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Bonus Facciate: Sequestro per frode e crediti fittizi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Il caso riguarda una presunta frode legata al bonus facciate, con la creazione di crediti d’imposta fittizi per lavori edili mai realizzati. La Corte ha confermato la validità del sequestro, sottolineando che l’elemento decisivo è la mancata esecuzione delle opere, che rende i crediti inesistenti a prescindere dalla correttezza formale della procedura di cessione.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bonus Facciate: Quando il Sequestro è Legittimo?

Il bonus facciate è stata una delle agevolazioni fiscali più discusse degli ultimi anni, ma anche una delle più esposte a tentativi di frode. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 2 Num. 206 Anno 2024) ha chiarito alcuni aspetti fondamentali riguardo alla legittimità del sequestro preventivo in caso di crediti d’imposta ritenuti fittizi. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere la linea di demarcazione tra un’operazione lecita e una condotta penalmente rilevante, specialmente quando i lavori edili non vengono mai realizzati.

I Fatti: La Creazione di Crediti d’Imposta Fittizi

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore, legale rappresentante di una società operante come general contractor. La società, secondo l’accusa, aveva messo in piedi un meccanismo fraudolento per generare ingenti crediti d’imposta legati al bonus facciate.

Il sistema funzionava così:
1. La società stipulava contratti di appalto con diversi committenti per lavori di rifacimento facciate.
2. Acquisiva, come primo cessionario, il credito d’imposta del 90% spettante ai committenti, come previsto dalla normativa allora vigente.
3. Successivamente, cedeva a sua volta questi crediti, in gran parte a un noto istituto finanziario nazionale, ottenendo immediata liquidità per decine di milioni di euro.

Il problema, secondo gli inquirenti, era che a fronte di questa enorme mole di crediti circolanti, i lavori edili non erano mai stati effettivamente eseguiti. Gli immobili interessati versavano ancora in stato di degrado e abbandono. Di conseguenza, il Tribunale aveva disposto un sequestro preventivo milionario sia nei confronti dell’imprenditore che della sua società, ravvisando il fumus dei reati di associazione per delinquere, truffa, emissione di fatture per operazioni inesistenti e indebita compensazione.

Il Ricorso in Cassazione: La Tesi della Difesa

L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’operato fosse perfettamente lecito secondo la normativa sul bonus facciate applicabile all’epoca dei fatti (ratione temporis). La difesa argomentava che la legge non richiedeva il completamento o l’avanzamento dei lavori (SAL) per poter monetizzare il credito d’imposta. Sarebbe stato sufficiente aver sottoscritto il contratto d’appalto e aver avviato la procedura telematica di cessione.

Secondo il ricorrente, il fatto che le fatture dei subappaltatori fossero successive alla prima cessione del credito era una conseguenza logica del modello di business, dove il general contractor finanziava i lavori proprio grazie alla liquidità ottenuta dalla cessione dei crediti. Pertanto, non si poteva parlare di operazioni inesistenti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della motivazione risiede in un principio tanto semplice quanto decisivo: senza lavori, non c’è spesa e, di conseguenza, non può esistere alcun credito d’imposta.

La Corte ha specificato che la normativa sul bonus facciate (art. 1, comma 219, della legge n. 160 del 2019) lega la detrazione fiscale alle ‘spese documentate’ sostenute per gli interventi. Se gli interventi non vengono mai eseguiti, come constatato dagli investigatori, le spese sono inesistenti e la loro documentazione è meramente fittizia.

L’elemento decisivo, che ha giustificato il sequestro preventivo, è stata la ‘mancata effettuazione dei lavori’. Questo ha reso l’intero castello documentale una simulazione finalizzata a creare crediti non spettanti. Di fronte a questo dato di fatto, le argomentazioni della difesa sulla correttezza procedurale della cessione del credito perdono ogni rilevanza. La procedura, anche se formalmente ineccepibile, diventa uno strumento per commettere un illecito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di bonus edilizi: la sostanza prevale sulla forma. La legittimità di un credito d’imposta non deriva dalla semplice compilazione di moduli o dal rispetto di una procedura telematica, ma dall’effettiva realizzazione di un intervento edilizio che genera una spesa reale.

Le conclusioni pratiche sono chiare:
1. L’esecuzione dei lavori è il presupposto indispensabile: Non è possibile generare legalmente un credito d’imposta se i lavori non vengono, almeno in parte, eseguiti. L’assenza totale di opere rende l’operazione una simulazione.
2. Il fumus commissi delicti si fonda sulla realtà materiale: Ai fini del sequestro preventivo, è sufficiente dimostrare, con un buon grado di probabilità, che i lavori non sono stati fatti. Questo elemento da solo è in grado di sostenere l’ipotesi di reati come la truffa e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
3. La responsabilità del cessionario: Anche se non è il tema centrale della sentenza, emerge sullo sfondo la questione della diligenza richiesta a chi acquista i crediti. Il fatto che un istituto finanziario sia stato indotto in errore non esclude la truffa, ma anzi la conferma.

È sufficiente seguire la procedura formale per la cessione del credito d’imposta per renderla legittima?
No. Secondo la Corte, la correttezza formale della procedura non è sufficiente. Il presupposto fondamentale per la legittimità del credito è l’effettiva esecuzione degli interventi edilizi che generano una spesa reale e documentata. Senza lavori, il credito è inesistente.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante che le fatture dei subappaltatori fossero successive alla prima cessione del credito?
Perché il punto centrale e decisivo non era la sequenza temporale delle operazioni contabili, ma la totale assenza dei lavori di ristrutturazione. La mancata effettuazione delle opere rende l’intera operazione una simulazione, a prescindere da come fosse strutturata finanziariamente.

Cosa costituisce il ‘fumus commissi delicti’ (parvenza di reato) nel caso di una frode sul bonus facciate?
Il ‘fumus commissi delicti’ si fonda sull’accertamento, anche a livello indiziario, della mancata esecuzione dei lavori a fronte della creazione e cessione di crediti d’imposta. La constatazione dello stato di degrado e abbandono degli immobili è l’elemento chiave che fa ritenere probabile la commissione dei reati contestati e giustifica il sequestro preventivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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