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Calcolo pena reato continuato: l’errore del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del giudice dell’esecuzione relativa al calcolo pena reato continuato. Il giudice aveva erroneamente identificato la pena base per il reato più grave, utilizzando un valore superiore a quello della condanna definitiva. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rinviando gli atti per una nuova e corretta determinazione della sanzione, sottolineando l’importanza della coerenza logica nella motivazione del provvedimento.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calcolo Pena Reato Continuato: Quando il Giudice dell’Esecuzione Sbaglia

L’istituto del reato continuato rappresenta un cardine del nostro sistema sanzionatorio, mirando a mitigare il trattamento punitivo per chi commette più reati sotto l’impulso di un unico disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione pratica, specialmente in fase esecutiva, può nascondere insidie. La sentenza della Corte di Cassazione n. 5036/2024 offre un chiaro esempio di come un errore nel calcolo pena reato continuato possa portare all’annullamento del provvedimento del giudice. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze per reati di rapina aggravata in concorso, si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati separatamente.

Le due sentenze in questione erano:
1. Una condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione per una rapina aggravata.
2. Una condanna a tre anni di reclusione per tentata rapina e rapina aggravate.

Il condannato sosteneva che i fatti fossero legati da un medesimo disegno criminoso e che, pertanto, dovesse beneficiare del trattamento sanzionatorio più favorevole previsto dall’art. 81 del codice penale.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione e l’Errore di Calcolo

Il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva la richiesta, riconoscendo l’esistenza di un unico disegno criminoso. Procedeva quindi a rideterminare la pena complessiva.

Nel fare ciò, individuava come reato più grave quello della seconda sentenza. Tuttavia, commetteva un errore palese: pur essendo la pena finale di quella sentenza pari a tre anni (già ridotta per il rito abbreviato), il giudice partiva da una pena base di ben cinque anni. Su questa base errata, applicava gli aumenti per l’altro reato e infine la riduzione per il rito, giungendo a una pena complessiva di cinque anni e otto mesi di reclusione.

L’Importanza del Corretto Calcolo Pena Reato Continuato: il Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando proprio l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione. Il ricorrente evidenziava due punti cruciali:

1. Il giudice aveva errato nell’individuare il reato più grave, scegliendo quello con la pena finale inferiore.
2. La pena base di cinque anni indicata dal giudice era manifestamente illogica e contraddittoria, dato che la sentenza di riferimento riportava una condanna finale a soli tre anni.

In sostanza, il calcolo pena reato continuato era viziato alla radice da un errore logico-matematico che non poteva essere ignorato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, seppur limitatamente al profilo del calcolo della pena. Gli Ermellini hanno osservato che, al di là della corretta individuazione del reato più grave (questione ritenuta inammissibile per carenza di interesse), il punto debole del provvedimento impugnato era proprio l’illogicità della motivazione sul calcolo.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come fosse incomprensibile il riferimento a una pena base di cinque anni, quando la sentenza da cui si sarebbe dovuta desumere tale pena ne comminava una finale di tre anni. Questo errore rendeva la motivazione dell’ordinanza manifestamente illogica e, di conseguenza, illegittima. Non è possibile, infatti, che la pena base (prima della riduzione per il rito) sia superiore a quella che, tenuto conto della riduzione stessa, è stata poi inflitta con sentenza definitiva.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena. Ha disposto il rinvio al Giudice per le indagini preliminari di Palermo, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo giudizio sul punto, effettuando un corretto calcolo pena reato continuato. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la determinazione della pena, anche nella fase delicata dell’esecuzione, deve sempre fondarsi su un percorso logico-giuridico coerente e privo di vizi, a garanzia dei diritti del condannato e della corretta applicazione della legge.

Cosa succede se il giudice dell’esecuzione sbaglia a calcolare la pena per il reato continuato?
L’ordinanza con cui viene determinata la pena può essere annullata dalla Corte di Cassazione limitatamente alla parte errata. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice che dovrà effettuare un nuovo e corretto calcolo.

Come si determina la pena base nel reato continuato?
La pena base è quella prevista per il reato considerato più grave tra quelli uniti dal vincolo della continuazione. Su questa pena vengono poi applicati gli aumenti per gli altri reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.

È possibile che il giudice dell’esecuzione parta da una pena base superiore alla pena finale inflitta con la sentenza?
No. La sentenza chiarisce che questo costituisce un vizio di motivazione manifestamente illogico. Il giudice non può fare riferimento a una pena base (ad esempio, di cinque anni) se la sentenza per quel reato ha irrogato una pena finale inferiore (ad esempio, di tre anni), poiché il calcolo risulterebbe contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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