Bilanciamento Circostanze: I Limiti al Ricorso in Cassazione
Nel processo penale, la determinazione della pena è una fase cruciale che dipende da molti fattori, tra cui il cosiddetto bilanciamento circostanze aggravanti e attenuanti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini molto stretti entro cui è possibile contestare questa valutazione del giudice. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte e quali sono le implicazioni pratiche per la difesa.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il principale motivo di doglianza riguardava proprio il giudizio di comparazione tra le circostanze opposte. La difesa sosteneva che la Corte territoriale avesse errato nel giudicare equivalenti le circostanze attenuanti e quelle aggravanti, chiedendo una valutazione più favorevole che avrebbe comportato una riduzione della pena.
La questione è giunta quindi all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a decidere se il motivo di ricorso fosse ammissibile e fondato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la valutazione delle circostanze è un’attività tipica del giudice di merito e sfugge, in linea di principio, al controllo della Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il bilanciamento circostanze come giudizio di merito
La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni della sua decisione, che si basano sulla natura stessa del giudizio di legittimità. Il bilanciamento circostanze è un’operazione intrinsecamente discrezionale, affidata al prudente apprezzamento del giudice che ha esaminato direttamente le prove e i fatti (il cosiddetto giudice di merito).
La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado, ma ha solo il compito di verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Un ricorso su questo punto è consentito solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione del giudice di merito risulta:
1.  Frutto di mero arbitrio: una decisione presa senza alcun criterio logico.
2.  Basata su un ragionamento illogico: un percorso argomentativo palesemente viziato.
3.  Priva di motivazione sufficiente: quando il giudice non spiega, neanche sinteticamente, le ragioni della sua scelta.
Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713 del 2010), la Corte ha sottolineato che una motivazione può essere ritenuta ‘sufficiente’ anche se si limita ad affermare che l’equivalenza tra le circostanze è la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena inflitta nel caso specifico. Nel caso in esame, i giudici di legittimità hanno ritenuto che le conclusioni della Corte d’Appello fossero ragionate e argomentate, e quindi non censurabili.
Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della pronuncia
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso e ha importanti implicazioni pratiche. Per gli avvocati e i loro assistiti, significa che è estremamente difficile ottenere una riforma della sentenza in Cassazione basandosi unicamente su un disaccordo con il bilanciamento circostanze operato nei gradi di merito. 
Un ricorso con queste motivazioni ha alte probabilità di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La strategia difensiva in sede di legittimità deve quindi concentrarsi su vizi di legge o difetti di motivazione macroscopici e palesi, piuttosto che tentare di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda processuale. La pronuncia rafforza l’autonomia e la discrezionalità dei giudici di merito nella commisurazione della pena, pilastro del nostro sistema penale.
 
È possibile contestare in Cassazione come un giudice ha bilanciato le circostanze aggravanti e attenuanti?
Di regola, no. La Corte di Cassazione ha stabilito che il bilanciamento delle circostanze è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata solo se la decisione è frutto di arbitrio, palesemente illogica o se manca completamente di motivazione.
Cosa si intende per motivazione ‘sufficiente’ nel giudizio di bilanciamento delle circostanze?
Secondo l’ordinanza, una motivazione è considerata sufficiente anche quando il giudice si limita a ritenere che la soluzione scelta (ad esempio, l’equivalenza delle circostanze) sia la più idonea a rendere la pena adeguata al caso concreto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile su questo punto?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4486 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4486  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a LIVORNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE
Ritenuto che il motivo di ricorso che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizza l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende
Roma 9/01/24