Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25948 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25948 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Banca Monte Dei Paschi Di Siena Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto
rigettarsi il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Banca Monte dei Paschi di Siena spa impugna il decreto descritto in epigrafe con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’opposizione proposta ex art 59 del d.lgs. n. 159 del 2011 dalla banca ricorrente avverso il provvedimento di reiezione della istanza di ammissione del credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Rocco, società sottoposta a confisca totalitaria nelle quote e nel rispettivo patrimonio perché ritenuta nella disponibilità di NOME COGNOME imputato nel procedimento distinto dal n. 2815/2007 R.GIP.
2.Si evidenzia nel ricorso che il credito oggetto di insinua riguarda il mutuo erogato in favore della RAGIONE_SOCIALE, garantito da fideiussioni personali e da ipoteche iscritte su beni di terzi, rimasto parzialmente inadempiuto quanto alla relativa obbligazione restitutoria. E si rimarca l’illegittimità del provvedimento
gravato, viziato da una erronea interpretazione del dato normativo riferimento nonché da gravi carenze argomentative.
In particolare, sarebbe stata esclusa l’ammissione:
perché la banca non avrebbe in precedenza escusso il patrimonio dei fideiussori NOME COGNOME e NOME COGNOME con valutazione estranea ad ogni valido appiglio normativo rispetto alla ritenuta valenza ostativa di tale indicato presupposto in fatto;
perché la ricorrente non avrebbe ovviato al mancato deposito della perizia di stima dei beni dati in garanzia, messa in luce dalla decisione opposta, quale situazione in fatto utili a valutare la verifica del merito creditizio sotteso a erogazione in questione, da apprezzare nell’ottica del requisito della buona fede che deve necessariamente caratterizzare il credito da ammettere, quando di contro tale documentazione risultava allegata al ricorso in opposizione;
perché il provvedimento mancherebbe del tutto di rispondere ai rilievi prospettati con l’opposizione avuto riguardo alla ritenuta strumentalità del credito oggetto di insinuazione rispetto agli agiti illeciti ascritti a NOME COGNOME qual reati spia giustificativi della misura di sicurezza adottata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 ricorso merita l’accoglimento con conseguente annullamento della decisione gravata, viziata sotto diversi versanti.
La verifica dei crediti resa nell’occasione risulta disciplinata dagli 52 e ss. d.lgs. n. 159 del 2011, richiamati, per le ipotesi di confisca, come quella di specie, resa ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen., dall’art. 104-bis dísp. att. cod. proc. pen
In ragione di tanto, e in particolare del tenore del citato art. 52 d.lgs. n. 15 del 2011, giova rimarcare che la confisca adottata non pregiudica la garanzia patrimoniale assicurata, ex art 2740 cod. civ. dai beni ablati avuto riguardo ai crediti dei terzi che non siano risultati “strumentali all’attività illecita svolt proposto” o a quella (attività) “che ne costituisce il frutto o il reimpiego”, sal che, in quest’ultimo caso, il creditore “non dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento”.
Da qui la centralità dei due temi che nel caso, trasversalmente, occupano lo scrutinio della Corte: quello inerente al profilo della “strumentalità” del credit oggetto di insinua e quello afferente alle valutazioni rese in ordine alla prova della buona fede del creditore istante.
2.1. All’evidenza, i due aspetti sono tra loro fortemente legati.
Il profilo della strumentalità -o meno – dell’operazione creditizia rispetto alla realizzazione o alla prosecuzione dell’attività illecita oggetto di apprezzamento
nell’ambito della procedura che ha determinato la confisca, si interseca, infatti, con quello, comunque diverso e logicamente successivo, afferente alla buona fede del creditore che agisce con la domanda di insinua: si intreccia inevitabilmente, infatti, con aspetti del giudizio che finirà per riguardare la condizione soggettiva del creditore che aspira al riconoscimento di tutela della propria posizione giuridica.
2.2. Malgrado tale inevitabile interconnessione, i due profili vanno comunque tenuti distinti.
La strumentalità, infatti, rappresenta una indefettibile precondizione del successivo scrutinio relativo alla buona fede del creditore. Il nesso che corre tra le ragioni dell’applicazione della misura reale e la finalizzazione del credito oggetto di insinua non va ritenuto aprioristicamente: costituisce, piuttosto, oggetto di un preciso e pregiudiziale accertamento da parte del Tribunale, che è dunque tenuto a motivare muovendo dal ruolo e dalle condotte illecite del soggetto in danno del quale è stata eseguita la confisca; rimarcando, in caso di confisca che ha coinvolto imprese, individuali o collettive, il collegamento che lega tale soggetto all’ente debitore; provvedendo infine ad una puntuale ricostruzione della relativa vicenda negoziale, rimarcandone gli indicatori in fatto che consentono di pervenire alla ritenuta strumentalità tra i due citati momenti del relativo giudizio.
In questa ottica, nella giurisprudenza di questa Corte si è rilevato che l’art. 52 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi preesistenti al sequestro, a meno che non risulti accertata la strumentalità del credito rispetto all’attività illecita, e che solo in questo caso incombe a creditore, per far valere il proprio diritto, l’onere di dimostrare la ignoranza i buona fede di tale nesso di strumentalità (Sez. VI n. 36690 del 30.6.2015, Rv 265606; Sez. VI, n.55715 del 23.11.2017, Rv 272232).
Tale onere, di certo, risente delle diverse dinamiche in fatto sottese alla situazione di volta in volta apprezzata: può dunque modularsi in modo diverso, facendo anche leva su presunzioni semplici, laddove, fossero già presenti, al momento della instaurazione della vicenda negoziale o in coincidenza con snodi di rilievo del relativo rapporto obbligatorio, in termini se non di contestualità, comunque di contiguità temporale, gli elementi in fatto sintomatici dell’attività illecita del soggetto attinto dalla confisca, da raccordare alla operazione negoziale fonte del credito oggetto di insinua.
2.3. Altrettanto incontrovertibilmente, tuttavia, l’operatività di siffat presunzioni non esonera dall’onere motivazionale sul punto, occorrendo dare sempre conto quantomeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell’applicazione della confisca e la finalizzazione del credito in contestazione,
muovendo, per forza di cose, dal ruolo e dalle cointeressenze del soggetto attinto dalla misura reale.
Ferma la possibile incidenza che tale situazione in fatto potrà anche assumere sul successivo giudizio afferente la dimostrazione della buona fede del creditore quanto all’evidenza esterna di tali indici, resta dunque da ribadire che il relativo nesso di strumentalità, pur con le facilitazioni logiche se del caso ricavate dalla singola vicenda, va comunque argomentato.
Ciò premesso, il ricorso mette a nudo diverse ragioni di vizio destinate ad invalidare la correttezza in diritto del ragionamento sotteso alla reiezione della domanda di insinuazione proposta dalla banca odierna ricorrente.
In primo luogo, l’istanza non è stata accolta perché, ad avviso del giudice del merito, graverebbe sul creditore l’obbligo di escutere preventivamente il patrimonio dei terzi fideiussori che ebbero a garantire la restituzione del debito erogato alla società riferibile a COGNOME
Aspetto, questo, ritenuto ostativo alla ammissione malgrado un siffatto presupposto non trovi alcun appiglio nella normativa di settore nè validi riferimenti di sistema.
Sotto il primo versante, è facile evidenziare il codice antimafia, nella sua vigente versione, al più fa riferimento, senza pretendere alcuna preventiva escussione, alla assenza, nel patrimonio del proposto, di beni sui quali esercitare in modo idoneo la garanzia patrimoniale, profilo valutativo all’evidenza eccentrico rispetto alle considerazioni fondanti, nel caso, il diniego di ammissione.
Guardando, poi, alla disciplina generale, è altrettanto immediata la considerazione in forza della quale la stessa, semmai, prevende un beneficio di escussione convenzionalmente riconosciuto dal creditore al fideiussore ex art. 1944, comma 2, cod. civ. dalla quale, tuttavia, fatte salve deroghe pattizie che nel caso non risultano indicate, non emerge alcun beneficio di escussione in favore del debitore principale.
La disamina degli atti, piuttosto, lascia immaginare che, nel valutare l’istanza, gli organi della procedura ( si veda la pagina sette del verbale di verifica) abbiano operato una erronea sovrapposizione concettuale, muovendo dalla circostanza in forza della quale i due fideiussori, nell’occasione, ebbero ad autorizzare la creditrice garantita ad “agire in via principale anziché sussidiaria” sul loro patrimonio: una tale previsione pattizia, tuttavia, lungi dal sostenere la valutazione operata con la decisione gravata, comportava unicamente l’avvenuta rinunzia, da parte dei garanti, al cosiddetto “beneficio d’ordine” che connota ordinariamente l’obbligazione fideiussoria (in forza del quale il creditore garantito prima di agire
nei confronti del garante, deve aver chiesto l’adempimento al debitore principale). Ma tanto implementava la posizione di garanzia del creditore, lasciandone immutata la possibilità di aggredire il debitore principale in luogo dei garanti, senza limite alcuno.
Da qui la manifesta illegittimità della prima ragione di ritenuta infondatezza della domanda di insinuazione.
Il provvedimento impugnato appare poi errato anche sul piano del metodo in forza del quale è stata modulata la verifica inerente alla fondatezza della pretesa articolata dalla odierna ricorrente, così da mettere anche in evidenza un decisivo vuoto argomentativo.
Il Tribunale, infatti, senza affrontare e disattendere i rilievi prospettati dal difesa della Banca avverso il decreto opposto in punto di ritenuta strumentalità del credito oggetto di insinuazione – là dove si faceva riferimento unicamente alla erogazione del credito in linea con l’emergere delle condotte illecite dello COGNOME, senza precisare in alcun modo le connotazioni di tali agiti illeciti e i momenti di correlazione di tali contegni con l’ente debitore possano fare gioco sul tema in questione- è pervenuto ad un giudizio negativo in ragione della ritenuta insussistenza del requisito della buona fede, alterando il meccanismo logico valutativo che deve guidare la relativa verifica secondo le indicazioni di principio rassegnate in precedenza.
Da qui una carenza valutativa che da contestualmente corpo a una violazione in punto di diritto.
6.Sul piano, infine, della relativa tenuta argomentativa, la decisione gravata appare altresì viziata nella parte in cui viene pretermesso il rilievo da ascrivere a un dato (la perizia di stima dei beni di terzi dati in garanzia) puntualmente allegato dalla difesa, senza precisare perché lo stesso non farebbe gioco nella specie nel valutare la buona fede del creditore istante.
Da qui, in definitiva, l’annullamento della decisione gravata con rinvio al giudice competente perché lo stesso, sulla base delle indicazioni di principio sopra rassegnate, proceda ad un nuovo giudizio di verifica del credito oggetto di insinuazione colmando le lacune e i vizi argomentativi riscontrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata per nuovo esame e rinvia al Gip del Tribunale di Reggio Calabria.
Così è deciso, 27/05/2025