LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Buona fede creditore: annullata confisca per NPL

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto del Tribunale che negava l’ammissione al passivo di un credito vantato da una società cessionaria (NPL) su beni confiscati a un soggetto legato alla criminalità organizzata. Al centro della decisione vi è la valutazione della buona fede del creditore, sia originario che cessionario. La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale carente e contraddittoria, in particolare riguardo agli indici utilizzati per escludere la buona fede della banca mutuante e del successivo acquirente del credito, rinviando il caso per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Buona fede creditore: la Cassazione annulla confisca per NPL

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i principi cardine per la tutela della buona fede del creditore nell’ambito delle misure di prevenzione patrimoniale. Il caso riguarda una società acquirente di crediti deteriorati (NPL) che si è vista negare l’ammissione al passivo su beni confiscati a un imprenditore legato alla criminalità organizzata. La Corte ha annullato la decisione, sottolineando le carenze motivazionali del provvedimento impugnato e offrendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della buona fede.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da mutui fondiari concessi tra il 2005 e il 2008 da un istituto di credito a società edili riconducibili a un imprenditore, successivamente sottoposto a misura di prevenzione per attività di riciclaggio per conto della ‘ndrangheta. Anni dopo, la banca originaria, confluita in un gruppo più grande, cedeva “in blocco” un vasto portafoglio di crediti deteriorati, inclusi quelli in questione, a una società specializzata.

Quando i beni immobili posti a garanzia dei mutui venivano confiscati, la società cessionaria chiedeva l’ammissione al passivo per recuperare il proprio credito. Sia il Giudice delegato che il Tribunale in sede di opposizione respingevano la richiesta, ritenendo che mancasse il requisito della buona fede sia in capo alla banca originaria (cedente) sia in capo alla società acquirente (cessionaria).

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, annullando il provvedimento e rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo esame. La sentenza si articola su due punti fondamentali: la valutazione della buona fede del creditore originario e quella del creditore cessionario.

Le motivazioni sulla buona fede del creditore originario

La Cassazione ha criticato aspramente il ragionamento del Tribunale, giudicandolo apodittico e basato su indicatori non univoci. In particolare, il Tribunale aveva escluso la buona fede del creditore originario sulla base di tre elementi:

1. La pregressa denuncia a carico dell’imprenditore: La Corte ha osservato che una denuncia del 2006 per fatti del 2003 non poteva inficiare la buona fede per un mutuo concesso nel 2005 e, in ogni caso, non era stato provato che la banca ne fosse a conoscenza, essendo l’imprenditore incensurato all’epoca dei fatti.
2. La sproporzione tra i mutui e il capitale sociale delle società: I giudici hanno ritenuto questo un fenomeno ricorrente nell’imprenditoria edile, che di per sé non costituisce un’anomalia, specialmente se i finanziamenti sono assistiti da adeguate garanzie reali, come sembrava essere nel caso di specie.
3. La mancata produzione di un’istruttoria creditizia completa: La Corte ha censurato il Tribunale per non aver considerato elementi indiziari a favore della banca e per non aver confrontato la propria decisione con un precedente decreto dello stesso Tribunale che, in un caso analogo riguardante lo stesso contesto criminale, aveva ammesso al passivo un altro credito della medesima società ricorrente.

Il provvedimento impugnato è stato quindi ritenuto affetto da un deficit motivazionale, avendo omesso di spiegare perché le garanzie reali non fossero sufficienti a giustificare il finanziamento secondo la prassi bancaria e perché la situazione fosse diversa da altri casi analoghi già decisi favorevolmente.

Le motivazioni sulla buona fede del creditore cessionario

Anche riguardo alla posizione della società acquirente del credito, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Il Tribunale aveva escluso la sua buona fede sostenendo che, al momento dell’acquisto del portafoglio di crediti nel 2017, la pericolosità sociale dell’imprenditore era ormai nota.

Tuttavia, la Corte ha ribadito un principio fondamentale stabilito dalle Sezioni Unite: la buona fede del creditore cessionario va intesa come mancanza di accordi fraudolenti con il soggetto sottoposto a misura di prevenzione. La cessione del credito non è una novazione; il cessionario subentra nella stessa posizione del cedente. Pertanto, ciò che rileva è la buona fede originaria del cedente. La conoscenza successiva della possibile origine illecita del credito non preclude di per sé l’ammissione al passivo, a meno che non si provi una collusione.

Il Tribunale, omettendo totalmente di indagare l’esistenza di eventuali accordi fraudolenti, ha errato nell’applicare la legge, configurando un ulteriore vizio di motivazione.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum per gli operatori del diritto e per gli istituti finanziari. La Corte di Cassazione chiarisce che la valutazione della buona fede del creditore non può basarsi su presunzioni generiche o indicatori ambigui. È necessario un esame rigoroso e concreto, che tenga conto delle prassi commerciali, delle garanzie prestate e di tutte le circostanze del caso. Per il cessionario di crediti NPL, il focus si sposta dalla conoscenza della pericolosità del debitore all’assenza di collusione fraudolenta, a condizione che possa essere dimostrata la buona fede originaria del creditore cedente. La decisione delinea così un percorso probatorio più chiaro, bilanciando l’esigenza di contrasto alla criminalità organizzata con la tutela dell’affidamento e della circolazione del credito.

Cosa deve dimostrare un creditore per tutelare il proprio diritto su beni confiscati?
Il creditore deve provare, in primo luogo, che il suo credito non è strumentale all’attività illecita del proposto. Se invece tale strumentalità viene accertata, deve dimostrare la propria buona fede e il proprio affidamento incolpevole al momento in cui il credito è sorto, ossia di non essere stato a conoscenza della finalità illecita del finanziamento.

Come viene valutata la buona fede della banca che ha concesso il mutuo (cedente)?
La valutazione non può basarsi su elementi generici come la sottocapitalizzazione della società debitrice o su denunce non note alla banca. Il giudice deve considerare concretamente se, secondo la prassi bancaria, l’operazione fosse sostenibile, tenendo conto delle garanzie reali prestate e di tutti gli indicatori di anomalia eventualmente presenti, motivando adeguatamente la propria decisione.

Quali sono i requisiti per la buona fede del creditore che acquista crediti deteriorati (cessionario)?
Il creditore cessionario eredita la posizione giuridica del cedente. Pertanto, deve dimostrare la sussistenza della buona fede in capo al creditore originario al momento della nascita del credito. La propria buona fede, invece, consiste nell’assenza di accordi fraudolenti con il soggetto colpito dalla misura di prevenzione. La mera conoscenza, al momento della cessione, della pericolosità sociale del debitore non è sufficiente per escludere il suo diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati