Bilanciamento Circostanze e Vizio di Mente: Quando il Ricorso è Inammissibile
Un’ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul corretto bilanciamento circostanze nel processo penale, specificando quali elementi rientrano in tale giudizio e quali ne sono esclusi. Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato da un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale, il quale lamentava una violazione di legge proprio nella valutazione comparativa delle circostanze. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e fornendo una lezione precisa sulla distinzione tra diminuenti e attenuanti.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di cui all’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale) e altri illeciti. In sede di appello, la Corte territoriale aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro tale decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto errore nel bilanciamento circostanze da parte del giudice di secondo grado. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non considerare adeguatamente le circostanze a favore dell’imputato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare, ritenendo il motivo proposto palesemente privo di fondamento giuridico. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni: Il Corretto Bilanciamento Circostanze
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui i giudici di legittimità hanno spiegato perché il ricorso fosse destinato al fallimento. La Corte ha chiarito un punto tecnico fondamentale: la diminuente per vizio parziale di mente, prevista dall’art. 89 del codice penale, non entra nel giudizio di bilanciamento circostanze.
Nel caso specifico, all’imputato era già stata riconosciuta per intero tale diminuente, che opera in modo autonomo riducendo la pena base. Il giudizio di bilanciamento, invece, ha riguardato esclusivamente la comparazione tra le attenuanti generiche e la circostanza aggravante della recidiva. La Corte ha specificato che la diminuente ex art. 89 c.p. è stata correttamente tenuta fuori da questo confronto, poiché la sua funzione è già stata esaurita con l’applicazione della riduzione di pena prevista dalla legge.
In altre parole, il giudice prima determina la pena base, poi applica le diminuenti come quella per il vizio parziale di mente, e solo successivamente procede al bilanciamento tra le altre circostanze (attenuanti comuni o generiche contro le aggravanti). L’errore del ricorrente è stato quello di confondere questi due passaggi distinti del processo di commisurazione della pena. La valutazione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta corretta e immune da vizi di legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per gli operatori del diritto: non tutte le circostanze che incidono sulla pena sono soggette al giudizio di bilanciamento. Le diminuenti, che hanno una natura e una funzione specifica, operano in una fase diversa e non devono essere confuse con le attenuanti comuni o generiche.
La decisione sottolinea come un ricorso basato su un’errata interpretazione di queste regole tecniche sia manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che è essenziale articolare i motivi di impugnazione su basi giuridiche solide, comprendendo a fondo i meccanismi di determinazione della pena per evitare non solo il rigetto del ricorso, ma anche l’imposizione di ulteriori sanzioni pecuniarie.
La diminuente per vizio parziale di mente rientra nel giudizio di bilanciamento con le circostanze aggravanti?
No, secondo l’ordinanza, la diminuente per vizio parziale di mente (ex art. 89 c.p.), una volta riconosciuta per intero, non viene inserita nel giudizio di bilanciamento tra le altre circostanze attenuanti e aggravanti.
Quali elementi sono stati oggetto del bilanciamento nel caso specifico?
Il bilanciamento effettuato dal giudice ha riguardato unicamente le attenuanti generiche da una parte e la recidiva (una circostanza aggravante) dall’altra.
Qual è stata la conseguenza della manifesta infondatezza del motivo di ricorso?
La manifesta infondatezza del motivo ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31148 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31148 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 28/09/1989
avverso la sentenza del 20/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N. 12762/25 Verzari
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ar 337 cod. pen. e altro);
Esaminati i motivi di ricorso,
Ritenuto che l’unico motivo dedotto nel ricorso, attinente alla violazione di legge quanto al giudizio di bilanciamento è manifestamente infondato, dal momento che la diminuente ex art. 89 cod. pen. è stata riconosciuta per intero e non inserita nel detto bilanciamento fra circostanze, che ha riguardat unicamente le attenuanti generiche e la recidiva; ritenuto, inoltre, che valutazione della Corte ha riguardato anche il merito della valutazione, oltre richiamare l’ostatività del dettato normativo quanto alla prevalenza dell attenuanti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/07/2025