Bilanciamento Recidiva: Quando il Giudice Non Può Scontare la Pena
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, sez. 7 Penale, offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del potere discrezionale del giudice nel determinare la pena. L’argomento centrale è il bilanciamento recidiva, ovvero la valutazione comparativa tra circostanze aggravanti, come la recidiva, e le attenuanti generiche. Il caso in esame dimostra come un divieto normativo esplicito possa rendere un ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
I Fatti di Causa
Un imputato, a seguito di una condanna in Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in un giudizio di prevalenza sulla recidiva contestata. In secondo luogo, contestava la decisione dei giudici di merito di non aderire alla sua richiesta di ‘concordato in appello’, una forma di accordo sulla pena.
La Decisione della Corte e il Divieto di Bilanciamento Recidiva
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni nette e aderenti al dettato normativo.
Il Primo Motivo: il Limite Normativo
Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno evidenziato che la richiesta di far prevalere le attenuanti sulla recidiva si scontra con un ostacolo insormontabile: il divieto espresso contenuto nell’articolo 69, quarto comma, del codice penale. Questa norma, come correttamente sottolineato già dalla Corte di merito, impedisce al giudice di effettuare tale bilanciamento recidiva in determinate situazioni, rendendo la pretesa del ricorrente in palese contrasto con la legge. La motivazione del ricorrente è stata quindi giudicata ‘manifestamente infondata’ perché basata su un’interpretazione non consentita dalla normativa vigente.
Il Secondo Motivo: la Necessità dell’Accordo
Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il ‘concordato in appello’ è, per sua natura, un accordo tra le parti. Nel caso specifico, la proposta avanzata dalla difesa non aveva ricevuto l’accoglimento da parte del procuratore generale. L’assenza di questo consenso fondamentale ha reso la richiesta priva di efficacia, poiché mancava il necessario accordo processuale per poter essere presa in considerazione dal giudice.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema sono radicate in due principi cardine del nostro ordinamento. Il primo è il principio di legalità: il giudice è soggetto alla legge e non può disapplicare una norma chiara e perentoria come quella dell’art. 69 c.p. che pone un limite al suo potere discrezionale nel bilanciamento delle circostanze. Il secondo principio riguarda la natura pattizia di alcuni istituti processuali: il concordato sulla pena non è un diritto dell’imputato, ma il risultato di una convergenza di volontà con l’accusa. Se una delle parti non acconsente, l’accordo non può formarsi. La manifesta infondatezza di entrambi i motivi ha portato a una declaratoria di inammissibilità, che comporta non solo il rigetto del ricorso ma anche sanzioni accessorie per il ricorrente.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale: la presentazione di un ricorso deve basarsi su solide argomentazioni giuridiche che non siano in diretto contrasto con norme di legge esplicite. Le possibilità di ottenere un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva sono circoscritte dai limiti imposti dal legislatore. Inoltre, viene confermato che le procedure consensuali, come il concordato, richiedono imprescindibilmente l’accordo di tutte le parti processuali coinvolte. Per il cittadino, ciò si traduce nella consapevolezza che un ricorso infondato non solo non porta al risultato sperato, ma genera anche costi aggiuntivi, come le spese processuali e il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.
È sempre possibile ottenere che le circostanze attenuanti generiche prevalgano sulla recidiva?
No, l’ordinanza chiarisce che l’art. 69, quarto comma, del codice penale pone un divieto espresso al giudice di effettuare tale bilanciamento in determinate circostanze, rendendo la richiesta legalmente infondata.
Cosa accade se si propone un ‘concordato in appello’ senza il consenso del procuratore generale?
La richiesta viene respinta. L’ordinanza sottolinea che, trattandosi di un accordo tra le parti, la proposta non accolta dal procuratore generale è priva del necessario presupposto per essere valutata dal giudice.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorrente, oltre a vedere confermata la sentenza impugnata, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4837 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 01/08/1988
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME Gabriele;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce il vizio d motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in termini di prevalenza sulla recidiva contestata, è manifestament infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il da normativo, poiché l’invocato bilanciamento incontra un divieto espresso nell’ar 69, quarto comma, cod. pen., come correttamente evidenziato dalla Corte di merito a pag. 4;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui genericamente si contesta il difetto di motivazione in relazione all’omessa adesione alla richiesta di concord in appello, è manifestamente infondato, trattandosi di una proposta non accolt dal procuratore generale e, pertanto, priva del necessario accordo fra le parti rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente