Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23579 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23579 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che, riportandosi alla requisitoria già depositata, ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento alla determinazione della pena per il furto tentato, con rideterminazione della stessa a cura della Corte; udito il difensore l’avvocato COGNOME NOME, che si è riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è stato condannato dal Tribunale d Palermo, a seguito di rito abbreviato, ad 1 anno, 6 mesi e 20 giorni di reclusione ed C 800,00 di multa, previe riduzioni per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e per la scelta del rito, essendo stato ritenuto colpevole del delitto di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose, ex articoli 56, 624 bis, comma 3, e 625 n. 2
cod. pen., perché poneva in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a sottrarre beni della signora NOME COGNOME. In particolare, l’imputato si era introdotto nell’abitazione della vittima (precisamente nel terrazzo posto al piano terra), sita a Palermo (INDIRIZZO), munito di arnesi atti allo scasso, venendo fermato dalle Forze dell’ordine (a seguito della segnalazione di un vicino di casa della stessa vittima) dopo aver tentato di forzare 2 porte persiane per accedere all’interno dell’abitazione. All’COGNOME è stata contestata e ritenuta (seppur subvalente) la recidiva specifica infraquinquennale.
La pena è stata ridotta dalla Corte d’appello di Palermo come segue:
pena base: 5 anni di reclusione ed euro 2.100,00 di multa;
riduzione ex articolo 56 cod. pen.: 3 anni e 9 mesi di reclusione ed euro 1.400,00 di multa;
ulteriore riduzione ex articolo 62-bis cod. pen.: 2 anni e 6 mesi di reclusione e 900,00 euro di multa;
pena finale (post riduzione ex articolo 442 cod. proc. pen.): 1 anno e 4 mesi di reclusione e 600,00 euro di multa.
Il difensore dell’COGNOME propone ricorso, dolendosi dell’erronea determinazione della pena nella sentenza impugnata.
Ha rilevato, infatti, che la Corte d’appello, partendo da una pena base di 5 anni di reclusione per il delitto consumato, aveva operato (per il tentativo) una diminuzione (in relazione alla pena detentiva) inferiore a quella minima di legge (pari ad 1/3, dunque 20 mesi sui 60 di partenza), indicando quale pena per il tentativo quella di 3 anni e 9 mesi (ovvero 45 mesi) di reclusione. Ha richiamato la cornice edittale entro cui, invece, la Corte d’appello avrebbe potuto muoversi: e cioè da un minimo di 1 anno ed 8 mesi (con la massima riduzione per il tentativo, di 2/3) a un massimo di 3 anni e 4 mesi di reclusione (con quella minima detta).
Il Procuratore Generale ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza con riferimento alla determinazione della pena, con rideterminazione della stessa a cura della Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati.
È evidente l’errore di calcolo iniziale fatto dalla Corte d’appello, laddove ha determinato in 3 anni e 9 mesi di reclusione la pena per il tentativo, partendo da
5 anni di reclusione, con diminuzione inferiore a quella minima di cui al detto articolo 56 cod. pen. (che la prevede in almeno 1/3, ovvero 20 mesi sulla pena base di 60 mesi individuata dal giudice a quo, e dunque una pena massima irrogabile di 3 anni e 4 mesi di reclusione).
La Corte territoriale non ha tenuto conto dei principi affermati nella giurisprudenza di legittimità in materia di procedura di calcolo della pena nel caso di delitto tentato aggravato.
Invero, ai fini della determinazione della pena per tale delitto, occorre: a) individuare preliminarmente la cornice edittale relativa alla fattispecie consumata, tenendo conto di tutte le circostanze aggravanti ritenute nel caso concreto; b) determinare, in relazione a quest’ultimo, la cornice edittale del delitto circostanziato tentato applicando la riduzione di pena di cui all’art. 56 cod. pen.; c) commisurare, entro tale ultima cornice edittale, la pena da irrogare in concreto, specificando la pena base e gli aumenti applicati per ciascuna circostanza aggravante (si veda nello stesso senso in motivazione Sez. 1, Sentenza n. 33435 del 30/03/2023, Abbate, Rv. 285017 – 01; si veda, altresì, Sez. 1 n. 7557 del 25.2.2021, Rv 280500, nonché, sulla necessità di includere il giudizio di comparazione, Sez. 1 n. 41481 del 21.10.2005, Rv 232412).
Ciò posto, è del tutto evidente che nella specie, una volta riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza (ex art. 69 cod. pen.), la cornice edittale del delitto «consumato» non è più quello di cui al comma 3 dell’articolo 624-bis cod. pen., bensì quella di cui al comma 1 della stessa norma.
Per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio alla luce dei principi sopra richiamati è necessario disporre l’annullamento con rinvio.
Va, infatti, ribadito che: «La possibilità, riconosciuta alla Corte di cassazione dall’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., nella formulazione modificata dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, di rideterminare direttamente la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito, procedendo ad un annullamento senza rinvio, è circoscritta alle ipotesi in cui … alla situazione da correggere possa porsi rimedio senza necessità dell’esame degli atti dei processi di primo e secondo grado e della formulazione di giudizi di merito, obiettivamente incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (Sez. 6, n. 44874 del 11/09/2017, Dessi, Rv. 271484)» (Sez. 1, Sentenza n. 13115 del 07/12/2023, dep. 2024, Abouselim).
Atteso che la pena da irrogare per il delitto tentato (prima delle riduzioni per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e per il rito) varia (partendo da quella per il delitto consumato indicata dalla Corte territoriale) da un minimo di 1 anno ed 8 mesi a un massimo di 3 anni e 4 mesi di reclusione e che,
evidentemente, la sua concreta determinazione risente della formulazione di un giudizio di merito, precluso a questa Corte, ne consegue l’esito in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Così deciso il 7/5/2024