Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25122 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ARIANO IRPINO il 21/04/1946 avverso la sentenza del19/1 2/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 04/07/2018, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Avellino ha dichiarato NOME COGNOME colpevole dei reati di cui agli artt. 216 primo comma n. 2, 217 primo comma n. 3 e n. 4, 219 secondo comma n. 1, 223 primo comma, 224 n. 1 e n. 2 R.d. 16 marzo 1942, n. 267 e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; nel contempo, lo ha dichiarato interdetto dai pubblici uffici per il periodo di anni cinque, oltre che inabilitato all’esercizio di un’impresa commerciale ed incapace di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, per il periodo di anni dieci.
1.1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 16/01/2020, ha ridotto ad anni cinque la durata delle pene accessorie di cui all’art. 216 quarto comma legge fall. La Corte di cassazione, con sentenza del 26/10/2021, ha annullato con rinvio tale decisione, limitatamente all’art. 217 legge fall., con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte territoriale.
1.2. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato ex art. 217 R.d. n. 267 del 1942, per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato- relativamente alle residue contestazioni- nella misura di anni tre e mesi due di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo vizio ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza di motivazione in ordine all’applicazione del quantum di aumento relativo alle aggravanti, ossia quella del danno patrimoniale di rilevante gravità (ancora da considerare operativa) e quella dell’aver commesso piø violazioni (ormai venuta meno, per effetto dell’intervenuta declaratoria di estinzione per prescrizione della contestata ipotesi di bancarotta semplice). In difetto di
indicazioni provenienti dal Giudice di prime eu rein punto di quantificazione degli aumenti relativi alle due aggravanti contestate- non sarebbe stato consentito alla Corte distrettu aie assumerne la diversa incidenza ed esse. pertanto, sarebbero state da considerare di pari estensione.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
La sentenza impugnata si Ł limitata a scorporare i due incrementi sanzionatori operati in cognizione, al fine di considerare esclusivamente quello con nesso alla aggravante ancora sussistente, la cui misura Ł stata determinata- nell’ambito del perimetro già fissato nel corso del precedente giudizio di meritoin mesi nove di reclusione, sulla base di un giudizio discrezionale di congruità adeguatamente motivato.
4. L’avv. NOME COGNOME ha depositato brevi note di replica alla requisitoria, sottolineando anzitutto l’asserita arbitrarietà del metodo di calcolo applicato Ha poi ricordato, la difesa, doversi applicare la regola di cui all’art.63 comma quarto cod. pen ., dato che il reato Ł stato ritenuto aggravato oltre eh e da un a circostanza ad effetto speciale an eh e da un a circostanza aggravante comune; sarebbe stato necessario, allora, considerare dapprima l’aumento conseguente all’aggravante ad effetto speciale e, all’esito, applicare l’aumento relativo all’aggravante comune. Di tale calcolo- doveroso nella esplicitazione, come quello per il reato continuato- non vi era traccia, nella sentenza di primo grado l ntervenire arbitrariamente, allora, determina la violazione del giudicato favorevole al reo, che rischia di vedere espandersi oltre la misura originaria l’aggravante residua.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Integrando quanto già sintetizzato in parte espositiva. Ł utile evidenziare come il Giudice di primo grado avesse calcolato la pena finale muovendo da una pena base fissata ad anni quattro di reclusione, sottoposta poi a un aumento unitario pari a un anno, in relazione alle due aggravanti del l e qual i, ali’ epoca, era stata ritenuta la sussistenza (trattasi, segnatamente, dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità e di quella derivante dalla perpetrazione di plurimi episodi di bancarotta), così giungendosi alla pena di anni cinque di reclusione; l’applicazione della riduzione conseguente alla scelta del rito, in fin e, aveva determinato la fissazione della pena finale in anni tre e mesi quattro.
2.1. La prima sentenza della Corte di appello si Ł limitata, poi. a ridurre la durata delle pene accessorie. Confermando nel resto le statuizioni assunte in primo grado
2.2. La Quinta Sezione di questa Corte ha annullato con rinvio tale sentenza, limitatamente alla bancarotta semplice ex art. 217 legge fai L
2.3. Con la sentenza ora impugnata, Ł stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui all’art 217 legge fall. e, consequenzialmente, Ł stata esclusa la sussistenza di una delle aggravanti (in altri termini, Ł stata ovviamente esclusa la ricorrenza della continuazione fallimentare) La pena, pertanto, Ł stata rideterminata nella misura di anni tre e mesi due di reclusione, muovendo dalla medesima pena base di anni quattro, come individuata in primo grado; l’aumento operato in relazione alla sola aggravante residua, ossia quella del danno patrimoniale di rilevante entità, ha comportato l’innalzamento della sanzione fino ad an n i quattro e mesi nove di reclusione e, infine, la riduzione per il rito ha portato alla determinazione della pena fin aie inflitta, come detto fissata in an n i tre e mesi due di reclusione.
2.4. Lamenta la difesa essersi verificata una riforma peggiorativa, visto che in primo grado era stato operato un aumento unitario pari a un anno, stante la ritenuta ricorrenza di due aggravanti; in assenza di indicazioni provenienti dal Giudice dell’udienza preliminare- in
ipotesi difensiva -tali aggravanti sarebbero state successivamente da considerare quali aumenti tra loro equivalenti, ossia di uguale entità. Una volta venuta meno una di esse, consequenzialmente, il precedente aumento unitario sarebbe stato da diminuire della metà rispetto alla precedente indicazione, dunque di mesi sei e non di mesi tre .
2 .5. Tale impostazione concettuale, però, trascura il fatto che l’aggravante residua- ossia, quella conseguente alla causazione di un d an n o di rilevante gravità, ex art 219 primo comma R.d. n. 267 del 1942Ł circostanza ad effetto speciale, comportando essa un incremento fino alla metà, laddove quella derivante dall’aver commesso piø fatti di bancarotta, ora travolta dalla declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di eu i all’art 217 legge fall , Ł circostanza comune.
Già il Giudice di primo grado, pertanto, avrebbe dovuto computare diversamente la pena finale, procedendo primariamente alla individuazione della pena base (come detto, fissata in a nn i quattro di reclusione); avrebbe poi dovuto disporre un incremento sanzionatorio, secondo il criterio previsto per l’aggravante ad effetto speciale e operare, solo successivamente, l’aumento per l’aggravante ordinaria, applicando infine la diminuente del rito (fra tante, con riferimento a questa modalità di computo della pena, si veda Sez. 2, n. n. 46210 del 03/10/2023, NOME COGNOME Rv. 285437- 01)
Il vu/nus del ragionamento difensivo, però, si annida già nel concetto dal quale esso trae origine, ossia nell’idea che alle due aggravanti sia stato attribuito, in primo grado, lo stesso peso ¨ infatti fallace- in carenza di un ancoraggio sicuro, al quale legare la già effettuata determinazione degli aumenti operati per le singole aggravanti – partire dal principio che le due circostanze abbiano avuto lo stesso rilievo, in punto di amplificazione del trattamento sanzionatorio.
¨ impropri o, dunque, dolersi del fatto eh e la avversata decisione sia il frutto della riespansione della discrezionalità, in tema di individuazione del peso da riconnettere alle singole circostanze aggravanti La Corte territoriale, infatti, ha legittimamente reinterpretato la quantificazione della pena operata in primo grado, attribuendo a ciascuna aggravante un dato coefficiente di i n ci denza, n ella com pie ssiva d e te rm in az i o n e de Il a pena ( trattasi di un procedimento che Ł conforme al principio di diritto fissato da Sez. U, n. 4091 O del 27/09/2005, COGNOME, Rv. 232066- 01, la quale ha chiarito come -in sede di giudizio di appello – il divieto di reformafio in peius, in presenza di impugnazione proposta dal solo imputato, non inerisca esclusivamente all’entità complessiva della pena, ma all’insieme degli elementi autonomi che concorrono alla determinazione della stessa) Ha anche correttamente considerato, la Corte distrettuale, la natura sicuramente piø grave della circostanza che ora residua, quale aggravante ad effetto speciale, rispetto alla continuazione fallimentare, ormai eliminata.
Giova anche ricordare come l’imputato, nel corso dei giudizi precedenti, non abbia mai mosso doglianza alcuna, in merito al mancato scorporo dell’aumento operato in relazione alle aggravanti e, dunque, non abbia mai posto il tema della mancata indicazione degli incrementi sanzion atori.
Tale opera di reinterpretazione, infine, Ł stata compiuta- ad opera dei Giudici di appello-
adottando un a struttura motivazi o n al e con gru ente ed esaustiva, oltre eh e l in e are e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, logica o infratestuale; una motivazione che non viene scalfita dalle deduzioni difensive e eh e m eri t a, quindi, di rimanere al riparo da qual siv ogl i a stigma, in sede di legittimità
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex /ege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processu ali
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così Ł deciso, 27/06/2025