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Calcolo pena reato continuato: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte di Appello relativa al calcolo della pena per un reato continuato in materia di stupefacenti. Il provvedimento è stato censurato per non aver motivato in modo specifico e distinto l’aumento di pena per ciascun reato satellite, limitandosi a riferimenti generici e creando una disparità ingiustificata. La Suprema Corte ha ribadito che ogni aumento deve essere calcolato e giustificato individualmente per garantire trasparenza e prevenire l’arbitrarietà.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calcolo Pena Reato Continuato: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione Specifica

Il calcolo della pena in caso di reato continuato rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il potere discrezionale del giudice deve essere esercitato con rigore e trasparenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26156 del 2024, ha riaffermato un principio fondamentale: l’aumento di pena per ciascun reato satellite deve essere calcolato e motivato in modo distinto e non può basarsi su formule generiche. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale riguarda un soggetto condannato per diversi reati in materia di stupefacenti, tra cui il delitto associativo previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/1990 e plurimi episodi di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5). La Corte di Appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, era stata chiamata a unificare le pene inflitte con diverse sentenze, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i vari reati.

In un primo momento, la Corte aveva determinato una pena complessiva, ma questa decisione era stata annullata dalla Cassazione per un difetto di motivazione. Tornata a pronunciarsi sulla questione, la Corte di Appello aveva rideterminato la pena, partendo da una pena base per il reato più grave (l’associazione) e applicando poi degli aumenti per i reati satellite. Tuttavia, anche questa seconda decisione è stata oggetto di ricorso.

La Decisione della Corte di Appello e le Critiche della Difesa

Nel suo secondo provvedimento, la Corte territoriale aveva stabilito i seguenti aumenti di pena per i quattro reati satellite (tutti riqualificati come di lieve entità):

* 20 giorni di reclusione per il primo episodio.
* 10 mesi di reclusione per il secondo.
* 1 mese di reclusione per il terzo.
* 1 mese di reclusione per il quarto.

La difesa ha impugnato questa decisione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte non aveva spiegato le ragioni di una così marcata differenza tra gli aumenti di pena per fatti-reato sostanzialmente identici. L’uso di criteri generici come la “gravità dei fatti” e la “personalità desumibile dal certificato penale”, senza specificare gli elementi concreti valutati, rendeva la decisione arbitraria e incomprensibile.

Le Motivazioni della Cassazione: Un Richiamo al Rigore nel Calcolo Pena Reato Continuato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando nuovamente l’ordinanza e rinviando per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione si basa sulla giurisprudenza consolidata, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 47127/2021), secondo cui il giudice, nel determinare la pena per il reato continuato, ha l’obbligo di calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.

La Suprema Corte ha evidenziato come la Corte di Appello non avesse fornito alcuna spiegazione logica per la palese difformità degli aumenti applicati. Perché un episodio era stato valutato con un aumento di 10 mesi e altri due, simili, con solo 1 mese? Perché il primo episodio, seppur di lieve entità, aveva comportato un aumento di 20 giorni?

A queste domande, l’ordinanza impugnata non dava risposta. La motivazione è stata giudicata “laconica”, “non meglio precisata” e, in definitiva, “mancante o quantomeno apparente”. Secondo la Cassazione, un riferimento apodittico alla “maggiore gravità” di un episodio, senza nemmeno descriverne i fatti specifici, non soddisfa l’obbligo di motivazione imposto dalla legge.

Questo obbligo non è un mero formalismo, ma risponde a una duplice esigenza:

1. Garantire la funzione rieducativa della pena (art. 27 Cost.), che deve essere proporzionata e giusta.
2. Consentire un controllo effettivo sulla non arbitrarietà e sulla non irragionevolezza della decisione del giudice.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cardine del diritto penale: il potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena non è illimitato, ma deve essere esercitato attraverso un percorso logico-giuridico trasparente e verificabile. In tema di calcolo pena reato continuato, ciò si traduce nella necessità di giustificare analiticamente ogni singolo aumento, basandosi su indici oggettivi (modalità della condotta, gravità del danno) e soggettivi (personalità del reo). Una motivazione solo apparente, che si trincera dietro formule di stile, viola la legge e deve essere censurata, come giustamente avvenuto in questo caso.

In caso di reato continuato, il giudice può applicare un aumento di pena complessivo per tutti i reati satellite?
No. La sentenza ribadisce, in linea con la giurisprudenza consolidata, che il giudice ha l’obbligo di calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto e specifico per ciascuno dei reati satellite.

È sufficiente motivare l’aumento di pena facendo riferimento a criteri generici come la “gravità dei fatti”?
No. La Corte di Cassazione ha definito tale motivazione “laconica” e “apparente”. È necessario che il giudice indichi con precisione gli indici oggettivi e soggettivi che hanno guidato la quantificazione della pena per ogni singolo reato, per permettere un controllo sulla logicità e non arbitrarietà della decisione.

Cosa accade se la motivazione del calcolo della pena per i reati satellite è ritenuta mancante o apparente?
Il provvedimento viene annullato con rinvio. Ciò significa che il caso torna al giudice del grado precedente, il quale dovrà emettere una nuova decisione, attenendosi ai principi indicati dalla Corte di Cassazione e fornendo una motivazione completa e rigorosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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