Ricorso in Cassazione: il bilanciamento circostanze tra recidiva e generiche
Il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è un momento cruciale nel processo penale per la determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 47417/2024, offre un chiaro esempio di come questo giudizio possa determinare l’esito di un ricorso, portando a una dichiarazione di inammissibilità. Il caso in esame riguarda un’imputata che contestava la decisione della Corte d’Appello di considerare equivalenti le attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva.
I Fatti del Processo
Una donna, già condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bari, ha proposto ricorso in Cassazione. La sua principale doglianza riguardava il giudizio di bilanciamento circostanze operato dai giudici di merito. In particolare, la ricorrente sosteneva che le attenuanti generiche avrebbero dovuto prevalere sull’aggravante della recidiva (specificamente, quella prevista dall’art. 99, comma 4, del codice penale). A suo avviso, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente motivato la scelta di considerare le circostanze equivalenti, limitandosi ad applicare una pena pari al minimo edittale.
L’importanza del bilanciamento circostanze nel giudizio di legittimità
La ricorrente chiedeva, in sostanza, una rivalutazione del merito che portasse a una pena più mite, grazie alla prevalenza delle attenuanti. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha un ruolo di giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è riconsiderare i fatti, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente. In questo contesto, il giudizio sul bilanciamento circostanze è sindacabile solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica o assente, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno spiegato che la censura proposta dalla ricorrente era concreta solo riguardo al giudizio di equivalenza, ma le argomentazioni erano deboli. La chiave della decisione risiede nell’articolo 69, comma 4, del codice penale. Questa norma stabilisce un divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche quando all’imputato è contestata una recidiva come quella del caso di specie (art. 99, comma 4, c.p.).
Di fronte a questo chiaro divieto normativo, la richiesta della ricorrente di far prevalere le attenuanti generiche era giuridicamente insostenibile. La scelta della Corte d’Appello di bilanciare le circostanze in termini di equivalenza rappresentava già l’esito più favorevole possibile per l’imputata. Pertanto, il ricorso è stato giudicato infondato in modo palese.
Conclusioni
L’ordinanza conferma un principio fondamentale: esistono limiti normativi precisi al potere discrezionale del giudice nel bilanciamento circostanze. La presenza di una recidiva qualificata, come quella prevista dall’art. 99, comma 4, c.p., impedisce la prevalenza delle attenuanti generiche. Un ricorso in Cassazione che ignori tale divieto normativo si espone a una quasi certa dichiarazione di inammissibilità. Come conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la ricorrente è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare ricorsi palesemente infondati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la richiesta di far prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva contestata era in contrasto con il divieto esplicito previsto dall’art. 69, comma 4, del codice penale.
Le circostanze attenuanti generiche possono sempre prevalere sulla recidiva?
No. Secondo la normativa citata nell’ordinanza (art. 69, comma 4, c.p.), in presenza di una recidiva specifica come quella prevista dall’art. 99, comma 4, c.p., è vietato al giudice dichiarare la prevalenza delle attenuanti generiche.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47417 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47417 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il 25/06/1993
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché la censura proposta, dotata di concretezza solo con riguardo al giudizio di bilanciamento tra circostanze opposte in termini di equivalenza giacchè la pena irrogata è stata applicata nel minimo edittale s che sul punto le ulteri indicazioni di principio non possono che ritenersi inconferenti), è manifestamente infondato’ giacchè, alla rivendicata prevalenza delle generiche sulla recidiva ex ad 99 comma 4 cp contestata e riconosciuta, osta il disposto di cui all’art 69 comma 4 cp rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31 ottobre 2024.