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Calcolo pena delitto tentato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per un errore nel calcolo pena delitto tentato. Il caso riguardava la rideterminazione della pena per riciclaggio tentato aggravato e violenza privata. La Suprema Corte ha stabilito che la pena va calcolata partendo dal reato consumato, applicando prima gli aumenti per le aggravanti e solo dopo la diminuzione per il tentativo, annullando la decisione per mancanza di motivazione e violazione di legge.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calcolo Pena Delitto Tentato: La Cassazione Fissa i Criteri

La corretta determinazione della pena è un momento cruciale del processo penale, che deve seguire un iter logico preciso per garantire equità e rispetto della legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20050/2024, interviene proprio su questo tema, chiarendo l’esatto procedimento per il calcolo pena delitto tentato in presenza di circostanze aggravanti. La decisione annulla una sentenza della Corte d’Appello per carenza di motivazione e per aver seguito un percorso di calcolo errato, offrendo principi guida fondamentali per i giudici di merito.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale riguarda due imputati, condannati in via definitiva per i reati di violenza privata e tentato riciclaggio, quest’ultimo aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 c.p. (aggravante del metodo mafioso). La Corte di Cassazione, in un precedente giudizio, aveva annullato una parte della loro condanna, rinviando il caso a una nuova sezione della Corte d’Appello di Napoli unicamente per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio relativo ai reati per cui la responsabilità era divenuta irrevocabile.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva calcolato la pena partendo dal reato più grave (il tentato riciclaggio aggravato), fissando una pena base e poi applicando gli aumenti per l’aggravante e per la continuazione con gli altri reati. Tuttavia, i difensori degli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’assoluta mancanza di motivazione sui criteri di calcolo della pena base e la violazione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi, annullando la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinviando nuovamente alla Corte d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio sul punto. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le censure, evidenziando come la decisione impugnata fosse “assolutamente carente di motivazione in ordine ai criteri di calcolo” e viziata da un errore di diritto.

Le Motivazioni: Errore nel Calcolo Pena Delitto Tentato

Il cuore della decisione risiede nella metodologia errata seguita dalla Corte d’Appello. La Cassazione ribadisce un principio consolidato in giurisprudenza: quando si deve calcolare la pena per un delitto tentato in presenza di circostanze aggravanti, il giudice deve seguire un preciso ordine logico.

1. Individuazione della pena per il reato consumato: Il primo passo è determinare la cornice edittale del reato come se fosse stato consumato. All’interno di questa cornice, il giudice deve calcolare la pena base e applicare gli eventuali aumenti per le circostanze aggravanti contestate.
2. Applicazione della diminuzione per il tentativo: Solo dopo aver calcolato la pena per il “delitto circostanziato consumato”, si deve applicare la diminuzione prevista dall’art. 56 c.p. per il tentativo, che varia da un terzo a due terzi.

La Corte d’Appello, invece, ha invertito l’ordine: ha fissato una pena base direttamente per il “tentativo di riciclaggio”, senza spiegare come fosse giunta a tale quantificazione, e solo successivamente ha applicato l’aumento per l’aggravante. Questo procedimento è stato giudicato errato perché non permette di verificare la congruità della pena e il rispetto dei limiti edittali.

Conclusioni: L’Obbligo di Motivazione e il Corretto Iter Logico

La sentenza in esame riafferma con forza l’obbligo per il giudice di esplicitare in modo chiaro e comprensibile il percorso logico-giuridico seguito per determinare la pena. Un calcolo pena delitto tentato corretto non è solo una questione formale, ma una garanzia fondamentale per l’imputato, che ha il diritto di comprendere le ragioni della sanzione inflitta. Il giudice deve prima “costruire” la pena per il reato consumato e aggravato e solo alla fine “smontarla” con la riduzione per il tentativo. Questa pronuncia serve da monito per i giudici di merito, richiamandoli a una maggiore trasparenza e al rigoroso rispetto delle regole procedurali nel delicato compito della commisurazione della pena, sempre nel rispetto di principi cardine come il divieto di reformatio in peius.

Come si calcola la pena per un delitto tentato con circostanze aggravanti?
Il giudice deve prima determinare la pena per il reato come se fosse stato consumato, includendo gli aumenti per le aggravanti. Solo a questo risultato finale si applica la diminuzione di pena (da un terzo a due terzi) prevista per il tentativo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso?
La Cassazione ha annullato la sentenza perché la Corte d’Appello non ha seguito il corretto iter logico per il calcolo della pena. Ha fissato una pena base per il reato tentato senza spiegare come l’avesse determinata, e solo dopo ha applicato l’aumento per l’aggravante, invertendo l’ordine corretto e omettendo una motivazione adeguata.

Cosa succede dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione?
Il processo torna a un’altra sezione della Corte d’Appello, la quale dovrà emettere una nuova sentenza limitatamente al punto annullato (in questo caso, il trattamento sanzionatorio). Il nuovo giudice dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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