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Bis in idem e reato permanente: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione del principio del bis in idem a un soggetto condannato due volte per un unico reato permanente di evasione. È stato chiarito che la sentenza che giudica l’intero periodo del reato assorbe quella che ne copre solo una frazione, imponendone la revoca.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bis in idem e Reato Permanente: La Cassazione Annulla la Doppia Condanna

Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare una persona due volte per lo stesso fatto, è un cardine del nostro sistema giuridico. Ma come si applica quando il reato non è istantaneo, ma si protrae nel tempo, come nel caso di un’evasione? Con la sentenza n. 13515/2025, la Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale, affermando che anche un bis in idem parziale è inammissibile e spiegando quale delle due sentenze debba prevalere. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo che, dopo aver beneficiato di un permesso premio, non faceva rientro in istituto alla data stabilita del 28 febbraio 2014. La sua evasione si protraeva fino al 20 giugno 2014, data in cui veniva rintracciato e arrestato.

Per questa condotta, l’uomo subiva due distinti processi e due condanne definitive:
1. Una prima sentenza lo condannava per il reato di evasione commesso il 20 giugno 2014 (insieme ad altri reati come resistenza a pubblico ufficiale), coprendo di fatto l’intero periodo della sua assenza.
2. Una seconda sentenza lo condannava per il reato di evasione commesso a partire dal 28 febbraio 2014, giudicando quindi la frazione iniziale della stessa condotta permanente.

Di fronte a questa duplicazione, l’interessato si rivolgeva al giudice dell’esecuzione chiedendo il riconoscimento del bis in idem ai sensi dell’art. 669 c.p.p. Tuttavia, il Tribunale rigettava l’istanza, sostenendo che le evasioni fossero state commesse in tempi diversi e che mancassero indici di una programmazione unitaria. Contro questa decisione, veniva proposto ricorso per cassazione.

L’Applicazione del Principio del Bis in idem

Il ricorrente sosteneva che il fatto storico di evasione, essendo un reato permanente, era unico e si era protratto ininterrottamente dal mancato rientro fino all’arresto. Di conseguenza, era stato giudicato due volte per la medesima condotta, in palese violazione del principio del ne bis in idem.

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa tesi. I giudici supremi hanno ribadito che l’evasione è un reato permanente: la sua consumazione inizia con l’allontanamento (o il mancato rientro) e perdura fino a quando la condizione di evaso non cessa. In questo caso, l’intera condotta, dal 28 febbraio al 20 giugno 2014, costituiva un unico reato.

Le Motivazioni della Cassazione sul bis in idem

La Corte ha rilevato che la prima sentenza aveva giudicato l’intero periodo di permanenza del reato, mentre la seconda si era limitata a sanzionare la sua frazione iniziale. Di conseguenza, il fatto oggetto della seconda sentenza era interamente contenuto in quello, più ampio, già giudicato con la prima.

Si è quindi verificata un’ipotesi di bis in idem parziale, che, secondo la Corte, non si sottrae all’applicazione dell’art. 669 c.p.p. Questo articolo mira a risolvere proprio i problemi derivanti dalla coesistenza patologica di più giudicati sullo stesso fatto.

La soluzione, spiega la Cassazione, risiede nel dare esecuzione alla sentenza che ha giudicato il fatto nella sua interezza e revocare quella di portata più contenuta. Questo meccanismo, definito di ‘continenza tra regiudicate’, assicura che il giudizio più completo prevalga, arrestando gli effetti di quello parziale. In sostanza, si applica a posteriori lo stesso rimedio che si sarebbe adottato se i due procedimenti fossero stati celebrati in concomitanza: si sarebbe concentrato tutto davanti al giudice investito della causa di maggiore ampiezza.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata, stabilendo che il giudice dell’esecuzione dovrà rivalutare la questione conformandosi ai principi enunciati. Questa sentenza rafforza il principio del ne bis in idem, estendendone chiaramente l’applicazione anche ai casi di duplicazione parziale del giudicato in relazione a un reato permanente. Si tratta di una decisione di grande importanza pratica, che garantisce la coerenza del sistema e tutela il cittadino dal rischio di essere sanzionato più volte per lo stesso comportamento illecito, anche quando questo si protrae nel tempo.

Una persona può essere condannata due volte per un singolo e continuo reato di evasione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’evasione è un reato permanente unico. Se una persona viene condannata con due sentenze diverse per lo stesso periodo di evasione (o per una sua parte), si verifica una violazione del principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di doppio processo per lo stesso fatto).

Cosa si intende per ‘bis in idem parziale’ in questo contesto?
Si ha un ‘bis in idem parziale’ quando una sentenza condanna per un reato nella sua interezza (es. tutto il periodo di evasione) e un’altra sentenza condanna per una sola parte dello stesso reato (es. la fase iniziale dell’evasione). Anche questa duplicazione parziale è illegittima.

In caso di due condanne per lo stesso reato permanente, quale sentenza prevale?
Deve essere data esecuzione alla sentenza che ha giudicato il reato nella sua intera estensione temporale (cioè quella che copre tutto il periodo di permanenza). L’altra sentenza, che ha una portata più limitata perché giudica solo una frazione della stessa condotta, deve essere revocata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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