Calcolo Pena Reato Continuato: Quando il Giudice dell’Esecuzione Sbaglia
L’istituto del reato continuato rappresenta un cardine del nostro sistema sanzionatorio, mirando a mitigare il trattamento punitivo per chi commette più reati sotto l’impulso di un unico disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione pratica, specialmente in fase esecutiva, può nascondere insidie. La sentenza della Corte di Cassazione n. 5036/2024 offre un chiaro esempio di come un errore nel calcolo pena reato continuato possa portare all’annullamento del provvedimento del giudice. Analizziamo insieme questo interessante caso.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con due distinte sentenze per reati di rapina aggravata in concorso, si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati separatamente. 
Le due sentenze in questione erano:
1.  Una condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione per una rapina aggravata.
2.  Una condanna a tre anni di reclusione per tentata rapina e rapina aggravate.
Il condannato sosteneva che i fatti fossero legati da un medesimo disegno criminoso e che, pertanto, dovesse beneficiare del trattamento sanzionatorio più favorevole previsto dall’art. 81 del codice penale.
La Decisione del Giudice dell’Esecuzione e l’Errore di Calcolo
Il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva la richiesta, riconoscendo l’esistenza di un unico disegno criminoso. Procedeva quindi a rideterminare la pena complessiva.
Nel fare ciò, individuava come reato più grave quello della seconda sentenza. Tuttavia, commetteva un errore palese: pur essendo la pena finale di quella sentenza pari a tre anni (già ridotta per il rito abbreviato), il giudice partiva da una pena base di ben cinque anni. Su questa base errata, applicava gli aumenti per l’altro reato e infine la riduzione per il rito, giungendo a una pena complessiva di cinque anni e otto mesi di reclusione.
L’Importanza del Corretto Calcolo Pena Reato Continuato: il Ricorso in Cassazione
L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando proprio l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione. Il ricorrente evidenziava due punti cruciali:
1.  Il giudice aveva errato nell’individuare il reato più grave, scegliendo quello con la pena finale inferiore.
2.  La pena base di cinque anni indicata dal giudice era manifestamente illogica e contraddittoria, dato che la sentenza di riferimento riportava una condanna finale a soli tre anni.
In sostanza, il calcolo pena reato continuato era viziato alla radice da un errore logico-matematico che non poteva essere ignorato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, seppur limitatamente al profilo del calcolo della pena. Gli Ermellini hanno osservato che, al di là della corretta individuazione del reato più grave (questione ritenuta inammissibile per carenza di interesse), il punto debole del provvedimento impugnato era proprio l’illogicità della motivazione sul calcolo.
I giudici di legittimità hanno sottolineato come fosse incomprensibile il riferimento a una pena base di cinque anni, quando la sentenza da cui si sarebbe dovuta desumere tale pena ne comminava una finale di tre anni. Questo errore rendeva la motivazione dell’ordinanza manifestamente illogica e, di conseguenza, illegittima. Non è possibile, infatti, che la pena base (prima della riduzione per il rito) sia superiore a quella che, tenuto conto della riduzione stessa, è stata poi inflitta con sentenza definitiva.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena. Ha disposto il rinvio al Giudice per le indagini preliminari di Palermo, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo giudizio sul punto, effettuando un corretto calcolo pena reato continuato. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la determinazione della pena, anche nella fase delicata dell’esecuzione, deve sempre fondarsi su un percorso logico-giuridico coerente e privo di vizi, a garanzia dei diritti del condannato e della corretta applicazione della legge.
 
Cosa succede se il giudice dell’esecuzione sbaglia a calcolare la pena per il reato continuato?
L’ordinanza con cui viene determinata la pena può essere annullata dalla Corte di Cassazione limitatamente alla parte errata. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice che dovrà effettuare un nuovo e corretto calcolo.
Come si determina la pena base nel reato continuato?
La pena base è quella prevista per il reato considerato più grave tra quelli uniti dal vincolo della continuazione. Su questa pena vengono poi applicati gli aumenti per gli altri reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
È possibile che il giudice dell’esecuzione parta da una pena base superiore alla pena finale inflitta con la sentenza?
No. La sentenza chiarisce che questo costituisce un vizio di motivazione manifestamente illogico. Il giudice non può fare riferimento a una pena base (ad esempio, di cinque anni) se la sentenza per quel reato ha irrogato una pena finale inferiore (ad esempio, di tre anni), poiché il calcolo risulterebbe contraddittorio.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5036 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5036  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 27/04/202:3;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la domanda di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva proposta da NOME COGNOME con riferimento ai reati per i quali egli era stato riconosciuto colpevole con le seguenti sentenze: 1) sentenza emessa dal AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 16 giugno 2021 (irrevocabile il 21 febbraio 2023) con la condanna (previa applicazione della diminuente del rito abbreviato) alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed euro 900 di multa per rapina aggravata in concorso commessa in Palermo il 12 maggio 2020; 2) sentenza del AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 12 novembre 2020 (irrevocabile il 15 febbraio 2022) con la condanna (previa applicazione della diminuente del rito abbreviato) alla pena di anni tre di reclusione ed euro 1.500 di multa per tentata rapina aggravata in concorso (capo a) e rapina aggravata in concorso (capo b), commesse in Palermo il 23 maggio 2019 e 12 settembre 2019.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che i reati sopra indicati fossero espressione di un unico disegno criminoso e che, quindi, doveva trovare applicazione la continuazione in sede esecutiva ai sensi degli alt. 671 cod. proc. pen. ed 81 cod. pen.; quanto alla quantificazione della pena per il reato continuato ha individuato come reato base quello oggetto della sentenza sub 2) in considerazione dell’entità maggiore della pena inflitta, fissata in anni cinque ed euro 1.350 di multa, aumentata di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 900 di multa per il reato di cui al capo a) della sentenza sub 1), ulteriormente aumentata di mesi due di reclusione ed euro 300 di multa per il capo b) della sentenza sub 1), giungendo così ad anni otto, mesi sei di reclusione ed euro 2.250 di multa, ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato con una pena finale di anni cinque, mesi otto di reclusione ed euro 1.700 di multa.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento della stessa rispetto al trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione degli artt.81, 671 cod. proc. pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione mancante e manifestamente illogica; osserva che erroneamente il giudice dell’esecuzione ha ritenuto più grave la condanna sub 2) individuando la relativa pena come pena base, nonostante quella inflitta con la sentenza sub 1) fosse superiore con la conseguente violazione del disposto dell’art.187 disp. att. del codice di rito.
Inoltre, evidenzia che la pena base per il reato della sentenza n.2 è di anni quattro e mesi quattro di reclusione e non già di anni cinque (come indicato nell’ordinanza impugnata); infine, il ricorrente sottolinea che gli aumenti per i reati satellite sono stati disposti senza una specifica motivazione, che nel caso di specie era tanto più necessaria in considerazione dell’entità degli aumenti medesimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
 Anzitutto risulta inammissibile, per carenza di interesse, il motivo del ricorso con il quale il condannato lamenta l’erronea indicazione della pena più alta da parte del AVV_NOTAIO per le indagini preliminari.
Ciò posto, si osserva che dalla lettura del provvedimento impugnato non è però dato comprendere – con riferimento alla sentenza sub 2) perché il giudice dell’esecuzione faccia riferimento ad una pena base di anni cinque (da ridurre per il rito abbreviato), visto che tale sentenza indica una condanna finale ad anni tre di reclusione, di talché la pena base non poteva essere di anni cinque.
Pertanto, fermo restando l’avvenuto riconoscimento della continuazione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata relativamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo in funzione di giudice deli’esecuzione ed in diversa composizione (cfr. Corte cost., seni:. n. 183 del 2013); il GLYPH motivo riguardante l’entità degli aumenti per la continuazione rimane conseguentemente assorbito.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto al AVV_NOTAIO per le indagAi preliminari del Tribunale di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2023.