Bilanciamento Circostanze: La Cassazione e i Limiti del Ricorso
Il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è uno dei poteri più delicati e discrezionali del giudice penale. Questa valutazione incide direttamente sulla determinazione della pena finale. Ma fino a che punto questa scelta può essere contestata davanti alla Corte di Cassazione? Una recente ordinanza fa luce sui limiti del ricorso, ribadendo principi consolidati e offrendo spunti importanti per la pratica legale.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Il caso analizzato riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per diversi reati, tra cui il delitto di falso. A pesare sulla sua posizione vi era la contestazione della recidiva, una circostanza aggravante che scatta quando un soggetto torna a delinquere dopo una precedente condanna. La difesa dell’imputato, tuttavia, aveva richiesto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, confidando che queste potessero prevalere sulla recidiva, portando a una pena più mite.
La Corte d’Appello, confermando la decisione del Tribunale, aveva invece optato per un giudizio di equivalenza, ritenendo che le attenuanti e l’aggravante della recidiva si bilanciassero a vicenda. Insoddisfatto, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio su questo punto cruciale.
Il Ruolo del Bilanciamento Circostanze nella Sentenza
L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla presunta illogicità della motivazione con cui i giudici di merito avevano deciso per l’equivalenza anziché per la prevalenza delle attenuanti. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente spiegato perché le circostanze a favore dell’imputato non fossero state considerate più rilevanti della sua passata condotta criminale.
Questa doglianza chiama in causa la natura stessa del giudizio di bilanciamento circostanze, che l’articolo 69 del codice penale affida al potere discrezionale del giudice. La Corte di Cassazione, tuttavia, non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità: il suo compito non è rivalutare i fatti, ma controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Le motivazioni di questa decisione sono nette e si basano su un principio cardine del nostro sistema processuale.
La Suprema Corte ha sottolineato che la valutazione sul bilanciamento circostanze è una tipica ‘valutazione in fatto’, riservata in via esclusiva ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che la sorregge non sia viziata da palesi illogicità o contraddizioni. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una giustificazione coerente e logica per la sua scelta. Aveva infatti spiegato che l’equivalenza tra le circostanze era la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena inflitta, tenendo conto di tutti gli elementi del caso, inclusa la documentazione prodotta dalla difesa. Poiché la motivazione era immune da vizi logici, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza ribadisce un concetto fondamentale: non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di merito per ottenere una riforma della sentenza in Cassazione. Per avere successo, un ricorso basato su un presunto vizio di motivazione nel bilanciamento circostanze deve dimostrare un errore logico evidente nel percorso argomentativo del giudice, non semplicemente proporre una diversa interpretazione dei fatti. Questa decisione conferma l’ampia discrezionalità dei giudici di merito in materia e stabilisce che, in assenza di vizi palesi, la loro valutazione sulla pena è definitiva. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per aver adito la Corte con un ricorso inammissibile.
È possibile contestare in Cassazione il modo in cui un giudice ha bilanciato le circostanze attenuanti e aggravanti?
Sì, ma solo se si dimostra che la motivazione della sentenza è manifestamente illogica o contraddittoria. Non è possibile chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti che hanno portato a quella decisione.
Cosa significa che il giudizio di bilanciamento delle circostanze è una ‘valutazione in fatto’?
Significa che si tratta di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello), basato sull’analisi del caso concreto. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo controllarne la correttezza logica e giuridica.
Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La condanna è diventata definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso ritenuto infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1375 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NIZZA MONFERRATO il 16/06/1985
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano del 26 maggio 2023 che ha confermava la pronuncia di condanna del Tribunale cittadino del 4 ottobre 2021 per il delitto di cui agli artt. 477, 482, 81, 99 comma quarto cod. pen.
-Considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta vizio di motivazione in riferimento al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche e della contestata recidiva in termini di equivalenza e non di prevalenza, è manifestamente infondato non confrontandosi con la motivazione della sentenza che con valutazione in fatto, tipica del giudizio di merito e insindacabile in questa sede, immune da vizi logici, ha giustificato la soluzione dell’equivalenza, ritenendola la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931), valutando altresì la documentazione prodotta dalla difesa (pag. 4 della sentenza impugnata).
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 6 dicembre 2023
Il consigliere estensore
COGNOME Il Presidente