Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20050 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20050 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA a Napoli
NOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Cercola
avverso la sentenza 11/07/2022 della Corte di appello di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 maggio 2020 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma di quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di estorsione consumata (capo A), violenza privata e riciclaggio, così riqualificati gli ulteriori fatti di tentata estorsione di cui allo stesso capo d’imputazione.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 43067/2021 del 13 ottobre 2021, annullava senza rinvio detta decisione “perché i ricorrenti non hanno commesso il fatto” relativamente alla estorsione consumata di cui al capo A); dichiarava inammissibili i motivi di ricorso riguardanti le ulteriori condotte di tentat estorsione, già riqualificate dalla sentenza impugnata come due distinte ipotesi di violenza privata in continuazione (capo A), nonché quelli attinenti al tentativo di riciclaggio aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo B); rinviava ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per questi ultimi delitti, in ordine ai quali veniva dichiarata irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, decidendo quale giudice di rinvio, in riforma della sentenza del 10 giugno 2019 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, ritenuto più grave il delitto tentato e aggravato di riciclaggio di cui al capo B), rideterminava la pena per ciascun imputato in anni 3 e mesi 8 di reclusione ed euro 1.400 di multa, così calcolata:
pena base: anni 3, mesi 7, giorni 15 di reclusione ed euro 1.800 di multa;
aumentata di un terzo ad anni 4, mesi 10 di reclusione ed euro 2.400 di multa, per l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.;
aumentata ulteriormente, per la continuazione, ad anni 5, mesi 6 di reclusione ed euro 2.700 di multa, in ragione di mesi 4 di reclusione ed euro 150 di multa per ciascuno dei due reati satellite di tentata estorsione di cui al capo A);
ridotta infine per il rito ad anni 3, mesi 8 di reclusione ed euro 1.400 di multa.
Avverso detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione i difensori degli imputati.
3.1. Il difensore di COGNOME ha denunziato la mancanza assoluta di motivazione in ordine ai criteri di calcolo dell’entità della pena base per il tentativo del delitto di cui al capo B) ritenuto più grave, atteso che il colpevole del delitto tentato è punito con la pena stabilita per il delitto, diminuita da u terzo a due terzi.
3.2. Il difensore di COGNOME censura sia la mancanza di motivazione in ordine ai criteri di calcolo dell’entità della pena base per il delitto tentato di cui al c B) ritenuto più grave, sia la violazione del divieto di reformatio in peius quanto all’aumento di pena (anni 1 mesi 2 gg. 15) fissato per l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., asseritamente superiore a quello (anni 1) stabilito dal primo giudice.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare,
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi dei ricorsi di entrambi gli imputati sono fondati poiché il giudizio sul trattamento sanzionatorio operato dalla Corte di appello quale giudice di rinvio, è assolutamente carente di motivazione in ordine ai criteri di calcolo (oltre che attinto dal vizio di violazione di legge, rispetto al quale non vi sarebbe comunque interesse dei ricorrenti).
Va invero rimarcato che non è esplicitato alcun criterio di determinazione con riguardo alla pena-base per il delitto tentato e aggravato di riciclaggio di cui al capo B).
Peraltro, con riguardo al calcolo della pena nel delitto tentato, ferma restando la prescrizione dell’art. 56, secondo comma, secondo inciso, cod. pen., che prevede, in caso di tentativo, una diminuzione della pena da un terzo a due terzi, la giurisprudenza di legittimità richiede la preliminare individuazione della cornice edittale applicabile alla fattispecie consumata, tenendo conto delle circostanze accertate nella fattispecie concreta (Sez. 1, n. 7557 del 25/02/2021, Ouassafi, Rv. 280500; Sez. 4, n. 1611 del 21/06/1996, Raza, Rv. 205678; v. anche Sez. 1, n. 41491 del 21/10/2005, Picone, Rv. 232412), così da commisurare, entro tale ultima cornice edittale, la pena da irrogare in concreto, specificando la pena base e gli aumenti applicati per ciascuna circostanza aggravante.
Nel senso che, in caso di ricorrenza di circostanze aggravanti, la pena per il delitto tentato deve essere calcolata facendo riferimento al “delitto circostanziato tentato” e non al “delitto tentato circostanziato”, dovendosi cioè operare la diminuzione di pena prevista per il tentativo dopo aver calcolato gli aumenti per le circostanze aggravanti, siano esse ordinarie che ad effetto speciali o punite con pena autonoma.
Nel caso in esame, invece, la Corte di appello ha prima fissato direttamente la pena base per il tentativo di riciclaggio di cui al capo B) – senza affatto esplicitare peraltro le ragioni e il metodo di calcolo -, per poi aumentarla di un terzo per l’aggravante ex art. 416.1 bis cod. pen. e infine per la continuazione per i due reati satellite di cui al capo A).
La corretta operazione di determinazione del trattamento sanzionatorio imponeva, viceversa, la individuazione della cornice edittale della fattispecie
consumata, tenendo conto dell’aggravante, e poi della fattispecie tentata, applicando la riduzione di pena nella misura prevista fra un minimo e un massimo dall’art. 56, comma secondo, secondo inciso, cod. pen.
Entro tale cornice la Corte di appello avrebbe dovuto operare la commisurazione della pena, con congrua motivazione quanto ai criteri determinativi della pena-base e quindi agli aumenti eventualmente operati, procedendo nel concreto ordine logico indicato, con il limite, in ragione del divieto di reformatio in peius ove nella specie operante – delle pene già ritenute di giustizia dal primo giudice, anche con riferimento agli aumenti per la circostanza aggravante.
Va dunque pronunciato l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 10/04/2024