Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34736 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34736 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le note di replica del difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11 gennaio 2024 il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza di riconoscimento della continuazione proposta da NOME COGNOME relativamente alle seguenti sentenze del Tribunale reggino:
15 dicembre 2020, confermata dalla Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 12 ottobre 2021, irrevocabile il 9 novembre 2022;
16 febbraio 2022, confermata dalla Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 25 ottobre 2022, irrevocabile il 12 luglio 2023.
Ritenuto più grave il reato di cui alla seconda sentenza, ha determiNOME l’aumento di pena, per il reato di cui alla prima sentenza, nella misura di un anno, due mesi di reclusione e 100 euro di multa.
Ha poi precisato che, per l’effetto, «la pena complessiva per i reati accertati con i titoli sopra richiamati deve determinarsi in un anno di reclusione ed euro cento di multa ridotta, per l’applicazione per la diminuente per il rito scelto in entrambi i procedimenti, alla pena finale di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro quattrocento di multa».
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione.
Ha evidenziato come, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione, la pena inflitta in sede di cognizione per il reato di cui alla prima sentenza (prima della diminuzione per il rito abbreviato), ossia quello unificato in continuazione a quello più grave di cui all’altro provvedimento, era stata quella di un anno e nove mesi di reclusione e 150 euro di multa, non di tre anni e sei mesi di reclusione e 300 euro di multa.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, non ha considerato la riduzione della pena per la fattispecie del tentativo.
Per effetto di tale erroneo assunto, il giudice avrebbe determiNOME, quindi, un aumento a titolo di continuazione assumendo come parametro una pena pari al doppio di quella effettivamente inflitta con la sentenza in sede di cognizione.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore ha depositato note di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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1. Il ricorso è infondato.
Dalla stessa prospettazione del ricorrente non risultano i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione promiscuamente eccepiti.
Invero, si sostiene, ferma restando, la mancanza di qualsiasi contestazione in ordine alla determinazione della pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per il reato più grave di cui alla sentenza del 16 febbraio 2022 (sub 2)), che vi sarebbe stata un’errata indicazione dell’entità della pena inflitta in sede di cognizione per il reato unificato in continuazione, ovvero anni tre, mesi sei di reclusione e 300 euro di multa.
Tale pena, in realtà, era quella fissata dal giudice per il delitto consumato e, vertendosi in tema di tentativo, la stessa era stata ridotta a un anno e nove mesi di reclusione e 150 euro di multa e, infine, di un ulteriore terzo per il rito, e quindi, un anno e due mesi di reclusione e 100 euro di multa.
Pertanto, prima della riduzione per il rito, sempre seguendo la ricostruzione del ricorrente, la pena era quella di un anno e nove mesi di reclusione e 150 euro di multa.
Dopo avere richiamato il principio affermato da questa Corte in punto di modalità di applicazione della riduzione per il rito abbreviato all’esito dell’applicazione delle riduzioni per le circostanze attenuanti generiche e dell’aumento ex art. 81 cod. pen. (principio che, invero, nel caso di specie, non risulta, in alcun modo, violato), il ricorrente ha concluso lamentando che «il giudice dell’esecuzione ha erroneamente fatto riferimento alla pena ritenuta dal giudice della cognizione prima della riduzione applicata e prevista per il tentativo e conseguentemente applicato per la continuazione un aumento di pena logicamente doppio rispetto o comunque superiore a quello che avrebbe dovuto essere se avesse considerato entità della pena precedente all’applicazione della diminuente per il rito».
La censura è destituita di fondamento in quanto il giudice dell’esecuzione ha determiNOME, a titolo di continuazione, una pena di gran lunga inferiore a quella fissata in sede di cognizione, se si considera che l’aumento effettivo, conclusivamente, è stato pari a otto mesi di reclusione in luogo di un anno e due mesi.
Lungi dal contestare i criteri di calcolo o la misura dell’aumento della pena in continuazione, il ricorrente ha ravvisato i vizi del provvedimento nel fugace riferimento contenuto nella motivazione dell’ordinanza alla pena base per il reato consumato (riferimento che, peraltro, scompare nella parte dispositiva nella quale è stata spiegata l’entità della pena concretamente inflitta a titolo di
aumento).
Si tratta di profilo che, per le ragioni indicate, non ha determiNOME a vizio dell’ordinanza e che, pertanto, non può trovare accoglimento.
Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/05/2024