Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16496 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16496 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 448/2025
CC – 27/03/2025
NOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. 41314/2024
NOME SESSA
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME nato a Catania il 12/09/1971
avverso la sentenza del 03/10/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME la quale ha richiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME NOME per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico aggravato ai sensi dell’art. 615-ter comma 2 n. 1) c.p., perché estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo erronea applicazione della legge penale, eccependo in tal senso l’erroneo calcolo della prescrizione eseguito dalla Corte
territoriale, atteso che per la fattispecie aggravata contestata allo COGNOME la pena edittale massima prevista dal secondo comma dell’art. 615-ter c.p. è quella di anni dieci di reclusione e conseguentemente, essendo il reato stato commesso nel 2017, ai sensi dell’art. 159 c.p. il termine di prescrizione non si sarebbe ancora compiuto. Il ricorrente evidenzia poi l’interesse dell’imputato a rinunziare alla prescrizione e dunque al rispetto della data della sua effettiva maturazione al fine di conseguire una sentenza assolutoria nel merito, atteso che la declaratoria di estinzione del reato non è ostativa all’avvio del procedimento disciplinare nei suoi confronti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.
Il ricorrente eccepisce che la Corte avrebbe erroneamente calcolato il termine di prescrizione del reato, non considerando che per la fattispecie aggravata contestata all’imputato e prevista dall’art. 615-ter comma 2 n. 1) c.p. la pena edittale massima, in riferimento alla quale deve procedersi alla determinazione del suddetto termine ai sensi dell’art. 159 c.p., sarebbe quella di anni dieci. Tenuto conto, dunque, di quanto stabilità dall’art. 161 comma 2 c.p., nel caso di specie il termine di prescrizione sarebbe quelli di dodici anni e sei mesi, destinato a compiersi non prima del 14 settembre 2029.
Ad essere errato è però l’assunto da cui muove la censura proposta con il ricorso. Infatti, all’epoca di consumazione del reato (il 14 marzo 2017) la pena massima prevista per l’ipotesi aggravata di accesso abusivo ad un sistema informatico contestata all’imputato era quella di anni cinque di reclusione; pena che è stata elevata a dieci anni dall’art. 16, comma 1, lett. b), n. 1.1), legge 28 giugno 2024, n. 90, entrata in vigore solo 17 luglio 2024. È dunque evidente che la modifica del limite massimo edittale è dovuta ad una disposizione successiva alla commissione del reato, la quale non può trovare applicazione nei confronti dell’imputato in quanto norma sfavorevole – anche con riguardo al calcolo della durata del termine di prescrizione – di cui è per l’appunto inibita l’applicazione retroattiva, così come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.
Non di meno va evidenziato che l’imputato ha avuto ampia possibilità di rinunziare alla prescrizione prima della pronunzia della Corte territoriale, dovendosi ribadire in tal senso che tale rinunzia, qualora effettuata prima che la prescrizione sia maturata, non è invalida, ma soltanto inefficace, in quanto produce i suoi effetti al verificarsi della causa estintiva del reato ( ex multis Sez. 3, n. 3758 del 20/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282828).
Né per altro verso il ricorrente ha eccepito la mancata instaurazione del contraddittorio, posto che quella impugnata è nella sostanza una sentenza predibattimentale ex art. 469
c.p.p., mentre in maniera del tutto generica ha censurato la valutazione compiuta dal giudice dell’appello sul difetto dei presupposti per il proscioglimento nel merito dell’imputato. Men che meno ha interesse a sollevare l’eccezione il Procuratore generale, come invece ha fatto nelle sue conclusioni, atteso che solo per l’imputato sussiste tale interesse, limitando la soppressione di un grado di giudizio l’emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito. (Sez. 2, n. 43366 del 22/09/2023, Pg, Rv. 285340 – 01)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27/3/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME