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Bonus cultura truffa: la Cassazione conferma sequestro

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo nei confronti di due soggetti accusati di associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato. Il caso riguarda un sistema fraudolento per la monetizzazione del cosiddetto ‘bonus cultura’. La Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo che la qualificazione giuridica del reato come truffa, già decisa in una precedente sentenza, non poteva essere ridiscussa. Ha inoltre chiarito la legittimità del sequestro per equivalente anche su beni di provenienza lecita e ha ritenuto infondate le eccezioni procedurali sollevate dalla difesa riguardo all’inutilizzabilità delle prove.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bonus Cultura Truffa: La Cassazione Conferma il Sequestro e Fissa i Principi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21094 del 2024, ha messo un punto fermo su un caso di bonus cultura truffa, confermando il sequestro preventivo di beni e delineando importanti principi sulla qualificazione del reato e sui poteri del giudice nel giudizio di rinvio. La vicenda riguarda un articolato sistema ideato per monetizzare illecitamente il contributo statale destinato ai giovani per acquisti culturali, trasformandolo in denaro contante.

I Fatti: Come Funzionava la Monetizzazione del Bonus Cultura

Gli imputati avevano organizzato un sistema per convertire il “bonus cultura” in denaro. Invece di vendere libri o altri beni culturali consentiti, simulavano le transazioni. I giovani titolari del bonus si recavano presso l’esercizio commerciale coinvolto, utilizzavano il loro voucher per l’intero importo e, in cambio, ricevevano una somma di denaro contante, decurtata di una percentuale trattenuta dagli organizzatori della frode. Questa condotta ha portato alla contestazione dei reati di associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato, con conseguente sequestro preventivo di beni, tra cui un esercizio commerciale, quote societarie e somme di denaro.

Il Percorso Giudiziario e le Obiezioni sulla bonus cultura truffa

Il caso aveva già visto un primo annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Inizialmente, il Tribunale del riesame aveva escluso la sussistenza del reato di truffa aggravata (art. 640-bis c.p.), propendendo per una qualificazione meno grave. La Cassazione, tuttavia, aveva annullato tale decisione, stabilendo che la condotta, caratterizzata da artifici e raggiri (la simulazione della vendita), integrava pienamente il delitto di truffa.

Nel successivo giudizio di rinvio, il Tribunale del riesame si è adeguato a tale principio e ha confermato l’ordinanza di sequestro. Contro questa nuova decisione, la difesa ha sollevato diversi motivi di ricorso, tra cui:

1. Errata qualificazione giuridica: Si sosteneva che il reato dovesse essere qualificato come indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.), in quanto il sistema di erogazione del bonus non prevedeva controlli preventivi da aggirare.
2. Inutilizzabilità delle prove: Venivano contestate le testimonianze dei fruitori del bonus, che a dire della difesa avrebbero dovuto essere sentiti fin da subito come indagati, e l’utilizzo di atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini.
3. Errata quantificazione del profitto: Si contestava la pertinenza del sequestro su beni di origine lecita (come una pensione) e il calcolo del profitto, sostenendo che una parte dei bonus fosse stata utilizzata legittimamente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti cruciali.

In primo luogo, ha dichiarato inammissibile la questione sulla qualificazione giuridica del fatto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo: nel giudizio di rinvio, il giudice è vincolato alla qualificazione giuridica e ai principi di diritto stabiliti dalla sentenza di annullamento della Cassazione. Pertanto, essendo già stato stabilito che si trattava di truffa aggravata, il Tribunale del riesame non poteva e non doveva rimettere in discussione tale punto.

In secondo luogo, ha respinto le eccezioni sull’inutilizzabilità delle prove. I giudici hanno ritenuto corretto l’operato degli inquirenti che hanno sentito i titolari del bonus come persone informate sui fatti, interrompendo l’escussione solo nel momento in cui sono emersi indizi di reità a loro carico. Le altre doglianze sono state ritenute generiche e non decisive.

Infine, per quanto riguarda il sequestro, la Corte ha confermato la sua legittimità. Ha specificato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può colpire qualsiasi bene nella disponibilità dell’imputato, anche se di provenienza lecita e anteriore al reato, fino al raggiungimento del valore del profitto illecito. Anche il denaro proveniente da una pensione, una volta accreditato su un conto corrente, perde la sua specifica identità e diventa un bene fungibile, aggredibile come profitto del reato. La quantificazione del profitto è stata ritenuta logica e sufficiente per la fase cautelare, basandosi su elementi indiziari significativi come l’utilizzo del bonus in un’unica soluzione per l’intero importo, condotta ritenuta sintomatica della finalità di monetizzazione.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la creazione di un apparato simulatorio per ottenere indebitamente fondi pubblici, come nel caso della bonus cultura truffa, configura il più grave reato di truffa aggravata e non la semplice indebita percezione. Inoltre, rafforza il principio del carattere vincolante delle decisioni della Cassazione nel giudizio di rinvio, limitando la possibilità di ridiscutere questioni già decise. Infine, offre un’importante precisazione sulla portata del sequestro per equivalente, che può estendersi all’intero patrimonio dell’indagato, indipendentemente dalla provenienza lecita dei singoli beni, per garantire il recupero del profitto criminale.

Quando la monetizzazione del bonus cultura diventa una truffa aggravata e non una semplice indebita percezione di fondi?
Secondo la sentenza, si configura la truffa aggravata (art. 640-bis c.p.) quando viene posto in essere un sistema fraudolento, con artifici e raggiri, come la simulazione di vendite di libri, finalizzato a indurre in errore lo Stato per ottenere un profitto ingiusto. La semplice omissione di controlli da parte dello Stato non esclude la truffa se vi è una condotta attivamente ingannatoria.

È possibile contestare la qualificazione giuridica di un reato in un giudizio di rinvio dopo una decisione della Cassazione?
No. La sentenza chiarisce che il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto e alla qualificazione giuridica del fatto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento. Non è quindi possibile, in quella sede, riproporre una diversa qualificazione del reato.

Il sequestro per equivalente può colpire anche beni di provenienza lecita, come una pensione?
Sì. La Corte ha ribadito che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente può riguardare qualsiasi bene nella disponibilità dell’imputato, fino a concorrenza del valore del profitto del reato. Anche il denaro di provenienza lecita, come una pensione, una volta versato su un conto corrente diventa un bene fungibile e può essere sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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