Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15158 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15158 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 23/10/1993
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 18 ottobre 2024, la Corte d’appello di Messina, in parzial riforma della decisione del Tribunale di Messina, ha ritenuto NOME responsabi del reato di cui agli artt. 110, 624-bis e 625, n. 2, cod. pen. e ha ridetermi pena in anni cinque di reclusione ed euro 1.000 di multa.
Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’ar comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge e vizio di motivazion atteso che la sentenza impugnata avrebbe fondato il giudizio in ordine a
sussistenza della contestata recidiva unicamente sui precedenti penali dell’imputato, senza valutare la personalità del reo né il grado di colpevolezza del medesimo.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizio di violazione di legge atteso che, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale, pur riconoscendo che, in presenza di due aggravanti ad effetto speciale (art. 99, comma 2 e 625, n. 2 cod. pen.), operava il criterio moderatore di cui all’art. 63, comma 4, cod. pen., avrebbe applicato l’aumento per la recidiva in misura superiore a quello consentito da detta disposizione.
2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di violazione di legge in quanto la sentenza impugnata avrebbe applicato l’aumento di pena per la recidiva in misura superiore a quella determinata dal giudice di primo grado, in tal modo violando il principio del divieto di reformatio in pejus.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in accoglimento del terzo motivo di ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
Il primo motivo, concernente il riconoscimento della recidiva, è infondato.
La sentenza impugnata si è fedelmente attenuta al consolidato principio di diritto (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263464; Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, COGNOME, Rv. 248960), secondo cui, ai fini della rilevazione della recidiva, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, alla loro distinta offensività, alla consecuzione temporale, alla genesi della ricaduta, nonché ad ogni parametro significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Nel riconoscere l’aggravante, strettamente inerente alla persona del colpevole, la sentenza stessa non si è infatti attestata sui soli precedenti penali dell’imputato, ma li ha posti in relazione con le rinnovate condotte delittuose, – omogenee per tipo d’illecito, inappuntabilmente giudicate come espressione di «una particolare ed k., elevata capacità a delinquere», da intendere come persistenza di stimoli criminogeni e, quindi, di una perdurante inclinazione al delitto, che parallelamente giustifica l’accresciuto rigore sanzionatorio.
Siffatta motivazione, palesemente esente da vizi del ragionamento logico, è
incensurabile in questa sede.
3. Il secondo motivo è fondato con assorbimento del terzo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è da considerare illegale, ab origine,
la pena che risulti diversa, per specie, da quella che la legge stabilisce per quel certo reato, ovvero risulti inferiore o superiore, per quantità, ai relativi limiti edittali (
tante, Sez. U, n. 5352 del 28/09/2023, dep. 2024, Rv. 285851 – 01, in motivazione;
Sez. 6, n. 32243 del 15/07/2014, COGNOME, Rv. 260326; Sez. 6, n. 22136 del
19/02/2013, COGNOME Rv. 255729; Sez. 2, n. 20275 del 07/05/2013, COGNOME, Rv.
255197); esula invece dalla relativa nozione la sanzione che, senza fuoriuscire da quegli ambiti, sia solo determinata sulla base di un percorso argonnentativo viziato
(in ordine alle variazioni quantitative imputabili alle circostanze, e più in generale ai
«passaggi intermedi»: cfr. Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266080).
Una situazione d’illegalità, nei termini appena definiti, si riscontra nel caso in esame, in cui, a prescindere dal risultato finale, la pena base per il reato aggravato
di cui all’art. 624-bis e 625, n. 2, cod. pen., rideterminata in anni cinque di reclusione ed euro 1.000 di multa, è stata aumentata per effetto della recidiva, applicando il criterio moderatore di cui all’art. 63, comma 4, cod. pen., ad anni sette e mesi sei di reclusione ed euro 1.500 di multa. In tal modo, la Corte d’appello, al ricorrere di due aggravanti ad effetto speciale, ha applicato un aumento superiore al limite di un terzo fissato dal richiamato art. 63, comma 4, così determinando una pena che certamente fuoriesce dal sistema sanzionatorio delineato dal codice penale e ne comporta pertanto l’illegalità.
Il provvedimento impugnato deve essere quindi annullato, con rinvio alla Corte d’appello limitatamente alla commisurazione della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla commisurazione della pena con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Rigetta nel resto il ricorso.
Così è deciso, 29/01/2025