Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11895 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11895 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/03/2018
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il 15/02/1968 a NAPOLI NARDELLI NOME nato il 21/06/1985 a NAPOLI
avverso la sentenza del 26/05/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per
Il Procuratore Generale conclude per l’annullamento senza rinvio per rettificazione della pena, che va rettificata con riduzione di 1/3 della pena, e rigetto nel resto
Udito il difensore L’avvocato COGNOME si riporta ai motivi e ne chiede l’accoglimento
v
In fatto e in diritto
Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza, 16 dicembre 2014, pronunziata, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città, che confermava nel resto, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 7 L. n.895 del 1967, rideterminava, in anni uno mesi due di reclusione ed euro 2.400,00 di multa, la pena inflitta a NOME NOME e COGNOME NOME, giudicati colpevoli dei reati di detenzione e porto di una pistola cal. 9 mm.
Per la cassazione della decisione di appello, con atto cumulativo, gli imputati hanno personalmente proposto ricorso, denunziando:
erronea applicazione dell’art. 7 L. n. 895/1967 per avere la Corte di appello ridotto la pena detentiva per il più grave reato di porto in misura inferiore alla diminuzione fissa di un terzo;
violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche; la sentenza impugnata aveva rigettato il motivo di gravame sul punto, affermando che non erano ravvisabili favorevoli elementi di valutazione né era apprezzabile, perché tardivo, il comportamento collaborativo degli imputati. Andavano invece meglio valutati il contegno processuale, scandito dalle dichiarazioni confessorie rese subito dopo l’arresto e dalla rinunzia ai motivi di appello sulla responsabilità, come pure la non allarmante personalità dei ricorrenti;
violazione di legge in relazione all’art. 163 cod. pen. e correlato vizio di motivazione, avendo la Corte territoriale tralasciato di esporre adeguatamente le ragioni del diniego e trascurato del tutto di considerare l’incensuratezza formale e sostanziale dei ricorrenti.
I ricorsi meritano accoglimento nei limiti che si diranno.
3.1 All’evidenza infondata è la doglianza relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte ha ritenuto del tutto legittimamente di non poter riconoscere, avuto riguardo alla gravità del reato e al comportamento degli imputati, collaborativo solo nella fase conclusiva e, dunque, insuscettibile, di positiva valutazione, così congruamente fondando la propria decisione su parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., utilizzabili anche ai fini dell’art. 62 cod. pen.. E plausibilmente ha ritenuto, dopo aver dato conto a p. 2 delle parziali e praticamente necessitate dichiarazioni ammissorie rese in sede di convalida,
che la condotta processuale, costituita dalla rinunzia ai motivi di merito, non poteva assumere nessuna valenza a tal fine, l’implicita ammissione di colpevolezza, insita nella scelta processuale effettuata, costituendo un dato inidoneo a rappresentare un segnale di concreto ravvedimento.
3.2 Fondata è, invece, la doglianza relativa al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena perché la motivazione della decisione appare sul punto carente. La Corte di appello ha ritenuto di dover escludere il riconoscimento del beneficio, non sussistendone i presupposti, sulla base della seguente motivazione : ” stante la gravità del fatto, intrinseca alla sua stessa natura (…), ritiene di dover confermare il diniego di qualsiasi altro beneficio, non ravvisando elementi che ne giustifichino il riconoscimento”. La motivazione, genericamente riferita ad entrambi gli imputati, pare fare esclusivo riferimento alla sola gravità del titolo di reato, in relazione al quale è stata peraltro ritenu congrua la pena detentiva nel minimo edittale, senza tener conto dello stato di incensuratezza del COGNOME di cui dà atto la sentenza di primo grado, al contempo definendo “lieve” l’unico precedente del COGNOME. E, a fronte di un dato di indubbia valenza positiva, quale quello dell’assenza dei precedenti penali, la prognosi negativa sulla futura astensione dalla ricaduta nell’illecito richiedeva una valutazione più approfondita e connotata da stringente logicità, individuando elementi concreti idonei a neutralizzarlo.
3.3 Sicuramente è errato il calcolo effettuato per giungere alla pena finale irrogata. La Corte di appello è, infatti, partita dalla pena base per il reato pi grave di porto, di anni due di reclusione ed euro 5.000 di multa (determinando, peraltro, l’entità della pena pecuniaria in misura superiore a quella individuata dal primo decidente -euro 4.000 di multa-) e ha quindi indicato in anni uno mesi sei la pena detentiva risultante dall’applicazione della diminuzione fissa di un terzo. Ma anni due ridotti di un terzo portano, come giustamente rilevato dalla difesa, ad anni uno mesi quattro.
4. In conclusione la sentenza deve essere annullata per quanto concerne il diniego (non adeguatamente giustificato) della sospensione condizionale della pena e la determinazione (errata nel calcolo) della pena, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Resta ovviamente coperta da giudicato la statuizione concernente l’affermazione di colpevolezza e, ai sensi dell’art. 624, ne va pertanto dichiarata l’irrevocabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e alla omessa motivazione sulla sospensione condizionale e rinvia per nuovo
giudizio su detti punti ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
Il t onsigliere etensore
Il Presidente