Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21578 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Francavilla Fontana il 31/05/1963;
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce del 04/05/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al calcolo della pena ed il rigetto del ricorso per il resto;
sentito l’avv. NOME COGNOME quale sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME in rappresentanza del Comune di Mesagne, che ha insistito per il rigetto del ricorso riportandosi alle conclusioni scritte depositate unitamente alla nota spese;
sentito il difensore avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce, decidendo sull’appello proposto dall’imputato NOME COGNOME ha confermato quella pronunciata dal Tribunale di Brindisi in data 30 marzo 2016 con la quale il predetto era stato dichiarato colpevole dei reati di detenzione, acquisto e porto di armi ed ordigni esplosivi commessi nel 2011 (di cui ai capi nn.1, 2, 3, 4 -in quest’ultimo assorbito di cui al capo n.5 perché contestato in fatto – e 6 della rubrica) e ritenuti gli stessi avvinti dal vincolo della continuazione tra loro e con quelli giudicati con la sentenza del Tribunale di Brindisi del 14 dicembre 2012, considerata altresì la contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di anni quattro di reclusione in aumento rispetto alla pena di anni otto di reclusione, irrogata con la predetta sentenza del Tribunale di Brindisi, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite. In particolare, l’imputato è st ritenuto responsabile di avere commesso i reati contestatigli per conto della associazione mafiosa denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, quale referente per la città di Francavilla Fontana dell’ala di Mesagne del predetto sodalizio mafioso.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc:. pen., insiste per l’annullamento della stessa.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. ed il relativo vizio di motivazione; sostiene l’avvenuta violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza ed osserva che la contestazione di cui ai capi nn.1, 2, 3 e 4 è in totale contrasto con la motivazione della sentenza impugnata.
2.2. Con il secondo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt.125 e 192 del codice di rito rispetto al mancato rilevamento della totale inattendibilità dei collaboratori di giustizia che hanno accusato il COGNOME, stante l’assenza di riscontri oggettivi rispetto alle loro dichiarazioni.
2.3. Con il terzo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125 e 192 del codice di rito ed il relativo viz di motivazione con riferimento ai capi di imputazione nn. 3, 4 e 5 per travisamento della prova.
2.4. Con il quarto deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt.157,161, 99, comma 4, e 648 cod. pen. ed osserva che il delitto di ricettazione era già prescritto al momento della celebrazione del processo di primo grado poiché il termine prescrizionale doveva farsi decorrere al momento prossimo alla consumazione del delitto presupposto (26 maggio 2007) e che a tale data non poteva configurarsi la contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 1,2 e 4 I. 895/67 ed il relativo vizio di motivazione stante l’assenza di prova della sua responsabilità per il reato sub 1) in ordine alla cessione delle armi contestatagli.
2.6. Con il sesto deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 99, 133, 62-bis e 81 cod. pen. e dell’art.7 d.l. 152/1991. Al riguardo evidenzia che la recidiva specifica non poteva essere contestata senza una precedente dichiarazione in tal senso in una sentenza e che la sentenza impugnata ha omesso di motivare in ordine alla consapevolezza dell’imputato di agevolare con le propria condotta il sodalizio criminale; inoltre, il ricorrente osserva che la Corte di appello non ha indicato gli aumenti di pena per i singoli reati satellite ed ha negato le circostanze attenuanti generiche limitandosi a richiamare i precedenti penali del COGNOME.
2.7. Con il settimo motivo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), d) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt.603 e 197-bis cod. proc. pen. per non avere disposto un nuovo esame dei coimputati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che si erano avvalsi della facoltà di non rispondere ai sensi degli artt.210 e 503 del codice di rito.
2.8. Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 185 cod. pen., 74, 528 e 541 cod. proc. pen. per carenza di motivazione in merito al riconoscimento del
risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite con particolare riferimento al Comune di Mesagne che non era coinvolto in nessun modo nelle attività contestate al COGNOME.
Il difensore del ricorrente ha depositato articolata memoria difensiva contenente motivi nuovi con cui si articolano le censure già dedotte con il ricorso principale, tra cui quella afferente la sussistenza al momento del tempus commissi delicti della condizione di recidivo nella forma aggravata ai fini del computo prescrizionale e la circostanza per cui la condizione di recidivo si evincerebbe dal casellario giudiziario per fatti successivi a quello oggetto di contestazione nella sentenza impugnata.
Il procedimento, originariamente fissato per l’udienza dell’Il ottobre 2023, è stato rinviato per legittimo impedimento del difensore.
Il Comune di Mesagne, costituito parte civile, ha depositato memoria con le proprie conclusioni ed allegata nota spese.
Alla udienza di discussione le parti hanno concluso nei termini sopra indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei limiti appresso indicati.
In particolare l’impugnazione va accolta limitatamente alla lamentata mancata indicazione dell’aumento di pena per i singoli reati satellite (oggetto del sesto motivo) in quanto, effettivamente, la Corte territoriale – nel confermare la decisione di primo grado rispetto alla responsabilità dell’odierno ricorrente per i reati di detenzione, acquisto e porto di armi ed ordigni esplosivi commessi nel 2011 e ritenuti gli stessi avvinti dal vincolo della continuazione tra loro e con quelli giudicati con la sentenza del Tribunale di Brindisi del 14 dicembre 2012 ha condannato NOME COGNOME alla pena complessiva di anni quattro di reclusione in aumento rispetto alla pena di anni otto di reclusione (irrogata con la predetta sentenza del Tribunale di Brindisi) senza, però, indicare gli aumenti per i singoli reati satellite.
Al riguardo va ricordato che in tema di reato continuato, non è sufficiente per la legalità del calcolo determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla
legge – pari al triplo della pena base – dovendo il giudice, nella motivazione, dare conto delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per i singoli reati satellite. (Sez. U, Sentenza n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263716 – 01, Stabile; Sez. 4, Sentenza n. 28139 del 23/06/2015, Rv. 264101 – 01).
Risulta invece inammissibile, per carenza di un concreto interesse, la censura (contenuta nel sesto motivo) riguardante la recidiva atteso che la Corte territoriale ha determinato la pena in continuazione rispetto alla sopra indicata sentenza del Tribunale di Brindisi del 14 dicembre 2012, senza tenere conto della contestata recidiva nel suddetto calcolo.
Quanto alle altre censure (compresi i motivi aggiunti) deve evidenziarsi che con l’impugnazione in sostanza vengono riproposte quelle contenute nell’appello senza, però, che il ricorrente si confronti in modo specifico con il ragionamento logico e giuridico svolto dalla Corte territoriale per respingerle.
4.1. Invero, rispetto al primo motivo, la Corte di appello d,1 Lecce ha escluso la lamentata violazione dell’art.521 del codice di rito osservando – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – che il primo giudice non aveva affermato che fosse stato NOME COGNOME (genero del COGNOME) a consegnare le armi , ma che invece egli le aveva conservate per conto dell’odierno ricorrente; pertanto, non vi era stata alcuna contraddizione rispetto all’imputazione sub 4) nella quale era indicato che il COGNOME conservava le armi e che le stesse erano state consegnate dal coimputato NOME COGNOME – per il tramite di altri – a COGNOME Maurizio, NOME COGNOME e NOME COGNOME
4.2. Con riferimento al secondo, terzo e quinto motivo / deve ricordarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” (come nel caso di specie, fatta eccezione per il riconoscimento delle attenuanti di cui all’art.62-bis cod. pen.) e l’intangibilità della valutazio
nel GLYPH merito GLYPH del GLYPH risultato GLYPH probatorio GLYPH (ex GLYPH multis GLYPH Cass. Sez. 5, Sentenza n.48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Orbene, come chiarito in seguito, le critiche esposte dal ricorrente – pur lamentando il vizio della motivazione apparente ed illogica – riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, quindi il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità.
4.3. In particolare la Corte di appello, con motivazione adeguata e non contraddittoria, ha confermato il giudizio di penale responsabilità del COGNOME escludendo anzitutto il lamentato contrasto tra quanto dichiarato da NOME COGNOME ed altri collaboratori di giustizia (in particolare NOME COGNOME, poiché le armi delle quali aveva parlato il COGNOME non erano le stesse di cui avevano riferito gli altri collaboratori, come dimostrato dalla circostanza obiettiva che esse afferiscono a due diversi capi di imputazione.
E’ costante, infatti, l’ insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logicogiuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura d’ei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa (si veda, ex multis, Sez. VI n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178). Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento ( Sez. U., n. 24 del 24/11/1999 Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre, la Corte distrettuale ha evidenziato che le dichiarazioni del COGNOME coincidevano con quelle rese da NOME COGNOME il quale aveva confermato che il COGNOME era il referente per Francavilla Fontana del gruppo mesagnese della
Sacra Corona Unita (con a capo NOME Giuseppe COGNOME) e che il suo compito era quello di procurare le armi al sodalizio. NOME COGNOME dal canto suo, aveva riferito che l’odierno ricorrente, nell’ottobre 2010, gli aveva consegnato un kalashnikov con due caricatori e cinque bombe a mano che, assieme ad una mitraglietta Skorpion, una pistola calibro 7,65 ed a una calibro 9 parabellum, erano custoditi da NOME COGNOME. Pertanto, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME e COGNOME erano coincidenti tra loro avendo ad oggetto le medesime armi sub 2), mentre COGNOME aveva riferito in ordine alle armi di cui al capo 1) della rubrica.
4.4. E’ stata quindi esclusa, in modo coerente, una contraddizione tra le dichiarazioni di Penna e di Gravina poiché relative a diverse armi che entrambi avevano ricevuto dall’odierno ricorrente. Dunque il fatto che i collaboratori di giustizia abbiano tutti dichiarato di avere ricevuto, in momenti e luoghi diversi, armi da parte di COGNOME non evidenziava una contraddittorietà, ma al contrario è stato ritenuto – in modo non illogico – idoneo a dimostrare come il ricorrente procurasse armi alla cosca con una certa continuità e fosse dunque stabilmente inserito nel sodalizio, al fine di agevolarne la realizzazione dei fini criminali.
Deve aggiungersi che la Corte d’Appello ha evidenziato che GLYPH dalle intercettazioni tra COGNOME e COGNOME si evinceva che le armi erano state dagli stessi rinvenute presso la masseria che loro stessi avevano riscontrato essere nella disponibilità di Capobianco, tanto che COGNOME aveva raccomandato a COGNOME di non rivelare dove erano custodite al fine di evitare ripercussioni e reazioni proprio da parte di Capobianco.
Inoltre, i marescialli dell’Arma dei Carabinieri COGNOME e COGNOME hanno deposto che COGNOME, al momento del suo arresto, aveva indicato la masseria in INDIRIZZO come luogo in cui le armi erano state rinvenute e solo, in un secondo momento, spostate in INDIRIZZO e poi in INDIRIZZO a seguito della loro cessione in favore di NOME COGNOME.
La Corte territoriale, inoltre, ha valutato come irrilevante la circostanza (dedotta dall’odierno ricorrente) secondo cui la masseria in contrada INDIRIZZO dove erano nascoste le armi, sarebbe stata all’epoca dei fatti oggetto di espropriazione essendo stata acquistata da NOME COGNOME e che, quindi, essa
non era nella sua disponibilità. Infatti, è stato accertato che l’acquisto da parte del COGNOME era avvenuto nel settembre 2011, mentre i fatti oggetto di imputazione risalgono al gennaio-febbraio 2011 e perciò quando la masseria era ancora nella disponibilità dell’imputato, tanto che era stato il genero NOME COGNOME a fare accedere i Carabinieri all’interno di essa essendo in possesso delle relative chiavi.
4.5. La Corte di appello, sempre in modo non manifestamente illogico, ha dato risalto anche alla conversazione intercettata tra COGNOME ed il suocero (odierno ricorrente) in cui il primo ammetteva di avere nascosto le “cose” nell’attesa che si calmassero le acque; inoltre anche il ritrovamento nella masseria, da parte dei Carabinieri, di attrezzature da supermercato (compatibili con l’attività lavorativa di NOME COGNOME) è stato considerato dato rilevante ai fini della prova che la masseria fosse nella sua disponibilità all’epoca dei fatti.
4.6. Pertanto, non sussiste il lamentato travisamento della prova e GLYPH il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita lettura alternativa del materiale probatorio, già coerentemente valutato da entrambi i giudici per confermare il giudizio di penale responsabilità rispetto ai reati in contestazione.
Passando all’esame del quarto motivo (riguardante l’aggravante ex art. 7 1.203/91) si rileva che la Corte di appello aveva dichiarato inammissibili, per assoluta genericità, le censure relative alla citata aggravante e che, in ogni caso, tutti i collaboratori avevano confermato che il COGNOME procurava armi ed esplosivi alla cosca mafiosa per il raggiungimento degli scopi del sodalizio; rispetto a tale compiuto e logico ragionamento contenuto nella sentenza impugnata il ricorrente non si confronta in modo specifico, sostenendo genericamente che egli avrebbe inteso agevolare i singoli sodali e non già l’associazione mafiosa, senza però tenere conto delle concordi dichiarazioni dei vari propalanti a suo carico.
Manifestamente infondate sono anche le censure riguardanti il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche; come noto, in materia di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è parimenti insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod.
pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899).
Orbene, la sentenza impugnata ineccepibilmente argomenta, mediante puntuale richiamo a specifici indici ostativi, oggettivi (la gravità delle condotte oggetto del presente procedimento caratterizzate dall’aggravante sopra indicata) e soggettivi (precedenti penali tra cui una condanna per associazione di stampo mafioso), e al carattere al cospetto recessivo di ogni altro pur prospettato elemento.
Con riferimento alla mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale (settimo motivo di ricorso) da parte della Corte territoriale, è opportuno ribadire che ( nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio di primo grado rende comunque COGNOME inammissibile COGNOME la COGNOME richiesta COGNOME di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che si risolva in una attività “esplorativa” di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente, non sussistendo pertanto, ri l ispetto ad essa, alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame (Sez. 3 – , Sentenza n. 47293 del 28/10/2021, Rv. 282633 – 01). La sentenza impugnata, senza incorrere in vizi logici, ha ritenuto di non esaminare nuovamente i coimputati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con riferimento al luogo in cui le armi erano state rinvenute e custodite, osservando che gli stessi si erano già avvalsi della facoltà di non rispondere e che, a norma dell’art.197-bis, comma 4, cod. proc. pen., non potevano essere obbligati a deporre su fatti dai quali potrebbero emergere la loro responsabilità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte territoriale, inoltre, ha ritenuto comunque sufficienti gli elementi a disposizione per la decisione; anche rispetto a tale profilo il ricorrente non si confronta in modo specifico e non deduce per quali precise ragioni le deposizioni da lui richieste risulterebbero decisive ai fini della decisione.
Infine, quanto all’ultimo motivo, va ricordato che la legittimazione alla costituzione di parte civile dell’ente territoriale che invoca un danno alla propria immagine è ammissibile anche in riferimento ad un reato commesso da
privati,
GLYPH
purché GLYPH
tale
GLYPH
tipologia
GLYPH
di danno sia
GLYPH
in GLYPH
concreto GLYPH
configurabile
(Sez. 2, Sentenza n. 13244 del 07/03/2014, Rv. 259560 – 01).
Ciò posto,
GLYPH
la Corte di appello (facendo proprie le argomentazioni del
Tribunale) ha ritenuto che il Comune di Mesagne, quello di Francavilla Fontana ed il Ministero dell’Interno fossero legittimati a costituirsi parte civile
considerazione del danno all’immagine ed alla loro credibilità istituzionale a causa delle condotte illecite serbate dal COGNOME; anche rispetto a tale coerente
motivazione il ricorrente omette di confrontarsi in modo specifico così come anche con riferimento alle argomentazioni con le quali è stata liquidata una
provvisionale di trentamila euro in favore del Comune di Mesagne in ragione del pregiudizio di carattere patrimoniale (e non) arrecato alla immagine del
medesimo ente.
9.11 ricorso, pertanto, deve essere accolto limitatamente al trattamento sanzionatorio, mentre va respinto nel resto. Il ricorrente deve, infine, essere condannato al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio in favore del Comune di Mesagne, costituitosi parte civile, nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso. Condanna l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Mesagne che liquida in complessivi euro 3.868, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024.