Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10006 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 20/07/1986
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione in relazione al capo 2) e dichiararsi l’inammissibilità del ricorso nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10/04/2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza in data 26/10/2021 che ha ritenuto NOME COGNOME colpevole dei reati di cui agli artt. 4 e 7 l.n. 895/1967, per avere portato in luogo pubblico un fucile da caccia e il relativo munizionamento, e di cui agli artt. 21, comma 1 lett. r), e 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992, per avere esercitato la caccia con ausilio di un richiamo acustico a funzionamento elettromagnetico, fatti commessi a Castrolibero il 22/01/2017.
Unificati i fatti dal vincolo della continuazione e concessegli le circostanze attenuanti generiche, COGNOME era stato condannato ad undici mesi e quindici giorni di reclusione ed euro 1.900,00 di multa, pena sospesa e non menzione.
L’imputato era stato sorpreso dai carabinieri, muniti di binocolo e macchina fotografica digitale, mentre in aperta campagna, privo di porto d’armi, esplodeva diversi colpi di fucile e si recava poi a recuperare un colombaccio abbattuto, nascondendolo nella tasca posteriore del suo gilet. I carabinieri lo avevano visto occultare il suo fucile per poi riprenderlo e darsi alla fuga per sottrarsi ai controlli dei militari.
Durante l’appostamento i carabinieri avevano avvertito un suono di tordo mentre COGNOME teneva qualcosa nella mano destra; poi nello zaino da lui abbandonato era stato trovato un telecomando, munito di antenna, acceso e posizionato sulla frequenza n. 8 di 165.
NOME COGNOME NOME COGNOME
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME COGNOME articolando i seguenti motivi.
2.1 Violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 157 cod. pen. e 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992.
La Corte di appello aveva errato perchØ non aveva preso in esame l’eccezione di intervenuta prescrizione per l’illecito contravvenzionale di cui all’art. 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992, già maturata alla data del 22/10/2022.
2.2 Violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), d) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 603 e 192 cod. proc. pen. con riguardo ai reati di cui capi di imputazione.
A fronte della verosimiglianza del ragionamento che ha condotto alla dichiarazione di colpevolezza sulla base di quanto riferito dagli investigatori, i giudici di merito non avevano valutato in maniera argomentata la tesi offerta dall’imputato, che era pure agganciata a dati fattuali e presentava profili di pari plausibilità.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memoria scritta e ha chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione in relazione al capo 2) e la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
E’ manifestamente infondato il primo motivo che lamenta la mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione per il reato di cui all’art. 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992.
Questo Collegio intende dare continuità all’orientamento, già ampiamente maggioritario (Sez. 4, n. 28474 del 10/07/2024, Rv. 286811 – 02; Sez. 4, n. 26294 del 12/06/2024, Rv. 286653 – 01), autorevolmente condiviso anche di recente dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza emessa il 12/12/2024, e secondo il quale per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017 (c.d. riforma Orlando).
Per i fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017, la disciplina dettata dall’art. 1, comma 11 lett. b), legge n. 103/2017 aveva modificato il previgente art. 159, comma 2, cod. pen. introducendo la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo e, comunque, per un tempo non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
Orbene il fatto oggetto di contestazione ai sensi dell’art. 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992 Ł stato commesso il 22/10/2017.
SicchŁ alla data della sentenza di primo grado (26/10/2021) il termine ordinario di prescrizione pari a quattro anni, già prorogato a cinque anni a seguito di fatti processuali interruttivi, non era decorso ed Ł rimasto sospeso per un anno e sei mesi fino al 25/04/2023.
A quella data aveva ripreso a decorrere il residuo termine di un anno, undici mesi e giorni ventisei, e alla data della sentenza di appello (10/04/2024) non si era ancora consumato.
Il residuo corso della prescrizione Ł rimasto sospeso fino alla decisione di questa Corte, giunta ben prima del termine di un anno e sei mesi.
L’eccezione di estinzione del reato di cui all’art. 30, comma 1 lett. h), l.n. 157/1992 Ł perciò manifestamente infondata.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole del fatto che non sia stata adeguatamente vagliata la ricostruzione dei fatti proposta dall’imputato, che appariva dotata di profili di verosimiglianza e comunque era agganciata a dati fattuali che la riscontravano.
La Corte di appello aveva, in realtà, evidenziato in motivazione tutti i dati fattuali acquisiti nel corso delle indagini e aveva ritenuto del tutto coerente e riscontrata l’ipotesi di accusa, basata su quanto era stato constatato con mezzi di osservazione sofisticati dagli operanti di polizia giudiziaria e su elementi oggettivi che potevano anche essere compatibili con spiegazioni alternative ma che nella loro lettura convergente con quanto riferito dagli investigatori in una valutazione complessiva degli indizi acquisiti non lasciavano adito a conclusioni diverse da quelle argomentate con robustezza dai giudici di merito.
D’altronde, come emerge dalla sentenza di primo grado, che Ł richiamata ed integra la sentenza impugnata, l’imputato non aveva negato di essersi recato a caccia e aveva sostenuto di avere portato con sØ un fucile a salve con tappo rosso, del quale tuttavia non aveva saputo indicare la tipologia e di cui non v’Ł traccia agli atti.
Di contro dalle immagini e dai resoconti degli investigatori emergono comportamenti dell’imputato compatibili solo con l’uso di un’arma effettivamente capace di sparare e colpire avifauna; e anche gli operanti nel corso della perquisizione domiciliare hanno riferito comportamenti del padre dell’imputato volti ad indurre il figlio a nascondere qualcosa.
Alla luce di queste considerazioni occorre ricordare che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (cfr. Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
E, come ribadisce Sez. 2, n. 25016 del 30/06/2022, n.m., «al giudice di legittimità Ł preclusa in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa».
Non Ł quindi compito di questa Corte riesaminare le singole prove e i singoli indizi, nŁ valutare se la loro interpretazione alternativa, prospettata dal ricorrente, sia preferibile a quella seguita dal giudice di merito: il provvedimento impugnato contiene una motivazione congrua e completa, avendo la Corte territoriale esaminato tali elementi alla luce delle osservazioni e delle contestazioni mosse dalla difesa, ed avendo raggiunto, all’esito di tale valutazione, una conclusione non manifestamente illogica quanto alla sussistenza di una prova che impone la condanna dell’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio».
Il ricorso deve essere quindi respinto e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 19/12/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME