Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47340 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47340 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GALATINA il 27/11/2000
avverso la sentenza del 24/01/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che conclude riportandosi alla requisitoria già depositata, chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al calcolo della pena detentiva, con rideterminazione ai sensi dell’art. 620 lett.1 cod. proc. pen. e, nel resto, il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. COGNOME che conclude riportandosi ai motivi di ricorso, dei quali chiede raccoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio 2024 la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma di quella emessa il 13 dicembre 2022 dal Tribunale della stessa città, ha rideterminato in nove anni di reclusione e 800 euro di multa la pena inflitta ad NOME COGNOME per i reati di tentato omicidio aggravato e porto in luogo pubblico di arma da guerra aggravato.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico, complesso motivo, con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione.
Ascrive, da un canto, alla Corte di appello di avere operato, per effetto della sua opzione per il rito abbreviato, una riduzione inferiore a quella normativamente prevista e di avere, per di più, illegittimamente applicato una pena congiunta, a titolo di aumento per la continuazione rispetto a reato base punito con la sola sanzione detentiva.
Si duole, sotto altro aspetto, del rigetto del motivo di appello vertente sulla concessione delle circostanze attenuanti generiche che, sostiene, egli avrebbe meritato in ragione della positiva evoluzione della sua personalità, attestata dal contegno serbato nel processo e concretatosi anche nella rinuncia ai motivi di impugnazione in punto di responsabilità e qualificazione giuridica dei fatti, del quale la Corte di appello ha tenuto conto al solo fine di contenere, rispetto a quanto statuito dal primo giudice, la misura della pena per il più grave reato di tentato omicidio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La censura che attiene al diniego delle circostanze attenuanti generiche è infondata.
Il ricorrente, invero, nel rivendicare di avere tenuto un comportamento processuale collaborativo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e più favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall’ipotizzato travisamento della prova.
Premesso che è pacifico, in giurisprudenza, che «In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello
ha indicato, alle pagg. 1-2 della motivazione della sentenza impugnata, le modalità della condotta che, per la loro assoluta gravità, precludono l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, riferendosi specificamente all’utilizzo di una micidiale arma da guerra (una mitraglietta Skorpion) illegalmente portata in luogo pubblico in una azione di fuoco idonea a cagionare potenzialmente, stante l’esplosione di ben diciotto colpi, un elevato numero di vittime e che per mero caso non ha sortito esiti tragici.
I giudici di merito hanno, al contempo, stimato l’incompatibilità dell’invocata mitigazione del trattamento sanzionatorio con l’elevata capacità a delinquere palesata da NOMECOGNOME mostratosi del tutto privo di freni inibitori e protagonista di una condotta processuale non esente da pecche, come attestato dall’avere egli tentato, grazie all’ausilio di emissari, di condizionare le dichiarazioni delle persone offese.
Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all’interno della fisiologica discrezionalità e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimità non può compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali.
Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui «Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente» (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269) e «In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la “ratio” della disposizione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti» (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826).
Le doglianze vertenti sulla determinazione del trattamento sanzionatorio sono invece, fondate, atteso:
che, stabilita la pena, al lordo della riduzione per il rito abbreviato, in dodic anni di reclusione, alla sottrazione del terzo prevista dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. avrebbe dovuto conseguire la fissazione della pena detentiva finale in otto, anziché nove, anni di reclusione;
– che, essendo prevista, per il più grave reato di tentato omicidio, la soia pena detentiva, l’aumento per la continuazione con quello satellite, sanzionato con pena congiunta, avrebbe dovuto essere circoscritto alla sola reclusione, in ossequio al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui «Una volta ritenuta la continuazione tra più reati, la determinazione della pena deve essere operata aumentando fino al triplo la pena per la violazione più grave indipendentemente dal fatto che per i reati minori siano previste pene di specie e natura diverse» (Sez. 1, n. 15986 del 02/04/2009, COGNOME Rv. 243174 – 01; Sez. 1, n. 28514 del 04/06/2004, COGNOME Rv. 228849 – 01), non essendo consentita, invece, l’irrogazione, a titolo di aumento, della multa.
Dalle precedenti considerazioni discende l’annullamento, limitatamente ai profili segnalati, della sentenza impugnata e, versandosi in ipotesi senz’altro sussumibile nell’ambito applicativo dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., l rideterminazione della pena mediante eliminazione dei vizi riscontrati e, quindi, in otto anni di reclusione (pena base: undici anni di reclusione, aumentata per la continuazione sino a dodici anni di reclusione, ridotta di un terzo per la scelta del rito)’
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che determina in anni otto di reclusione.
Rigetta nel resto.ite Così deciso il 15/10/2024.