Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7508 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7508 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 33946/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRESCIA il 20/06/1963 avverso la sentenza del 05/03/2024 della Corte d’Appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che conclude chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla pena e l’inammissibilità nel resto. uditi i difensori :
L’avvocato COGNOME COGNOME del foro di Brescia in difesa di COGNOME NOME COGNOME (p.c.) anche in qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME in difesa di COGNOME (p.c.) si riporta alle conclusioni scritte che deposita all’odierna udienza;
L’avvocato COGNOME NOME del foro di Brescia in difesa di COGNOME NOME conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Brescia con sentenza emessa in data 8 marzo 2021 ha affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME per il delitto di incendio doloso pluriaggravato di cui al capo di imputazione (fatto commesso in data 6 giugno 2018, intorno alle ore 4.30).
La pena veniva così determinata: pena base pari ad anni tre di reclusione, con l’ aggravante della destinazione ad abitazione anni quattro, con le due ulteriori aggravanti dei motivi futili e della minorata difesa anni cinque di reclusione.
In fatto, gli elementi a carico del COGNOME, quale autore della intrusione nella abitazione della COGNOME NOME COGNOME – con innesco dell’incendio all’interno della camera da letto – vengono indicati in:
-le immagini di una videocamera che hanno consentito di ricostruire l’ingresso abusivo di un soggetto travisato (che portava uno strumento metallico ed una bottiglietta) nel giardino della abitazione alle 4.34 del 6 giugno 2018;
-il rinvenimento nella abitazione dell’imputato di una maglietta con disegno mimetico militare del tutto analoga a quella indossata dal soggetto che si era introdotto nel giardino della abitazione
della COGNOME;
-le videoriprese relative al passaggio, pochi minuti prima della introduzione furtiva del soggetto travisato, in una strada adiacente, di una utilitaria (a fari spenti) identificata – per alcuni dettagli nella Nissan Micra in uso al COGNOME (costui ha affermato, peraltro, di essersi recato in zona quella notte ma per diverso motivo, rappresentato dal parto di una capretta all’interno del suo allevamento di cavalli). La medesima autovettura veniva inquadrata in direzione inversa alle 4.45;
-la assenza di altri passaggi di auto in momenti antecedenti all’innesco dell’incendio;
-la ricostruzione del movente (esistenza di un forte attrito per ragioni di vicinato tra il Fausti e la COGNOME, in virtø di infiltrazioni di acqua che provenivano dalla terrazza del Fausti).
La Corte di Appello di Brescia con sentenza emessa in data 5 marzo 2024 ha confermato la decisione del Tribunale.
In motivazione si ribadisce la congruità della ricostruzione indiziaria che ha portato ad identificare l’autore del fatto nel Fausti. Si ritiene, inoltre, corretta e ben argomentata la commisurazione della pena.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOMECOGNOME Il ricorso Ł affidato a quattro motivi.
3.1 Al primo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ricostruzione del fatto ed alla identificazione dell’imputato quale autore della condotta.
Si contesta la valenza di ogni singolo indizio a carico, con tendenziale riproduzione deli temi portati alla attenzione della Corte di Appello. Secondo la difesa su ogni segmento indiziario incidono possibili spiegazioni alternative che impediscono la ricostruzione del fatto nei termini di cui alle decisioni di merito.
3.2 Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione in punto di ricostruzione del preteso movente dell’azione delittuosa, nonchØ in rapporto alla aggravante dei motivi futili.
Le decisioni di merito avrebbero ‘sposato’ in modo del tutto acritico la versione della parte civile, che ha riferito di molestie mai denunciate prima. Quanto al tema dei lavori per le infiltrazioni, sarebbe illogico ritenere la condotta incendiaria una ‘ritorsione’ in rapporto ad iniziative legali contrapposte.
3.3 Al terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Le doglianze sono state respinte, si afferma, con una mera clausola di stile.
3.4 Al quarto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alle modalità di determinazione della pena.
La Corte di Appello, nel ritenere congrua la misura di incremento per le circostanze aggravanti – per come determinata in primo grado – commette un errore percettivo molto evidente perchØ indica gli ultimi due aumenti in tre mesi di reclusione lì dove sono stati quantificati in un anno di reclusione (sei mesi + sei mesi) .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato limitatamente ai contenuti del quarto motivo.
Il primo motivo Ł inammissibile perchØ reiterativo di doglianze congruamente apprezzate in sede di merito.
La Corte di secondo grado ha dato conto senza alcun vizio logico della «attitudine indicativa» di ciascun elemento indiziario, con piena aderenza al paradigma normativo di cui all’art.192 comma 2 cod.proc.pen., specie considerando :
la anomala presenza alle ore 4.30 del mattino (in concomitanza con l’ingresso abusivo della ‘sagoma’ nella abitazione della COGNOME e del conseguente incendio) del COGNOME NOME in zona
ammessa dallo stesso imputato ma giustificata da un evento (il parto della capretta) di cui non Ł stata fornita alcuna traccia dimostrativa;
l’assenza di altri passaggi di vetture in quel frangente temporale, che restringe in modo decisivo le ipotesi alternative di spiegazione del fatto;
la identità tra il capo di abbigliamento indossato dalla ‘sagoma’ e quello rinvenuto presso l’abitazione del Fausti, che va valutata in ragione della compresenza di altri elementi indizianti e contribuisce ulteriormente alla ricostruzione probatoria nel modo espresso dalle due decisioni di merito.
Quanto al secondo motivo, ne va dichiarata la infondatezza.
La ricostruzione del dissidio insorto tra la COGNOME e il COGNOME Ł essenzialmente basata sulla narrazione della prima, ma da ciò non deriva alcun vizio logico.
Non sono emerse ragioni di scarsa attendibilità della teste, nØ può ritenersi tale la mancata denunzia di sporadiche molestie (non essendo certo obbligatorio denunziare simili accadimenti). Da ciò deriva che il narrato – convalidato dalla stessa sequenza degli accadimenti – Ł stato posto in modo del tutto coerente alla base di un inquadramento del movente che denota la tendenza aggressiva del COGNOME, tale da integrare la futilità del motivo da cui Ł derivata l’azione criminosa.
Il terzo motivo Ł parimenti infondato.
In sede di legittimità la verifica circa la congruità della motivazione posta a sostegno del diniego delle circostanze attenuanti generiche muove da una considerazione in diritto, che Ł bene rievocare. Va ricordato, sul punto, che le circostanze attenuanti atipiche, introdotte dal decreto legislativo luogotenenziale n. 288 del 14.9.’44, rappresentano uno strumento di individualizzazione della risposta sanzionatoria lì dove sussistano – in positivo – elementi del fatto o della personalità, tali da rendere necessaria la mitigazione, ma non previsti espressamente da altra disposizione di legge.
L’applicazione della norma necessita – pertanto – di un substrato cognitivo e di una adeguata motivazione, nel senso che Ł da escludersi l’esistenza di un generico potere discrezionale del giudice di riduzione dei limiti legali della sanzione, dovendo di contro apprezzarsi e valorizzarsi un «aspetto» del fatto o della personalità risultante dagli atti del giudizio e tale da comportare una necessità di riduzione della sanzione (tra le molte, v. Sez. III n. 24128 del 18.03.2021, rv 281590).
Da qui, stante l’ampia tipizzazione di fattori circostanziali da un lato e la necessità di ancorare l’applicazione della norma ad un preciso indicatore di minor disvalore del fatto-reato dall’altro, Ł derivato il filone interpretativo che individua nelle categorie generali descritte nell’art. 133 cod.pen. il principale ‘serbatoio’ di ipotesi e punti da valutare, capace di razionalizzare e rendere controllabile la valutazione del giudicante. Gli aspetti della «gravità del reato» (art. 133 co.1) e della «capacità a delinquere del colpevole» (art. 133 co.2) restano pertanto gli indicatori essenziali cui ancorare anche la particolare valutazione postulata dall’art. 62 bis cod.pen. .
Del tutto legittima, pertanto, Ł la valutazione sotto diversi profili (commisurazione della pena nell’ambito edittale e riconoscimento o negazione delle attenuanti generiche) della stessa situazione di fatto, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato piø volte per distinti fini e conseguenze (tra le molte, Sez. I n. 1376 del 28.10.1997, rv 209841).
Vi Ł pertanto, in caso di diniego, adeguata motivazione e legittimo esercizio del potere discrezionale spettante al giudice del merito, con insindacabilità della valutazione operata, lì dove venga apprezzato in concreto un aspetto del fatto o della personalità tale da rappresentare un ostacolo alla mitigazione della sanzione, nØ risultino trascurati altri aspetti portati alla attenzione del giudice.
Nel caso qui in esame non sono emersi fattori di mitigazione correlati a specifici elementi di fatto, sicchŁ la motivazione del diniego non può dirsi meramente formale.
Il quarto motivo, come si Ł detto, Ł fondato.
Appare evidente il vizio percettivo in rapporto alla incidenza delle circostanze aggravanti dei futili motivi e della minorata difesa. La Corte di secondo grado, in motivazione, ritiene congrua la pena indicando in modo espresso l’entità degli aumenti in complessivi tre mesi lì dove la incidenza ‘reale’ (in rapporto a quanto affermato in primo grado) di dette aggravanti Ł pari ad un anno.
Da ciò deriva una obiettiva necessità di riesame del punto, affidata al giudice del rinvio.
Il rigetto del ricorso in punto di responsabilità comporta – in ogni caso – la condanna del COGNOME alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia. rigetta il ricorso nel resto. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME e COGNOME che liquida in complessivi euro 3.600,00 (tremilaseicento) cadauna, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 03/12/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME