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Bilanciamento circostanze: quando l’equivalenza vince

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La difesa lamentava un errato bilanciamento circostanze, chiedendo la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva. La Corte ha stabilito che la decisione del giudice di merito di concedere l’equivalenza era motivata adeguatamente dalla pericolosità sociale del soggetto, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento Circostanze: La Cassazione e il Potere Discrezionale del Giudice

Il tema del bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è un fulcro del diritto penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione discrezionale del giudice di merito, specialmente quando si confrontano attenuanti generiche e una contestata recidiva reiterata. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dall’articolo 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (legge sugli stupefacenti), a una pena di sei mesi di reclusione e 800 euro di multa. La sentenza, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, aveva operato un bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva reiterata, giudicandole equivalenti.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 69 del codice penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto considerare le attenuanti come prevalenti sull’aggravante, e non meramente equivalenti, con una conseguente riduzione della pena.

L’Analisi della Corte sul Bilanciamento delle Circostanze

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su principi consolidati in materia. In primo luogo, ha ricordato che, data la natura globale del giudizio sul bilanciamento, il giudice di merito non è obbligato a specificare nel dettaglio le ragioni che lo hanno portato a scegliere l’equivalenza anziché la prevalenza, a meno che non vi sia stata una richiesta specifica e argomentata dalla difesa.

In secondo luogo, e punto cruciale della decisione, la valutazione comparativa tra circostanze opposte è un’attività tipicamente discrezionale del giudice di merito. Questa valutazione sfugge al controllo della Cassazione se non è palesemente arbitraria o illogica e se è sostenuta da una motivazione sufficiente.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse tutt’altro che illogica. I giudici di merito avevano giustificato la scelta dell’equivalenza valorizzando elementi concreti a carico dell’imputato: la presenza di plurimi arresti e precedenti penali, di cui due specifici per reati della stessa indole.

Questi elementi, secondo la Corte, evidenziavano una “non trascurabile capacità a delinquere e una accentuata pericolosità” del soggetto. Tale profilo criminale non poteva essere considerato affievolito né dalla giovane età né dalla confessione, data l’assoluta evidenza del quadro probatorio. La motivazione, quindi, non solo non era irragionevole, ma si allineava perfettamente ai principi elaborati dalla stessa Corte di Cassazione, che richiedono di ancorare il giudizio di bilanciamento a una valutazione complessiva della personalità del reo e della gravità del fatto.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze

Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha concluso per la manifesta infondatezza delle doglianze e, di conseguenza, per l’inammissibilità del ricorso. Tale declaratoria ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa diventare un terzo grado di giudizio sul merito, ma debba limitarsi a censurare vizi di legittimità, come l’illogicità manifesta della motivazione, che in questo caso non sussisteva.

Un giudice deve sempre spiegare dettagliatamente perché ha bilanciato le circostanze in equivalenza anziché in prevalenza?
No. Secondo la Corte, il giudice di merito non è tenuto a specificare le ragioni che lo hanno indotto a dichiarare l’equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta stessa.

La valutazione del bilanciamento delle circostanze fatta da un giudice può essere contestata in Cassazione?
Sì, ma solo in casi limitati. La decisione può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione solo se risulta frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico e non è sorretta da una motivazione sufficiente, come invece è avvenuto nel caso di specie.

Quali elementi ha considerato la Corte per giustificare l’equivalenza tra attenuanti e la recidiva reiterata?
La Corte territoriale ha giustificato la scelta dell’equivalenza basandosi sulla presenza di plurimi arresti e precedenti penali a carico dell’imputato, due dei quali specifici. Questi elementi, nonostante la giovane età, sono stati ritenuti indicativi di una non trascurabile capacità a delinquere e di una accentuata pericolosità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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