Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 505 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 505 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME
R.G.N. 31089/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 18/02/1958
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di cassazione, con sentenza in data 3 aprile 2024, pronunciando su ricorso del Pubblico Ministero di Firenze e dell’indagato NOME COGNOME, annullava l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Firenze datata 5 settembre 2023 relativamente alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per i fatti di calunnia commessi in danno di NOME contestati al capo n.2 dell’imputazione prima parte. Inoltre, in accoglimento del ricorso del P.M., annullava la stessa ordinanza del riesame quanto alla esclusione dell’aggravante ex art. 416 bis1 cod.pen. relativamente agli stessi fatti di calunnia contestati a COGNOME sia nei confronti del COGNOME che nei riguardi del giornalista NOME COGNOME e di cui alla seconda parte del capo n. 2 dell’imputazione provvisoria.
1.1 Il giudice di legittimità riteneva, nella citata sentenza di annullamento, che aveva errato il tribunale nel considerare calunniose le accuse del COGNOME nei riguardi del COGNOME soltanto perchØ da quest’ultimo respinte, mancando un confronto con le critiche ragionate svolte sul punto dalla difesa. Riteneva, poi, che illogica doveva qualificarsi la conclusione del tribunale del riesame di esclusione della aggravante di mafia fondata sulla considerazione dell’avere COGNOME agito per ragioni esclusivamente personali, dovendosi invece valorizzare il dato che le due contestate ipotesi di
calunnia avevano quale elemento comune quello di potere esprimere una forte ‘incidenza negativa sulla valenza dimostrativa di rilevanti risultanze investigative a carico di uno dei vertici di cosa nostra raccolte nell’ambito di un’indagine giudiziaria su un fatto centrale per la vita e gli interessi di quel sodalizio criminale’; al proposito si affermava che la circostanza degli stretti e perduranti rapporti personali di COGNOME con i fratelli COGNOME, doveva prospettare la possibilità che lo stesso avesse agito non per agevolare gli stessi uti singuli, quanto l’organizzazione mafiosa nel suo complesso, trattandosi di individui posti al vertice delle gerarchie, ed avendo ad oggetto, le dichiarazioni calunniose, vicende riguardanti un interesse primario di tutti gli aderenti al gruppo criminale mafioso quale l’ammorbidimento del c.d. ‘carcere duro’ (p.11 sentenza della Corte di cassazione).
Chiamato a pronunciarsi in sede di rinvio, il Tribunale del Riesame di Firenze, con ordinanza emessa in data 12 luglio 2024, applicava la misura cautelare della custodia in carcere a Baiardo Salvatore anche in relazione ai fatti commessi in danno di NOME e riconosceva altresì la sussistenza della aggravante ex art. 416 bis1 cod.pen., per entrambe le ipotesi di cui all’art. 368 cod.pen. contestate nel suddetto capo n.2 dell’imputazione provvisoria.
2.1 Quanto alla gravità indiziaria per i fatti di calunnia in danno di NOME COGNOME il giudice del rinvio, riteneva di superare i vizi rilevati dalla sentenza di annullamento evidenziando come la falsità delle accuse del COGNOME nei confronti del COGNOME e secondo le quali quest’ultimo aveva commesso fatti di riciclaggio ricevendo circa 2 miliardi di lire da NOME COGNOME poi successivamente movimentati anche con l’acquisto di un immobile, non si fondava sulla sola negazione interessata dello stesso NOME e della moglie di questi, ma, anche, sull’esito delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica all’esito delle quali era emerso che:
NOME non aveva acquistato alcuna casa in Ghiffa provincia di Verbania, avendo l’immobile dello stesso origine ereditaria per parte della moglie;
non erano risultate altre proprietà del COGNOME o della di lui moglie in Svizzera;
non erano emersi movimenti di denaro riferibili ad entrambi che potessero riscontrare l’accusa di riciclaggio dell’ingente somma di denaro che sarebbe stata ricevuta dal COGNOME;
non risultava vero che parte del denaro già consegnato al COGNOME sarebbe poi rientrato a Palermo tramite COGNOME e COGNOME posto che quest’ultimo, pur collaboratore di giustizia, aveva negato di conoscere il COGNOME medesimo.
Inoltre, l’ordinanza del giudice di rinvio, sottolineava ancora che COGNOME aveva un preciso movente ad accusare falsamente COGNOME, essendo mosso da astio nei suoi confronti per una precedente vicenda che aveva portato alla sua condanna per favoreggiamento; peraltro, nell’ambito delle indagini, era altresì emersa la falsità di ulteriori accuse sempre del COGNOME, riguardanti l’avvenuta consegna di un documento falso da parte di COGNOME che aveva permesso al COGNOME di rimanere in stato di latitanza nello stesso contesto temporale delle stragi del 1992.
2.2 Con riguardo alla aggravante ex art. 416 bis1 cod.pen. il giudice del rinvio sottolineava come l’indagato fosse soggetto risultato vicino negli anni a NOME e NOME COGNOME, già condannato per favoreggiamento degli stessi, come confermato dal contenuto di varie intercettazioni sicchŁ le due calunnie nei confronti di COGNOME e COGNOME dovevano ritenersi avere agevolato l’intera organizzazione. In particolare, l’accusa nei confronti del COGNOME, appariva strumentale a rivedere la genuinità ed attendibilità di collaboratori di giustizia mentre, quanto all’accusa nei riguardi del giornalista NOME COGNOME riguardante la presunta visione di una fotografia raffigurante tutti insieme NOME COGNOME, il NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che lo stesso COGNOME aveva riferito essergli stata mostrata dal COGNOME, la calunnia doveva ritenersi avere l’effetto di determinare una confusione agevolatrice di ‘cosa nostra’ e ciò sia se l’immagine fotografica fosse vera che falsa. NØ rilevava per escludere l’aggravante sotto il profilo della volontà agevolatrice che
COGNOME avesse al contempo avuto altri contestuali fini nel formulare l’accusa di falsità delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME al pubblico ministero.
Sussistendo l’aggravante doveva ritenersi operante la presunzione di adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere mancando qualsiasi elemento concreto sia per ritenere l’insussistenza che la non attualità delle esigenze cautelari.
Avvero detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to NOME COGNOME deducendo con distinti motivi:
violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 368 cod.pen. quanto alla ritenuta gravità indiziaria con riguardo alla contestata calunnia in danno di NOMECOGNOME sotto i profili dell’illogicità e contraddittorietà della motivazione; al proposito si esponeva che il tribunale chiamato a pronunciarsi in sede di rinvio aveva esposto, per sostenere la tesi della falsità delle accuse di COGNOME a NOME, gli stessi elementi circostanziali valorizzati nella precedente ordinanza annullata dalla Corte di cassazione e che, in ogni caso, le accuse mosse, avendo riferimento a fatti avvenuti negli anni ’90, mai avrebbero potuto dare inizio ad alcuna indagine penale;
– violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’aggravante di cui all’art. 416 bis1 cod.pen. per illogicità e contraddittorietà della motivazione; in particolare si esponeva come, l’affermata vicinanza del Baiardo ai Graviano, datava o agli anni ’90, quando lo stesso era stato condannato per favoreggiamento ovvero, al piø, al 2009 in occasione del confronto rituale con NOME COGNOME mentre, emergenze piø recenti, smentivano tale rapporto fiduciario posto che, alcune captazioni del 2023 svolte in carcere tra il predetto capomafia ed i familiari, dimostravano anzi proprio l’opposto; analogamente doveva ritenersi assente ogni aspetto agevolativo l’organizzazione mafiosa nell’accusa mossa nei riguardi del COGNOME posto che, screditare il giornalista, non poteva valere a modificare in alcun modo il regime del 41 bis ord.pen. così che la condotta del COGNOME doveva ritenersi posta in essere ad esclusivo fine personale di lucro derivante dalla rilevante remunerazione economica che lo stesso mirava a realizzare ed alla notorietà che la vicenda avrebbe potuto garantirgli;
violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 274, 275 comma 3 e 627 cod.proc.pen. in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto; si lamentava al proposito che. a fronte di rapporti personali risalenti agli anni ’90, alcun elemento era stato acclarato per affermare la permanenza di relazioni illecite anche nell’attualità, non essendosi anche tenuto conto della data remota dei supposti fatti di calunnia commessi tra ottobre 2020 e marzo 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sono infondati ed il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
In relazione al primo motivo va rammentato come secondo l’orientamento delle Sezioni Unite in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie; ed in motivazione, la SRAGIONE_SOCIALE, premesso che la richiesta di
riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali Ł subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828 – 01).
Tali affermazioni devono trovare applicazione anche nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per difetto di motivazione statuito dalla Corte di cassazione all’esito del giudizio ex art. 311 cod.proc.pen.; ed invero, anche in detta fase, il giudice del riesame, deve rivalutare il quadro indiziario alla luce delle sollecitazioni provenienti dalla pronuncia di annullamento svolgendo un esame completo e dello stesso e delle doglianze difensive recepite dalla pronuncia di legittimità così che nel successivo giudizio dinanzi la Corte di cassazione l’analisi Ł pur sempre limitata alla valutazione della congruità della motivazione del riesame in sede di rinvio.
1.1 L’applicazione di detti principi al caso in esame deve far concludere per l’insussistenza dei vizi denunciati con il primo motivo senza che possa ritenersi violato l’obbligo di motivazione suppletiva incombente sul giudice del rinvio; ed invero, la Corte di legittimità, nella pronuncia di annullamento, e precisamente al punto 4.2, segnalava come quanto alla calunnia in danno del COGNOME la gravità indiziaria non potesse certamente ricavarsi dalla smentita proveniente da COGNOME stesso e dalla assenza di elementi di conferma per fatti così risalenti nel tempo. Orbene, a fronte di detta precisa indicazione, il giudice del riesame in sede di rinvio ha colmato il vuoto argomentativo oggetto dell’annullamento, sottolineando come a sostenere la cosciente falsità delle accuse mosse da COGNOME a COGNOME sovvenissero molteplici elementi di fatto adeguatamente esposti e costituiti dal fatto che:
non era risultato all’esito di varie indagini che il COGNOME avesse acquistato alcuna casa nel comune di Ghiffa, poichØ l’immobile abitato dallo stesso era pervenuto per causa ereditaria alla di lui moglie;
le stesse pur accurate indagini non avevano fatto emergere altre possidenze del COGNOME o della di lui moglie in Svizzera ricollegabili alla provvista illecita proveniente dai COGNOME e di cui aveva riferito nelle sue accuse il COGNOME;
ancora, non erano emersi movimenti di denaro riferibili ai coniugi che potessero riscontrare l’accusa di riciclaggio dell’ingente somma di denaro che sarebbe stata ricevuta dal COGNOME;
COGNOME era stato smentito anche da altro collaboratore di provata attendibilità come COGNOME che aveva negato di conoscerlo ed escluso operazioni finanziarie effettuate con il medesimo o con i COGNOME
Così ricostruiti i fatti, l’analisi compiuta in sede di rinvio da parte del giudice del riesame appare avere colmato le lacune evidenziate dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione essendo stato ancorato il giudizio di gravità indiziaria circa i fatti di calunnia a plurimi elementi di fatto tutti approfonditi e logicamente esposti.
In relazione al secondo motivo, va segnalato come, il giudice del rinvio, a fronte di una pronuncia di annullamento della Corte di cassazione in relazione alla ritenuta insussistenza della gravità indiziaria in ordine alla volontà agevolatrice l’organizzazione mafiosa, pronunciata su ricorso del p.m. limitatamente al capo n. 2 della imputazione provvisoria, abbia segnalato vari aspetti della relazione tra COGNOME ed i fratelli COGNOME ed in particolare con NOME COGNOME, tali da
evidenziare come per la particolarità delle accuse formulate in danno di COGNOME e del giornalista COGNOME per il riferimento delle stesse a vicende assai clamorose di cronaca quanto alla supposta fotografia ritraente soggetti diversi (immagine mai rinvenuta) e per il diretto coinvolgimento nei fatti riferiti anche dei COGNOME, soggetti autori delle efferate stragi di mafia degli anni ’92-93, per il favoreggiamento dei quali COGNOME risulta già definitivamente condannato, le condotte dovevano ritenersi dirette a favorire non il singolo associato mafioso bensì l’organizzazione intera. E tale conclusione non pare revocabile in dubbio ove si consideri che la calunnia COGNOME, secondo l’ordinanza del giudice di rinvio, mirava ad intorbidire le indagini ancora in corso circa l’accertamento dei fatti di strage mediante la prospettazione di un elemento di prova, quale un’immagine fotografica, idoneo a sovvertire gli accertamenti, quanto meno sotto il profilo della sussistenza di relazioni ed accordi tra esponenti di spicco della politica italiana ed associati mafiosi quali i fratelli COGNOME.
Tali considerazioni appaiono recepite dal giudice del rinvio alle pagine 27-29 della ordinanza impugnata ed in quanto prive di qualsiasi illogicità rimangono immuni dalle formulate censure; peraltro, il dato segnalato dalla difesa della risalenza nel tempo delle accuse, appare smentito proprio dalle date di formulazione delle dichiarazioni calunniose sino al 2023, senza che possano rilevare viceversa i tempi delle accertate relazioni tra COGNOME ed i COGNOME, soggetti questi ultimi detenuti da lunga data ed in favore dei quali però, i provvedimenti di merito attestano avere agito l’odierno ricorrente.
2.1 Va però precisato che l’annullamento con rinvio della Corte di cassazione disposto con la sentenza del 3 aprile 2024 su ricorso del P.M. di Firenze, appare avere demandato al tribunale del riesame un nuovo giudizio limitatamente alla valutazione di agevolazione dell’organizzazione mafiosa nella persona dei fratelli COGNOME tramite le false accuse mosse da COGNOME e di cui al capo n. 2 dell’imputazione; così che la sussistenza della agevolazione dell’organizzazione mafiosa veniva esclusivamente ricollegata ai rapporti COGNOME–COGNOME ed alla precisa volontà di favorire tali vertici della compagine criminale. Viceversa, alcun riferimento, la detta pronuncia di annullamento della cassazione conteneva in relazione alla seconda parte dell’aggravante come formulata nell’imputazione provvisoria, ed in cui viene introdotto un tema rimasto conseguentemente inesplorato in sede di giudizio rinvio perchŁ mai devoluto oltre che in insanabile contrasto con il giudicato definitivo pronunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza n.45506/2023.
Dalla reiezione dei primi due motivi deriva poi l’infondatezza anche della terza doglianza posto che, correttamente, il giudice del tribunale della libertà di Firenze, ha segnalato come, sussistendo una precisa presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, siano mancanti nel caso di specie elementi specifici per affermare l’interruzione di ogni relazione tra l’indagato e l’associazione mafiosa agevolata, con le ripetute condotte illecite svoltesi nel tempo e reiterate sino al 2023.
Alla declaratoria di infondatezza consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 13/12/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME