Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9066 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9066 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a GELA il 16/05/1990
avverso la sentenza del 03/06/2024 della Corte d’appello di Caltanissetta
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 03 giugno 2024 con cui la Corte di appello di Caltanissetta, confermando la sentenza di primo grado, lo ha condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 commesso il 14 giugno 2013;
rilevato che il ricorrente deduce, con due motivi, la violazione di legge e il vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello pronunciato assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., nonostante la evidente lieve tenuità del fatto, essendo stato egli trovato, oltre l’orario consentito per il rientro, nei pressi della sua abitazione, non in compagnia di pregiudicati né impegnato nella commissione di reati, essendosi solo recato al matrimonio della sorella conformemente all’autorizzazione concessagli, e per non avere rilevato la prescrizione, maturata già durante la fase di merito, erroneamente calcolando due volte l’aumento per la recidiva ritenuta sussistente, in contrasto con un indirizzo giurisprudenziale;
ritenuto il ricorso manifestamente infondato, e perciò inammissibile, con riferimento all’omesso proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., avendo la sentenza impugnata negato tale proscioglimento con motivazione approfondita e non manifestamente illogica, ritenendo grave il fatto commesso, sia per la rilevante violazione della prescrizione relativa all’orario di trattenimento in casa, trovandosi il ricorrente ancora in strada oltre tre ore dopo l’orario di uscita autorizzato, sia per avere egli approfittato di un’autorizzazione già ampia, che prolungava di quattro ore l’orario di rientro, dimostrando così di non tenere nella giusta considerazione il beneficio ricevuto, sia per avere cercato di negare la violazione mostrando agli agenti intervenuti l’autorizzazione in questione, che però fissava un nuovo orario di rientro nelle ore 00.00, e deducendo da questo complesso di circostanze, in modo logico, l’offensività non minima della condotta;
ritenuto il ricorso manifestamente infondato, e perciò inammissibile, nonché in contrasto con il consolidato e prevalente principio dettato da questa Corte, a cui si intende aderire, quanto alla lamentata omessa declaratoria di prescrizione, essendosi la sentenza impugnata conformata a detto principio nel calcolare sia l’aumento per la recidiva stabilito dall’art. 157 cod. pen., sia quello stabilito
dall’art. 161 cod. pen., non avendo il codice stabilito alcun limite o deroga all’applicazione di entrambe le norme, dettate in relazione ad istituti diversi, e non risultando violato, da tale duplice applicazione, alcun divieto di bis in idem, come ritenuto, tra le molte, da Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, Rv. 285267, secondo cui «La recidiva reiterata, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso COGNOME c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione»;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente