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Calcolo pena continuazione: Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato relativo al calcolo pena continuazione tra più sentenze. Il ricorrente contestava gli aumenti per i reati satellite, ma la Corte ha ritenuto corretto l’operato del Giudice dell’esecuzione, che aveva utilizzato come pena base quella più grave e confermato gli aumenti di pena già stabiliti in un precedente provvedimento, giudicando il ricorso manifestamente infondato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calcolo pena continuazione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il calcolo pena continuazione è un tema cruciale nella fase esecutiva del processo penale. Questo istituto permette di unificare più condanne sotto un unico ‘disegno criminoso’, portando a una pena complessiva inferiore alla somma aritmetica delle singole condanne. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 11537/2024) ha ribadito i criteri di correttezza di tale calcolo, dichiarando inammissibile il ricorso di un condannato che ne contestava le modalità. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati.

I fatti del caso

Il caso nasce dalla richiesta di un condannato di vedere applicato l’istituto della continuazione tra tre sentenze già unificate in precedenza e una quarta, successiva. La Corte d’Appello di Napoli, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza, procedendo a un nuovo calcolo della pena complessiva.

Tuttavia, il condannato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. La doglianza si concentrava sull’entità degli aumenti di pena stabiliti per i cosiddetti ‘reati satellite’, ovvero quelli meno gravi collegati al reato principale.

Il corretto Calcolo pena continuazione secondo i Giudici

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, definendolo inammissibile perché basato su censure ‘manifestamente infondate, aspecifiche e non consentite’. I giudici supremi hanno validato l’operato della Corte d’Appello, spiegando perché il calcolo della pena fosse stato eseguito correttamente.

Il Giudice dell’esecuzione aveva seguito scrupolosamente il principio sancito dall’art. 187 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. In pratica, il procedimento è stato il seguente:

1. Individuazione della pena base: È stata identificata la pena più grave tra tutte le sentenze coinvolte. In questo caso, si trattava di quella inflitta con la quarta sentenza (8 anni di reclusione).
2. Determinazione degli aumenti: Per i reati satellite, il giudice non ha effettuato un calcolo ex novo, ma ha mantenuto gli stessi aumenti di pena già determinati in un precedente provvedimento di unificazione (3 anni e 4 mesi di reclusione, più una multa). Si è limitato a ricalcolare, nella stessa misura, l’aumento per il reato giudicato con l’ultima sentenza coinvolta nell’unificazione.

Secondo la Cassazione, questo metodo è del tutto corretto e non presenta alcun vizio logico o giuridico.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto che il ricorso non individuasse un reale errore di diritto, ma si limitasse a contestare una valutazione di merito del giudice dell’esecuzione, che rientra nella sua discrezionalità. Il Giudice dell’esecuzione aveva correttamente applicato le norme, partendo dalla violazione più grave e aggiungendo aumenti congrui per le altre, mantenendo peraltro un’impostazione già cristallizzata in un precedente provvedimento. L’operato è stato giudicato coerente e immune da censure. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

La decisione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono ridiscutere le valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, se queste sono state effettuate nel rispetto della legge e con una motivazione logica. Per un corretto calcolo pena continuazione, il giudice deve individuare la pena base più grave e applicare aumenti congrui, potendo anche confermare quelli già stabiliti in precedenti unificazioni. La dichiarazione di inammissibilità comporta, per il ricorrente, non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

Come si calcola la pena quando più reati sono uniti dalla continuazione?
Si identifica il reato punito con la pena più grave (reato principale) e si assume quella come pena base. Successivamente, si applicano degli aumenti di pena per ciascuno degli altri reati (reati satellite), in una misura inferiore a quella che sarebbe stata inflitta se fossero stati giudicati separatamente.

Per quale motivo il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato, aspecifico e non consentito. Il condannato non ha evidenziato un errore di diritto, ma ha tentato di contestare una valutazione di merito del giudice, che è insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.

Qual era la critica principale mossa dal ricorrente riguardo al calcolo della pena?
Il ricorrente criticava l’entità degli aumenti di pena applicati per i reati satellite, ritenendo che vi fosse stata un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione nel modo in cui erano stati determinati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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