sul Reato di Calunnia
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’imputato inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno evidenziato come le argomentazioni della difesa fossero una semplice ripetizione di quelle già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. Il punto centrale della decisione riguarda la piena sussistenza dell’elemento psicologico del reato di calunnia: il dolo. L’uomo, nel momento in cui presentava la denuncia, era perfettamente a conoscenza del fatto che la moglie non fosse ‘scappata’ sottraendogli i figli, ma si trovasse in un luogo sicuro e noto alle autorità. La sua denuncia, pertanto, era volutamente falsa e mirava a incolpare ingiustamente la coniuge.
La Questione della Comprensione Linguistica
Un aspetto interessante affrontato dalla Corte riguarda il tentativo della difesa di appellarsi a una presunta scarsa conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato. Tale argomentazione è stata nettamente respinta. I giudici hanno osservato che l’uomo era in grado di esprimersi in italiano senza difficoltà e aveva ammesso di aver compreso il senso della comunicazione dei Carabinieri. La presunta barriera linguistica non poteva quindi essere usata come scusante per un’azione così grave.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione principale dietro l’inammissibilità del ricorso risiede nella sua incapacità di confrontarsi con la logica stringente della sentenza d’appello. La Corte di merito aveva costruito la sua argomentazione su un fatto inconfutabile: la previa comunicazione dei Carabinieri. Questa circostanza rendeva l’accusa dell’imputato non solo falsa, ma scientemente tale. La Suprema Corte ha ribadito che, per contestare una condanna per calunnia, non è sufficiente negare i fatti, ma è necessario smontare l’impianto logico-giuridico che dimostra la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato. L’imputato non è stato in grado di farlo, rendendo il suo ricorso un mero tentativo dilatorio.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito: il sistema giudiziario non può essere utilizzato come un’arma nei conflitti personali. Sporgere una denuncia è un atto di grande responsabilità. Chi accusa un’altra persona di un reato, sapendola innocente, non solo commette il delitto di calunnia, ma si espone a conseguenze severe, inclusa una condanna penale e il pagamento di sanzioni economiche. La sentenza riafferma che la certezza della falsità della propria accusa è l’elemento che trasforma una legittima richiesta di giustizia in un illecito penale, sanzionato per proteggere sia l’onore dei singoli cittadini sia il corretto funzionamento della macchina giudiziaria.
Quando una denuncia si trasforma nel reato di calunnia?
Una denuncia diventa calunnia quando chi la presenta accusa una persona di un reato pur avendo la certezza della sua innocenza. Come stabilito nel caso di specie, il fatto che l’uomo sapesse che la moglie e i figli erano in una struttura protetta rendeva la sua accusa di sottrazione di minori scientemente falsa.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non esamina il merito del ricorso. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a tremila euro.
Una scarsa conoscenza della lingua italiana può giustificare una falsa denuncia?
No. Nel caso esaminato, la Corte ha specificamente escluso questa possibilità, avendo accertato che l’imputato aveva un’adeguata conoscenza della lingua italiana per comprendere la comunicazione ricevuta dai Carabinieri e che aveva ammesso di aver capito la situazione reale. La barriera linguistica non è stata ritenuta una valida scusante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3981 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/03/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
•
Ritenuto che il ricorso presentato dal difensore di COGNOME riproduce deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di meri e, in particolare, che non si confronta con l’adeguata argomentazione con cui la Corte d appello nel confermare la condanna ex art. 368 cod. pen. ha evidenziato che quando in Questura sporse denuncia contro la moglie, asserendo che la stessa gli impediva di vedere i suoi figli e che non sapeva dove questi fossero, l’imputato era stato già stato (il giorno pr informato dai carabinieri che la moglie e figli erano stati collocati in una struttura prote ritenuto che la Corte ha adeguatamente argomentato come NOME sia da ritenere in possesso di una adeguata conoscenza della lingua italiana per comprendere quanto comunicatogli dai Carabinieri (si esprime in italiano senza difficoltà e ha sostanzialmen ammesso di avere ben compreso che la moglie non era scappata sottraendogli i figli);
ritenuto, pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Pidente