Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15669 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15669 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 27/03/2025
R.G.N. 3703/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: Procuratore della repubblica presso il tribunale TRIBUNALE DI MILANO nei confronti di: COGNOME NOME nato a TERLIZZI il 20/08/1983 avverso l’ordinanza del 06/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, annulli con rinvio l’ordinanza impugnata; lette le conclusioni del difensore del Vurro, Avv. NOME COGNOME del foro di Milano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 06/11/2024 il Tribunale di Milano, a seguito di riesame, ha annullato il provvedimento emesso in data 12/09/2024 dal Gip del Tribunale di Milano con il quale era stato disposto il sequestro preventivo in funzione di confisca diretta della somma di euro 4.700.000 nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e delle somme liquide presso le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, oggetto/profitto del reato di appropriazione indebita aggravata di cui al capo B.
Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dal Gip, gli indagati in concorso fra loro dopo che la COGNOME, madre della COGNOME, aveva dato disposizione alla banca di disporre la liquidazione di una gestione mobiliare a garanzia di una linea di credito concessa alla RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dal Vurro, e di effettuare un bonifico per euro 4.700.000 in favore della stessa RAGIONE_SOCIALE e per euro 375.000 su conto intestato alla figlia – si appropriavano indebitamente di tale somma che, per errore, era stata trasferita sul conto della Dagna, rifiutando la restituzione alla società RAGIONE_SOCIALE nonostante ripetuti solleciti in tal senso.
Avverso l’ordinanza di riesame propone, nei confronti del COGNOME, ricorso per cassazione il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, eccependo l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, ritenuta illogica e contraddittoria, posto che il Tribunale, pur non avendo negato la materialità del fatto appropriativo e la circostanza che la somma fosse stata acquisita dalla COGNOME per un mero errore operativo, nella consapevolezza anche del Vurro della esposizione debitoria della COGNOME, garantita dal pegno, avesse poi ritenuto presupposto fattuale dirimente che l’errore dell’istituto di credito era ricaduto non già sul consenso a svincolare i titoli in pegno ma sul soggetto destinatario del bonifico (la Dagna in luogo del debitore garantito), senza considerare che la condotta appropriativa derivava proprio dalla percezione di tale errore e dalla diversa destinazione delle somme (non piø per saldare l’esposizione debitoria della Vami come concordato con la banca ma per finalità diverse e dispersive).
2.1. Con memoria del 20 marzo 2025 il difensore di NOME COGNOME ha argomentato in ordine alla inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero per violazione dei limiti di impugnabilità previsti dall’art. 325 cod. proc. pen.; ha sostenuto, inoltre, l’inammissibilità delle conclusioni scritte del Procuratore Generale nella parte in cui travalicano la causa petendi, citando la decisione impugnata ed introducendo il tema – estraneo al ricorso – dei ‘rapporti tra l’art. 646 cod. pen. e l’art. 647 cod. proc. pen.’
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
Sostiene il Tribunale che devono ritenersi accertate le seguenti circostanze: che la COGNOME e il COGNOME erano a conoscenza della pregressa esposizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE e dell’esistenza del pegno; che per errore della banca le somme che, su disposizione della COGNOME, dovevano servire ad estinguere il debito, svincolata la gestione posta in pegno, erano state versate sul conto personale della Dagna anzichØ della società RAGIONE_SOCIALE; che l’errore dell’istituto era legato alla individuazione del soggetto beneficiario dell’operazione e che non avevano alcuna rilevanza gli atti dispositivi della COGNOME, la quale aveva ordinato la vendita dei titoli e dato disposizioni di bonificare il ricavato in favore della Vami.
Attraverso la ricostruzione in fatto della vicenda, il Tribunale esclude quindi una responsabilità appropriativa del COGNOME, oltre che della COGNOME, non avendo ricevuto costui le somme destinate alla COGNOME, per l’errore della banca che le aveva versate alla COGNOME, con la duplice conseguenza che: il ricorso si incentra su vizi della motivazione che non possono essere oggetto di cognizione in sede di legittimità, in quanto l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. non consente il ricorso per cassazione per vizi di motivazione dei provvedimenti aventi ad oggetto misure cautelari reali, salvo l’unico peculiare caso in cui tali vizi siano così gravi da rendere incomprensibile il percorso logico seguito dal giudice oppure, secondo altra dizione, quando l’atto impugnato presenti difetti nella motivazione così gravi da rendere il ragionamento a supporto del provvedimento completamente mancante o privo di coerenza, completezza e ragionevolezza; la circostanza che ‘COGNOME e COGNOME si avvedono dell’errore sul destinatario (e) mutano la loro volontà di saldare l’esposizione debitoria come concordato con la banca e di disperdere la somma’ (foglio 4 del ricorso) Ł non solo attinente alla ricostruzione in fatto della condotta delittuosa ma avulsa da concreti riferimenti agli elementi costitutivi della fattispecie appropriativa (in particolare, l’altruità del bene rispetto alla titolarità di un diverso e ben individuato soggetto giuridico) oltre che alla rilevanza dell’errore della banca nell’esecuzione di un ordine derivante da un accordo negoziale plurisoggettivo.
In particolare, per tale ultimo aspetto, il ricorrente non si confronta con l’indirizzo giurisprudenziale, conseguente alla modifica normativa richiamata nel provvedimento impugnato,
secondo cui il reato di appropriazione indebita di cose ricevute per errore o per caso fortuito, di cui all’art. 647, comma primo, n. 3, cod. pen., oggi depenalizzato per effetto del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, Ł configurabile anche nel caso di appropriazione di denaro, riconducibile alla nozione generale di “cose”, ponendosi la suddetta norma in rapporto di specialità rispetto all’art. 646 cod. pen., a nulla rilevando che l’appropriazione del “denaro” sia espressamente prevista nel medesimo art. 647, comma primo, n. 1, e nel testo dell’art. 316 cod. pen. (Sez. 2, n. 45891 del 10/09/2021, COGNOME Rv. 282443, in fattispecie relativa all’appropriazione di una somma per errore bonificata sul suo conto corrente e non restituita).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME