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Bonifico errato: appropriazione o illecito civile?

Una società attendeva una cospicua somma tramite bonifico per saldare un debito. A causa di un errore bancario, il denaro è stato accreditato sul conto di una persona fisica. Gli interessati non hanno restituito la somma. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero, confermando l’annullamento di un sequestro preventivo. La ragione fondamentale è che ricevere un bonifico errato e non restituire i fondi costituisce un illecito che è stato depenalizzato, ricadendo ora nell’ambito del diritto civile anziché del reato di appropriazione indebita.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bonifico errato: quando trattenere i soldi non è più reato

Capita più spesso di quanto si pensi di ricevere un bonifico errato sul proprio conto corrente. Una somma inaspettata che, per un errore della banca o dell’ordinante, finisce nelle nostre tasche. La domanda sorge spontanea: cosa succede se decidiamo di non restituire quel denaro? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15669/2025) fa luce su questo punto, chiarendo i confini tra illecito penale e civile. La Corte ha stabilito che trattenere somme ricevute per errore non costituisce più il reato di appropriazione indebita, ma un illecito oggi depenalizzato.

I fatti del caso: un errore da 4,7 milioni di euro

La vicenda giudiziaria nasce da un’operazione finanziaria di notevole entità. La titolare di una gestione mobiliare, data in pegno a garanzia di una linea di credito concessa a una società immobiliare, dava istruzioni alla banca di liquidare i titoli. Il ricavato, pari a 4,7 milioni di euro, doveva essere bonificato sul conto della società per estinguere il debito. Tuttavia, per un errore dell’istituto di credito, l’intera somma è stata accreditata sul conto personale della figlia della titolare.

Nonostante i solleciti da parte della società, né la figlia né l’amministratore della società stessa (consapevoli dell’errore e del debito da saldare) hanno provveduto alla restituzione. L’accusa ha quindi ipotizzato il reato di appropriazione indebita aggravata, ottenendo dal Giudice per le Indagini Preliminari un sequestro preventivo della somma.

La decisione del Tribunale del Riesame

In un primo momento, il Tribunale del Riesame ha annullato il provvedimento di sequestro. Secondo i giudici, la condotta non poteva configurare un’appropriazione indebita da parte dell’amministratore della società, poiché egli non aveva mai ricevuto materialmente le somme. L’errore della banca, secondo il Tribunale, era ricaduto sul soggetto destinatario del bonifico, non sulla volontà di svincolare i titoli, rendendo la sua posizione penalmente irrilevante.

Il ricorso e le implicazioni del bonifico errato

Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il ragionamento del Tribunale fosse illogico. L’appropriazione, secondo l’accusa, derivava proprio dalla consapevolezza dell’errore e dalla successiva volontà di distrarre le somme per altri scopi, invece di utilizzarle per estinguere il debito come originariamente previsto. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del PM per due motivi fondamentali. Il primo, di carattere processuale: il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità, che si limita al controllo della corretta applicazione della legge. Il Tribunale del Riesame aveva già ricostruito la vicenda, escludendo una responsabilità diretta dell’amministratore.

Il secondo motivo, ben più rilevante, è di natura sostanziale. La Corte ha sottolineato che la condotta di chi si appropria di denaro ricevuto per un bonifico errato non rientra più nell’alveo dell’art. 646 del codice penale (appropriazione indebita), bensì in quello dell’art. 647 c.p. (appropriazione di cose avute per errore o caso fortuito). Quest’ultima norma, con il decreto legislativo n. 7 del 2016, è stata depenalizzata.

La Corte ha ribadito un principio di specialità: la norma sull’appropriazione di cose ricevute per errore (art. 647 c.p.) è specifica rispetto a quella generale sull’appropriazione indebita (art. 646 c.p.). Poiché la fattispecie specifica è stata depenalizzata, la condotta in esame non costituisce più reato.

Le conclusioni

La sentenza chiarisce un punto fondamentale: trattenere i soldi di un bonifico errato non è più un’azione penalmente perseguibile. Questo non significa che sia un comportamento lecito. L’obbligo di restituire la somma rimane intatto, ma la questione si sposta dal piano penale a quello civile. Chi ha effettuato l’errore (o per conto del quale l’errore è stato fatto) dovrà intentare una causa civile per ottenere la restituzione di quanto indebitamente percepito. La conseguenza per chi trattiene il denaro non sarà più una condanna penale, ma una condanna al risarcimento del danno e alla restituzione del capitale.

Chi riceve un bonifico errato e non lo restituisce commette il reato di appropriazione indebita?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa condotta non configura più il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), ma rientrava nella fattispecie, oggi depenalizzata, di appropriazione di cose ricevute per errore (ex art. 647 c.p.). Pertanto, si tratta di un illecito civile e non più penale.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché si basava su una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di Cassazione, e perché non teneva conto dell’orientamento giuridico consolidato secondo cui l’appropriazione di denaro ricevuto per errore rientra in una fattispecie specifica che è stata depenalizzata.

Cosa può fare chi ha effettuato un bonifico per errore per recuperare la somma?
Anche se la condotta di chi trattiene la somma non è più un reato, chi ha effettuato il bonifico errato può agire in sede civile per ottenere la restituzione della somma indebitamente percepita. L’obbligo di restituzione rimane, ma la sua violazione dà luogo a conseguenze esclusivamente civili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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