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Bonus Cultura: frode aggravata e non illecito

La Corte di Cassazione ha confermato la qualificazione di truffa aggravata e associazione per delinquere per i gestori di una libreria che avevano organizzato un sistema per monetizzare il Bonus Cultura. Il sistema prevedeva di convertire i buoni per l’acquisto di libri in denaro per i giovani, simulando vendite mai avvenute per ottenere il rimborso pubblico. La Corte ha stabilito che un’attività così organizzata e fraudolenta integra il reato di truffa ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) e non il meno grave illecito di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), rigettando il ricorso degli indagati.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bonus Cultura: Quando la Monetizzazione Diventa Truffa Aggravata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15096 del 2024, ha messo un punto fermo sulla qualificazione giuridica delle condotte fraudolente legate al Bonus Cultura. Il caso esaminato chiarisce la netta differenza tra un semplice illecito amministrativo e una vera e propria truffa aggravata ai danni dello Stato, confermando l’importanza della natura organizzata e ingannatoria della condotta per la configurazione del reato più grave.

I Fatti: Il Sistema Fraudolento del Bonus Cultura

Al centro della vicenda vi sono i gestori, di fatto e di diritto, di una libreria, accusati di aver creato un’associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di truffe aggravate. L’obiettivo era l’illecita riscossione dei fondi pubblici erogati tramite il cosiddetto “Bonus Cultura 18App”.

Il meccanismo era articolato e ben collaudato:
1. Reclutamento: Tramite intermediari, venivano contattati migliaia di neo-diciottenni, beneficiari del bonus.
2. Monetizzazione: Ai giovani venivano chieste le credenziali di accesso alla piattaforma in cambio di una somma di denaro, inferiore al valore nominale del buono.
3. Simulazione: Successivamente, gli indagati simulavano sistematicamente la vendita di libri o la cessione di servizi culturali, registrando le operazioni sulla piattaforma informatica ministeriale.
4. Riscossione: Attraverso false dichiarazioni e registrazioni contabili fittizie, ottenevano il rimborso dell’intero ammontare del bonus direttamente dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Questo sistema ha permesso di convertire in denaro un beneficio destinato esclusivamente all’acquisto di beni e servizi culturali, frodando lo Stato.

Il Percorso Giudiziario: Truffa o Illecito Amministrativo?

L’iter processuale è stato complesso. Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto misure cautelari severe. Tuttavia, il Tribunale del riesame aveva annullato tale provvedimento, riqualificando i fatti come un mero illecito amministrativo (previsto dall’art. 316-ter c.p.), escludendo così sia la truffa aggravata (art. 640-bis c.p.) sia l’associazione per delinquere, che richiede lo scopo di commettere “più delitti”.

La Procura ha impugnato questa decisione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione una prima volta. In quella sede, la Suprema Corte ha annullato la decisione del riesame, stabilendo che la condotta degli indagati non si limitava a una semplice dichiarazione mendace, ma costituiva un “collaudato sistema truffaldino, particolarmente articolato”, idoneo a indurre in errore l’ente erogatore. Di conseguenza, il caso è stato rinviato al Tribunale del riesame per una nuova valutazione.

La Decisione della Cassazione sul Bonus Cultura

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione si pronuncia sul ricorso presentato dagli indagati avverso la seconda ordinanza del Tribunale del riesame, che, uniformandosi ai principi della Corte, aveva confermato la gravità indiziaria per i reati di associazione per delinquere e truffa aggravata, pur attenuando le misure cautelari.

La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, consolidando un importante principio di diritto.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto espresso dalla stessa Corte nel precedente giudizio. Avendo la Cassazione già qualificato i fatti come truffa aggravata ai sensi dell’art. 640-bis c.p., il Tribunale del riesame non poteva discostarsene.

La distinzione fondamentale tra l’art. 316-ter (indebita percezione) e l’art. 640-bis (truffa aggravata) risiede nel comportamento attivo del soggetto agente. Mentre il primo reato punisce condotte basate sul silenzio o su semplici false dichiarazioni, la truffa aggravata richiede “artifizi o raggiri”, ovvero un’attività ingannatoria complessa volta a indurre in errore la vittima. Nel caso del Bonus Cultura, la predisposizione di un’intera organizzazione, la simulazione sistematica di vendite e l’uso di false registrazioni contabili rappresentano proprio quegli “artifizi e raggiri” che integrano la fattispecie più grave.

Inoltre, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la persistenza delle esigenze cautelari. Il fatto che l’attività illecita fosse proseguita fino al 2022, anche dopo le prime perquisizioni e attraverso la creazione di un nuovo schermo societario, dimostrava un concreto e attuale pericolo di recidiva.

Le conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché traccia una linea chiara nella repressione delle frodi legate ai benefici pubblici. Stabilisce che l’organizzazione strutturata per monetizzare il Bonus Cultura, simulando acquisti inesistenti, non è una semplice furbizia o un illecito minore, ma un grave reato di truffa aggravata ai danni della collettività. Il pronunciamento rafforza inoltre il principio del vincolo del giudice del rinvio alle decisioni della Cassazione, garantendo coerenza e certezza nell’applicazione del diritto.

Monetizzare il Bonus Cultura è sempre reato?
Sì, quando la monetizzazione avviene attraverso un sistema organizzato e fraudolento che simula acquisti inesistenti per ingannare lo Stato, integra il grave reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) e non un semplice illecito amministrativo.

Qual è la differenza tra la truffa aggravata (art. 640-bis) e l’indebita percezione (art. 316-ter) in questo caso?
La differenza risiede nella condotta. L’indebita percezione (art. 316-ter) si configura in presenza di semplici dichiarazioni false o omissioni. La truffa aggravata (art. 640-bis), invece, sussiste quando l’agente pone in essere un’attività ingannatoria complessa, come la creazione di un’organizzazione e la simulazione di vendite con false registrazioni, per indurre attivamente in errore l’ente pubblico.

Un giudice può decidere in modo diverso da quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in un precedente giudizio sullo stesso caso?
No. La sentenza ribadisce che, in caso di annullamento con rinvio per violazione di legge, il giudice del rinvio è strettamente vincolato al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione e non può riesaminare la qualificazione giuridica dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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