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Bottiglia incendiaria: quando è arma? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato in custodia cautelare per aver fabbricato e utilizzato una bottiglia incendiaria contro un’auto. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, confermando la valutazione del tribunale del riesame sia sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia sulla necessità della misura detentiva, ritenuta adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bottiglia incendiaria: Quando scatta la Custodia Cautelare? L’Analisi della Cassazione

L’uso di una bottiglia incendiaria, comunemente nota come ‘molotov’, solleva complesse questioni giuridiche riguardo la sua classificazione come arma e la valutazione della pericolosità sociale di chi la utilizza. Con la sentenza n. 26578 del 2024, la Corte di Cassazione torna sul tema, chiarendo i limiti del proprio sindacato sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e sulla scelta delle misure cautelari.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che disponeva la custodia in carcere per un soggetto arrestato in flagranza di reato. Le accuse erano di fabbricazione e porto di materiale esplosivo (una bottiglia incendiaria) e di incendio di un’autovettura.

In sede di riesame, il Tribunale della Libertà di Bologna, pur riqualificando il reato di incendio in danneggiamento seguito da pericolo di incendio, confermava la misura della custodia in carcere per gli altri reati. L’indagato, tramite il suo difensore, decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato il ricorso su due punti principali:

1. Insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: Secondo il ricorrente, la motivazione del provvedimento era illogica e contraddittoria. In particolare, si sosteneva che non vi fosse prova che la bottiglia incendiaria fosse dotata di uno stoppino acceso al momento del lancio, elemento ritenuto essenziale dalla giurisprudenza per equipararla a un’arma da guerra.
2. Carenza delle esigenze cautelari: La difesa contestava la necessità della misura detentiva, sostenendo che l’indagato avrebbe dovuto essere liberato o sottoposto a una misura meno grave, dato che il contesto della vicenda non dimostrava una sua attuale pericolosità sociale.

La Valutazione della Bottiglia Incendiaria e le Esigenze Cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito.

Il Tribunale del Riesame, secondo la Corte, aveva fornito una motivazione adeguata e congrua. Aveva infatti stabilito che l’oggetto lanciato all’interno dell’autovettura, che aveva provocato l’immediata produzione di fiamme, era a tutti gli effetti una bottiglia incendiaria. La censura difensiva sul punto è stata quindi interpretata come un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di sostituire la propria valutazione a quella del giudice.

Anche riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse fornito ampi e congrui ragionamenti per giustificare non solo la sussistenza di un concreto e attuale rischio di recidiva, ma anche la scelta della custodia in carcere come unica misura idonea a fronteggiare tale rischio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, viene ribadito che il controllo della Cassazione sulla motivazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari è limitato alla verifica della sua logicità e coerenza giuridica. Non è consentito rileggere gli elementi di fatto o adottare nuovi parametri di valutazione.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come un ricorso sia inammissibile quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal giudice del riesame, senza un confronto critico con le ragioni addotte da quest’ultimo. Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato vizi logici nel ragionamento del Tribunale, ma ha semplicemente proposto una diversa ricostruzione dei fatti.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legittimità, non del merito. La valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, incluse le caratteristiche tecniche di una bottiglia incendiaria, spetta ai giudici di merito, il cui operato è censurabile in Cassazione solo in caso di vizi motivazionali evidenti, come la manifesta illogicità o la contraddittorietà. Quando la motivazione del provvedimento impugnato è ampia, articolata e coerente, come nel caso di specie, il ricorso che mira a una rivalutazione dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un caso?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione impugnata, non condurre un nuovo processo sul merito della vicenda.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le argomentazioni già respinte dal Tribunale del Riesame?
Se il ricorso ripropone gli stessi motivi già respinti senza un confronto critico con le ragioni della decisione impugnata, viene considerato inammissibile. Il ricorso deve evidenziare specifici vizi di legittimità del provvedimento, non limitarsi a lamentare una generica carenza o illogicità.

Come ha valutato la Corte la pericolosità dell’indagato e la necessità del carcere?
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la valutazione del Tribunale del Riesame fosse adeguatamente motivata. Il Tribunale aveva giustificato la sussistenza di un concreto e attuale rischio che l’indagato commettesse reati simili e aveva concluso che la custodia in carcere fosse l’unica misura idonea a prevenire tale rischio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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