Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3684 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3684 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito l’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO , NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’attenuante di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967 e il rigetto nel resto dei ricorsi
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso. L’avvocato COGNOME NOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Roma ha confermato quella emessa il 15 luglio 2021 dal Tribunale di Civitavecchia, che aveva dichiarato NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di fabbricazione di tre bottiglie incendiarie e del connesso reato di danneggiamento seguito da incendio, realizzato attraverso il lancio di quei congegni micidiali nel giardino di un’abitazione privata.
Secondo la conforme ricostruzione dei giudici di merito, i ricorrenti, il giorno 4 ottobre 2018, viaggiando a bordo di un’autovettura Fiat Panda in uso a NOME, dapprima alle ore 19,00, quindi alle 20,35, al solo scopo di danneggiare, lanciavano all’interno del giardino della privata abitazione dei coniugi COGNOME, sito al INDIRIZZO INDIRIZZO, rispettivamente una prima e una seconda bottiglia incendiaria dagli stessi fabbricata, così determinando il pericolo di un incendio.
La provvista probatoria a carico di tutti gli imputati – come si apprende dalla sentenza di primo grado – era costituita dai seguenti elementi: i) le dichiarazioni della testimone oculare, NOME COGNOME, figlia dei proprietari dell’abitazione interessata al danneggiamento, che aveva assistito al primo dei due lanci, riferendo di avere visto un’autovettura di colore blu (di cui aveva appuntato la targa) rallentare all’altezza del INDIRIZZO di INDIRIZZO, dalla quale uno dei tre occupanti aveva lanciato una bottiglia che era andata in frantumi; il) la rispondenza dell’autovettura la cui targa era stata annotata dalla teste (divergente solo nell’ultima lettera) con quella in uso a NOME; iii) gli es dell’attività di pedinamento in tempo reale dell’autovettura in parola, che veniva individuata mentre, alle ore 23,00, dapprima transitava nuovamente dinanzi al medesimo INDIRIZZO, quindi si dirigeva verso un bar nel quale faceva ingresso NOME, che ne usciva con una bottiglia di birra identica a quella trovata infranta in occasione del primo lancio; iv) la presenza a bordo dell’autovettura di tutti e tre gli odierni ricorrenti e il rinvenimento nella loro disponibi (segnatamente, sotto il sedile del passeggero) di una bottiglia in plastica contenente liquido infiammabile e un fazzoletto/pezzo di stoffa imbevuto dello stesso liquido.
Il movente dell’azione era individuato nell’astio serbato da NOME nei riguardi di NOME COGNOME, dimorante nell’abitazione adiacente a quella interessata dal lancio degli ordigni, poiché costei aveva dato ospitalità ad un’amica che era stata sentimentalmente legata all’uomo e che aveva bloccato il contatto telefonico di NOME per far cessare i messaggi con i quali questi chiedeva insistentemente notizie della donna.
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Valutata, dunque, come inattendibile, oltre che contraria alle altre risultanze di prova, la versione alternativa dei fatti prospettata, la Corte disattendeva tutte le censure mosse con gli atti di appello proposti dagli imputati dei quali confermava la responsabilità.
Avverso tale sentenza ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, e deduce quattro motivi.
2.1. Con il primo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di riconducibilità all’imputato delle condotte per cui è condanna.
Lamenta in primo luogo la debolezza del movente, poiché è la stessa teste NOME COGNOME a non aver evidenziato circostanze o comportamenti tali da giustificare una rappresaglia nei suoi riguardi da parte di NOME.
In secondo luogo, segnala l’assenza dei necessari caratteri di gravità, precisione e concordanza negli indizi posti a fondamento della condanna. In particolare, evidenzia: i) l’imprecisione nell’individuazione della targa da parte della teste COGNOME; ii) la non corrispondenza del colore dell’autovettura, da costei segnalata come di colore blu, laddove la Fiat Panda in uso a NOME è di colore nero; iii) la notevole distanza temporale tra i fatti contestati e successivo rinvenimento della bottiglia di plastica nell’autovettura a bordo della quale furono fermati gli imputati.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di qualificazione delle bottiglie rinvenute nel giardino dell’abitazione privata e nell’autovettura come congegni esplosivi.
La bottiglia rinvenuta nell’autovettura è una semplice bottiglia di plastica, mentre quelle lanciate nelle pertinenze dell’abitazione privata erano prive dello stoppino, tant’è che la teste COGNOME, pur assistendo al lancio, ha affermato di non aver visto svilupparsi alcuna fiammata.
Quanto al reato contestato al capo B), sarebbe stata del tutto omessa ogni motivazione sulla capacità della condotta di causare un pericolo d’incendio, in effetti mai concretizzatosi, essendosi le bottiglie infrante sul pavimento del giardino.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la qualificazione giuridica del fatto di cui al capo B) che, proprio per l’incapacità del fuoco di propagarsi, avrebbe potuto al più configurare un’ipotesi di tentativo di danneggiamento.
2.4. Infine, con il quarto motivo deduce la violazione dell’articolo 62-bis e il relativo vizio di motivazione che la difesa deduce apparente e, comunque, carente.
Di tale beneficio l’imputato poteva, invece, fruire «in virtù del reale svolgimento dei fatti, della complessiva ridotta gravità degli stessi, della
mancanza di conseguenze pericolose per l’incolumità pubblica e privata, dovuta certamente alla scarsa capacità dimostrata nel maneggiare il materiale utilizzato per i congegni oggetti dei capi d’imputazione».
Ricorre per cassazione altresì NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, e deduce quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 1 legge n. 895 del 1967 e vizio di motivazione in punto di attribuita natura di congegni esplosivi delle bottiglie oggetto di contestazione.
Dopo aver evidenziato come la condotta contestata sia non già quella del porto ovvero della detenzione di bottiglie incendiarie, bensì quella di fabbricazione di tali congegni, la difesa afferma che se ne sarebbe dovuta escludere la micidialità sulla base delle emergenze processuali e, segnatamente, sulla scorta del fatto che i due lanci non avevano sortito alcun effetto detonante, che le due bottiglie non recavano alcuna traccia dello stoppino e che non poteva ritenersi quale congegno micidiale la bottiglia di plastica rinvenuta all’interno dell’autovettura.
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 424 cod. pen. e vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica del fatto.
Secondo la difesa l’avere lanciato una bottiglia con liquido infiammabile è suscettibile di integrare il reato contestato solo nel caso in cui, per le condizioni e per l’entità delle fiamme sviluppate, queste potevano estendersi agli immobili vicini, laddove invece nel caso di specie i due lanci non avevano sortito alcun effetto esplosivo o di propagazione di fiamme.
3.3. Il terzo motivo riguarda il riconoscimento della fattispecie della lieve entità in riferimento al reato contestato al capo A).
A fronte di specifica doglianza contenuta nell’appello – nel quale si evidenziava che oggetto dell’imputazione era comunque la fabbricazione di «congegni di quantità e qualità scadente» tali da poter integrare l’attenuante di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967 – la Corte si è limitata a negare l’attenuante «per le caratteristiche delle bottiglie incendiarie», rendendo una motivazione sostanzialmente apparente.
3.4. Con il quarto motivoA4′ ricorrente lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, più in AVV_NOTAIO, l’eccessività della pena inflitta, che avrebbe dovuto essere mitigata avuto riguardo alla non gravità e vetustà dei precedenti.
Ricorre, infine, COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO.
Con l’unico, articolato motivo lamenta in primo luogo la carenza di prova dell’ascrivibilità dei reati all’imputato.
Dopo aver svolto una sintesi della vicenda occorsa, si duole dell’assenza di indizi gravi, precisi e concordanti in merito alla sua condotta concorsuale, sicché egli sarebbe stato condanNOME per la sola, ininfluente circostanza della presenza a bordo dell’autovettura dove viaggiavano gli altri imputati. I giudici di merito avrebbero, inoltre, illogicamente trascurato il dato della distanza temporale, di ben quattro ore, tra il lancio delle bottiglie e il momento in cui i tre furon fermati.
Lamenta, infine, il vizio di motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche e di dosimetria della pena, che avrebbe dovuto essere contenuta nei limiti della concedibilità del beneficio della sospensione condizionale.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità di tutti i motivi concernenti la riconducibilità dei fatti imputati, il rigetto dei motivi inerenti alla qualificazione giuridica dei fatti, i l’annullamento con rinvio limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La disamina dei fatti di fabbricazione di bottiglie incendiarie e di danneggiamento seguito da incendio già lumeggiata in parte narrativa, non può che condurre alla conclusione che è fondato il solo terzo motivo del ricorso formulato nell’interesse di NOME COGNOME. I restanti motivi del ricorso di COGNOME, nonché i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME deducono censure in parte inammissibili e in parte infondate e, come tali, sono passibili di rigetto.
Va, invero, qui ribadito che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, l’impugnazione di legittimità è proponibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento gravato, secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando attiene a censure che – benché formalmente prospettanti una violazione di legge o un vizio di motivazione – mirano in realtà a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti o una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008,
Pagliaro, Rv. 241997). Alla Corte di cassazione spetta soltanto di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad ess ineriscono, la congruenza logica e l’adeguatezza della motivazione sul punto (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460), senza alcun potere di revisionare le circostanze fattuali della vicenda.
Nel caso di specie, la maggior parte delle censure contenute nei ricorsi, benché formalmente dirette a denunciare la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, si esauriscono in realtà in una contestazione, nel merito, degli elementi di fatto e delle risultanze d’indagine che i giudici di merito, con valutazione conforme, hanno giudicato idonee a integrare il compendio probatorio.
Quanto, in particolare, al ricorso nell’interesse di COGNOME, lo stesso è strutturato secondo una modalità tale da non costituire una critica ragionata alla sentenza di appello. Pertinente si reputa richiamare, al riguardo, l’arresto secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi e apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stat accolti» (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B, Rv. 281521).
Ciò premesso in via AVV_NOTAIO, venendo ai singoli motivi di ricorso, manifestamente infondati sono il primo motivo del ricorso di COGNOME e la censura contenuta nella prima parte del ricorso di COGNOME, nei quali si lamenta il vizio di motivazione e il travisamento della prova in punto di ascrivibilità dell condotte ai ricorrenti.
L’iter argomentativo posto a base dell’opzione decisionale che ha portato la Corte territoriale a ritenere coincidenti gli odierni ricorrenti con le persone cu ascrivere i fatti, si fonda sulla complessiva valutazione, logicamente orientata, di una serie di elementi indiziari acquisiti nel corso del giudizio con i quali la difes non si è in alcun modo confrontata, senza neppure suggerire una ricostruzione alternativa plausibile, ma limitandosi a criticare genericamentevapoditticamente le conclusioni dei giudici di merito.
In particolare la Corte territoriale – a fronte delle critiche difensive valorizzato: i) la sicura presenza, sin dalle ore 19,00 del 4 ottobre 2018 e, cioè, in occasione del primo lancio di bottiglia incendiaria, di tre persone a bordo di un’autovettura, di cui la teste COGNOME aveva annotato la targa, che (sia pure con un’imprecisione che non ne impediva l’individuazione) era identificata nella
Fiat Panda in uso a NOME; circostanza peraltro ammessa dai coimputati NOME e NOME 4 , ii) il pedinamento, nei termini descritti in premessa, e l’identificazione, alle ore 23,00 ‘di tutti e tre gli imputati, a bordo dell’autovettura in parola, successivamente all’avvenuto lancio di un ulteriore ordigno alle ore 20,35 nel giardino della medesima privata abitazione; iii) il rinvenimento nella loro disponibilità di una bottiglia in plastica piena per 3/4 di liquido infiammabile con all’interno un pezzo di stoffa, tale da poter essere utilizzato come miccia; iv) il movente dell’azione, costituito da ragioni di malanimo che NOME serbava nei riguardi di NOME COGNOME, dimorante nella casa adiacente a quella fatta oggetto dei lanci; v) la totale inconciliabilità delle versioni alternative forn dagli imputati COGNOME e COGNOME con le risultanze processuali e la falsità dell’alibi da costoro fornito.
La Corte si fatta altresì carico di motivare sullo specifico contributo concorsuale di ciascuno degli imputati, chiarendo che ad NOME doveva essere ricondotto il movente delle condotte e che egli era anche colui sotto il cui sedile era stata rinvenuta la bottiglia incendiaria, mentre i coimputati erano certamente suoi concorrenti materiali e morali. Con motivazione non manifestamente illogica, difatti, i Giudici di merito hanno evidenziato che NOME e NOME sono stati ritenuti correi per il fatto di essere sta trovati sull’autovettura, messa a disposizione da quest’ultimo, nella quale era custodito il materiale per il confezionamento di bottiglie incendiarie, e con la quale si erano recati in ben due occasioni presso l’abitazione destinataria dell’azione illecita e, segnatamente, in occasione del lancio della prima bottiglia incendiaria (come affermato dalla teste COGNOME) e in occasione del semplice transito, seguito dall’acquisto di altra bottiglia di birra (come verifica direttamente dagli inquirenti durante il pedinamento).
In questa cornice fattuale, la Corte territoriale ha desunto quam minime la consapevolezza, da parte dei ricorrenti, delle intenzioni criminali di COGNOME dal dato obiettivo del possesso da parte di quest’ultimo di un contenitore con liquido infiammabile (cui fa espresso riferimento il teste COGNOME) che non poteva sfuggire agli accompagNOMEri che si erano, pertanto, certamente rappresentati di offrire un contributo alla realizzazione dell’evento criminoso, ove dagli stessi non preventivamente programmato o convenuto.
Tale motivazione, logicamente coerente, s’inserisce nel solco del principio espresso in sede di legittimità, in tema di differenza tra mera presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dell’azione criminosa e concorso causale, secondo cui «in tema di concorso di persone, mentre la connivenza non punibile postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, il concorso può essere manifestato in forme che agevolano la condotta illecita, anche solo
assicurando all’altro concorrente nel reato lo stimolo all’azione criminosa, o un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa» (Sez. 1, n. 15023 del 14/02/2006, COGNOME, Rv. 234128).
Del pari infondati il secondo motivo di ricorso di COGNOME, nonché il primo motivo del ricorso di NOME, in punto di qualificazione delle bottiglie lanciate nell’abitazione delle persone offese come congegni esplosivi equiparati alle armi da guerra.
3.1. E’ pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la bottiglia incendiaria (molotov), avendo la capacità di cagionare un incendio e una deflagrazione con possibilità di offesa a causa della vampata, della proiezione di schegge e dello sprigionarsi di gas, deve essere annoverata tra le armi da guerra, come prescritto dall’art. 1 legge 18 aprile 1975 n. 110 che equipara a tale armi, tra l’altro, «le bottiglie e gli involucri esplosivi o incendiari». La giurisprudenza questa Corte ha inoltre chiarito che le bottiglie incendiarie (molotov) devono considerarsi comprese tra i “congegni micidiali” ed equiparate, agli effetti della legge penale, alle armi da guerra (Sez. 1, n. 34853 del 12/05/2021, COGNOME, Rv. 281892; Sez. 2, n. 1622 del 12/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254451; negli stessi termini, Sez. 1 n 28812 del 13/05/2014 NOME COGNOME, concernente molotov realizzata con una bottiglia di plastica, munita di stoppino).
La bottiglia incendiaria o esplosiva, pertanto, deve considerarsi arma da guerra, indipendentemente dal requisito della potenzialità offensiva o dell’utilizzazione bellica (Sez. 5, n. 948 del 08/11/1984, dep. 1985, Franchin, Rv. 167608).
È altrettanto indubitabile che la bottiglia incendiaria, per essere tale, deve presentare, oltre al contenuto infiammabile, un idoneo strumento di chiusura e un elemento, anche rudimentale, che, una volta innescato con fiamma, sia in grado di mantenerla per qualche tempo e trasmetterla poi, allorché il vetro sia rotto, al liquido contenuto nella bottiglia ed alla possibile miscela gassosa. Dunque, non può essere considerata incendiaria la sola bottiglia contenente benzina, mentre è tale ove la stessa sia munita di stoppino da accendere al momento del lancio (Sez. 1, n. 6132 del 22/01/2009, Mattei, Rv. 243376; Sez. n. 29943 del 03/07/2008, P., Rv. 240936; Sez. 1 n. 17218 del 22/02/2001, Trivellato, Rv. 218763).
3.2. Ciò premesso, la sentenza impugnata ha esaurientemente spiegato con motivazione giuridicamente corretta e immune da vizi logici manifesti – le ragioni per le quali si è ritenuto che i due oggetti lanciati nelle pertinenze dell’abitazione dei coniugi COGNOME fossero equiparabili ad armi da
guerra, a tal fine superando la circostanza – immotivatamente enfatizzata dai ricorrenti – che la teste oculare non avesse visto alcuna fiammata, rimarcando, al contrario il rilievo probatorio, al fine dell’affermazione di responsabilità per condotta di fabbricazione contestata, del rinvenimento all’interno dell’auto di materiale (liquido infiammabile e pezzo di stoffa) evidentemente utilizzabile per il confezionamento di ulteriori bottiglie incendiarie. Circostanza, quest’ultima, che si salda con il dato obiettivo del successivo, ulteriore fermo da parte dei ricorrenti presso un esercizio commerciale bar al fine di acquistare un’ulteriore bottiglia di birra con cui evidentemente confezionare, con il liquido infiammabile contenuto nella bottiglia di plastica ed il pezzo di stoffa (da utilizzarsi a mo’ stoppino), un ulteriore ordigno micidiale.
È fondato il motivo inerente al diniego dell’attenuante di cui all’art. 5 legge 2 ottobre 1967 n. 895 che la Corte territoriale ha fondato sulle «caratteristiche delle bottiglie incendiarie».
Con tale motivazione, affatto apparente, il Giudice di appello non ha fatto buon governo dei consolidati principi di legittimità che sottendono al riconoscimento dell’attenuante de qua, che impongono in primo luogo al giudice di merito, di verificare i profili soggettivi e oggettivi che caratterizzano condotta inerente alle armi e, in via successiva, all’esito positivo della prima analisi, la quantità e la potenzialità delle stesse (Sez. 1 n. 44903 dell’11/11/2011, Schirò, Rv. 251460).
Non è, poi, superfluo ricordare che detta attenuante può essere negata anche per le componenti oggettive e soggettive del fatto, diverse da quelle concernenti la qualità e quantità delle armi illegalmente gestite (Sez. 1 n. 26270 del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 255827; Sez. 2, n. 3853 del 13/12/2019, dep. 2020, COGNOME Vehap, Rv. 278239) e che, dunque, in materia «costituiscono elementi sufficienti a giustificare la reiezione dell’istanza d concessione della diminuente della lieve entità del fatto la presenza di gravi precedenti penali a carico dell’imputato ed il conseguente giudizio negativo sulla sua personalità» (Sez. 1, n. 13630 del 12/02/2019, Papia, Rv. 275242; Sez. 5, n. 15945 del 21/03/2013, Cancellieri, Rv. 255640).
Come anticipato, la Corte territoriale non mostra di aver valutato alcuno dei suddetti indici, sicché s’impone un nuovo giudizio sul punto che, libero negli esiti, sia ossequiante dei principi sin qui richiamati.
La statuizione di annullamento con rinvio disposta con riferimento al terzo motivo – non esclusivamente personale – avanzato dal ricorrente NOME va estesa ai ricorrenti COGNOME e COGNOME, pur se questi ultimi non risultano aver proposto alcuna specifica censura sul medesimo punto. Al riguardo va,
invero, ricordato che, ai fini dell’operatività dell’istituto dell’estensi dell’impugnazione, di cui all’art. 587 cod. proc. pen., deve considerarsi «non ricorrente» ai sensi dell’art. 627, comma 5, cod. proc. pen., anche il coimputato presente nel giudizio di cassazione che non abbia impugNOME il punto della decisione annullata dalla Suprema Corte in accoglimento di motivi non esclusivamente personali proposti da altro imputato (tra molte, Sez. 2, n. 4159 del 12/11/2019,. dep. 2020, Gernninario, Rv. 278226; Sez. 6, n. 1940 del 03/12/2015, dep. 2016, Aresu, Rv. 266686). Come si è osservato, «del resto, che si tratti di coimputato che non ha per nulla impugNOME la sentenza ovvero di coimputato che ha proposto ricorso, ma per motivi diversi, le due posizioni rispetto al diverso motivo non esclusivamente personale proposto da altro coimputato «diligente» sono assolutamente sovrapponibili, sicché non solo non vi è una ragione sistematica per differenziarle, ma ove una differenza fosse affermata, la palese assenza di ragionevolezza che la caratterizzerebbe porrebbe con immediatezza evidenti vizi di disparità ingiustificata di trattamento» (così, in motivazione, Sez. 6, n. 46202 del 02/10/2013, Serio, Rv. 258155).
Trascorrendo al secondo e terzo motivo del ricorso di COGNOME e all’analogo secondo motivo del ricorso di NOME, si tratta di motivi non consentiti siccome reiterativi e a-specifici, avendo i giudici di merito dato adeguato conto degli elementi di prova sulla scorta dei quali è stato ritenuto configurabile il reato di danneggiamento seguito da incendio aggravato, nella sua forma consumata.
Tanto il Tribunale (p. 8) che la Corte di appello (p. 13), richiamata pertinentemente la giurisprudenza di legittimità secondo la quale «Ai fini della sussistenza del reato di danneggiamento seguito da incendio è necessario che la condotta dell’agente determini un pericolo di incendio e, cioè, la probabilità che il fuoco evolva in un vero e proprio incendio, la quale deve essere desunta dalla situazione di fatto con riferimento alle dimensioni del fuoco in relazione all’oggetto del danneggiamento» (Sez. 6 n. 35769 del 22/04/2010, Musco, Rv. 248585), hanno valorizzato la potenzialità micidiale dello strumento utilizzato e l’oggetto del danneggiamento, ovverosia le pertinenze di un’abitazione condominiale.
A fronte di tanto, i ricorsi prospettano questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva e immune da vizi logici.
Immotivatamente, infine, le difese si dolgono del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, oltre che dell’eccessività
complessiva della pena inflitta, anche sotto il profilo dell’aumento per la continuazione.
Sfugge in primo luogo a censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per la determinazione del trattamento sanzioNOMErio poiché la generica doglianza sul punto oblitera il principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Cass. Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243; Cass. Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Cass. Sez. 2, n. 12749 del 19/3/2008, COGNOME, Rv. 239754) e che una valutazione siffatta è insindacabile in sede di legittimità, purché sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Cass. Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142). Fermo restando che nel caso poi venga irrogata, come nella specie per COGNOME, una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata da parte del giudice e il parametro valutativo può essere desunto dal testo della sentenza nel suo complesso motivazionale e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena stessa (Cass. Sez. 3, n. 38251 del 15/6/2016, Rignanese, Rv. 267949). Per NOME e NOME, invece, la pena è già stata parametrata nel minimo edittale per il reato più grave.
Del pari inammissibili i motivi svolti in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuati generiche, con riferimento al cui diniego le sentenze di merito hanno esaurientemente motivato (p. 15 della sentenza di appello) in ordine alle concrete modalità e alla gravità delle condotte realizzate, nonché per COGNOME e NOME alla personalità negativa lumeggiata dalle precedenti condanne, il tutto in assenza di indici giustificativi favorevoli. Tali argomentazioni – osserva il Collegio – costituiscono la ragione e segnano, al tempo stesso il limite, di siffatto riconoscimento, in una materia che involge l’esercizio di valutazioni discrezionali tipicamente di merito e che, per pacifico indirizzo (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931-01; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450-01), sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette, come nella specie, da sufficiente complessiva illustrazione.
Infine, il motivo del ricorso di COGNOME concernente l’aumento applicato ai sensi dell’art. 81 cod. pen., è inammissibile per genericità, essendosi la difesa limitata a lamentarne l’incongruità, senza svolgere alcuna critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Come anticipato, la sentenza va annullata con rinvio per nuovo giudizio nei riguardi di tutti i ricorrenti, limitatamente al diniego dell’attenuante di all’art. 5 I. n. 895/67, mentre nel resto i ricorsi devono essere rigettati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’attenuante della lieve entità di cui all’art. 5 I. n. 895/67 e rinvia per nuovo giudizio sul punto a altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta, nel resto, i ricorsi. Così deciso, il 12 settembre 2023
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente