Bilanciamento Circostanze: la Cassazione Ribadisce i Limiti del Suo Sindacato
Il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è uno degli aspetti più delicati e discrezionali del giudizio penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini del proprio intervento su tale valutazione, chiarendo quando le decisioni dei giudici di merito diventano insindacabili. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato da un imputato che, pur avendo ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche, si doleva della loro mancata prevalenza su una contestata aggravante.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Prevalenza delle Attenuanti
L’imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bologna, aveva proposto ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 62-bis del codice penale. A suo avviso, i giudici di secondo grado avevano errato nel confermare il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante prevista dalla normativa sugli stupefacenti (art. 80, comma 2, T.U. Stupefacenti).
Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente valorizzato elementi positivi cruciali, quali:
* Il comportamento altamente collaborativo dell’imputato, la cui confessione era stata determinante per la prosecuzione del processo.
* La condotta processuale sempre rispettosa delle misure detentive applicate.
La difesa sosteneva che questi fattori avrebbero dovuto condurre a un giudizio di prevalenza delle attenuanti, con una conseguente riduzione della pena, e che la motivazione della Corte territoriale, basata sulla gravità del fatto e sulla pericolosità sociale, fosse insufficiente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse meramente reiterativo di argomentazioni già esaminate e respinte in appello. La Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza impugnata era del tutto coerente, logica e aderente alle risultanze processuali.
In sostanza, il ricorso non denunciava un vizio di legittimità, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della questione, un’operazione preclusa in sede di Cassazione.
Le Motivazioni: Il Ruolo del Giudice di Merito nel Bilanciamento Circostanze
Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione dei principi che governano il bilanciamento circostanze. La Cassazione chiarisce che la valutazione sulla comparazione tra circostanze di segno opposto è un tipico giudizio di merito, affidato alla valutazione discrezionale del giudice che ha esaminato le prove.
Questo giudizio sfugge al sindacato di legittimità a meno che non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente, spiegando perché il quadro probatorio giustificava un giudizio di equivalenza e non di prevalenza. I giudici di merito avevano ritenuto che, nonostante gli elementi positivi sollevati dalla difesa, la concreta portata offensiva del reato e la personalità negativa dell’imputato rendessero equa e proporzionata la pena derivante dall’equivalenza, sconsigliando un’ulteriore mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Il Principio di Diritto sul Giudizio di Comparazione
Richiamando un proprio precedente (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017), la Corte ribadisce che una motivazione è da considerarsi sufficiente quando, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si limita a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. Non è necessario che il giudice analizzi e confuti singolarmente ogni elemento a favore dell’imputato, se ritiene prevalenti gli indici di gravità del reato (art. 133 c.p.).
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il giudizio sul bilanciamento delle circostanze è una roccaforte della discrezionalità del giudice di merito. Per poterlo contestare con successo in Cassazione, non basta evidenziare elementi favorevoli che non sono stati esplicitamente valorizzati; è necessario dimostrare che la decisione finale sia il risultato di un percorso argomentativo manifestamente illogico o arbitrario. La semplice speranza di ottenere una valutazione diversa e più favorevole non è sufficiente a superare il vaglio di ammissibilità del ricorso di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza per la difesa di articolare le proprie censure non come una mera riproposizione dei fatti, ma come una precisa individuazione di vizi logici o giuridici nella motivazione del giudice.
Quando il giudice può decidere per l’equivalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti?
Il giudice può optare per l’equivalenza quando, nella sua valutazione discrezionale, ritiene che gli elementi negativi (come la gravità del fatto e la pericolosità sociale del reo) e quelli positivi (come la confessione o la buona condotta) si bilancino a vicenda, rendendo la pena risultante adeguata e proporzionata al caso concreto.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione del bilanciamento delle circostanze fatta dal giudice di merito?
Sì, ma solo a condizioni molto stringenti. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si dimostra che la valutazione del giudice di merito è frutto di un ragionamento manifestamente illogico o di mero arbitrio. Non è possibile chiedere alla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti.
La confessione e la buona condotta processuale garantiscono automaticamente la prevalenza delle attenuanti generiche?
No. Come dimostra questo caso, la confessione e la buona condotta sono elementi che il giudice deve considerare, ma non comportano automaticamente un giudizio di prevalenza. Il giudice può ritenerli ‘subvalenti’, cioè meno importanti rispetto alla gravità complessiva del reato e alla personalità dell’imputato, e decidere comunque per un giudizio di equivalenza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9768 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9768 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REGGIO EMILIA il 13/10/1993
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.
rilevato che, con un unico motivo di ricorso, NOME ha dedotto il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 62-bis, cod. pen., per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla contestata aggravante di cui all’art. 80, comma 2, TU Stup. (dolendosi, in particolare, della conferma del giudizio di equivalenza delle predette attenuanti con l’aggravate contestata, non avendo i giudici di appello valorizzato il comportamento altamente collaborativo del ricorrente che, grazie alla sua confessione, avrebbe consentito la prosecuzione del processo che, diversamente, non sarebbe potuta avvenire; inoltre, sarebbe stato necessario valorizzare il comportamento processuale che sarebbe stato sempre osservante alle prescrizioni imposte con le misure detentive applicategli in sequenza; la motivazione fornita sul punto, nel senso che il bilanciamento operato in sede di primo grado era corretto sulla base della portata offensiva del fatto e in considerazione della pericolosità sociale dell’imputato non sarebbe corretta, in quanto si sarebbero dovuti tenere presenti anche gli ulteriori aspetti positivi indicati);
Ritenuto che il motivo di ricorso proposto dalla difesa è inammissibile perché meramente reiterativo di profili di doglianza già adeguatamente esaminati a confutati dai giudici di appello con motivazione del tutto coerente con le emergenze processuali e rispondente ai canoni di logicità argomentativa, e volto a prefigurare una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità ed avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, oltre ad essere manifestamente infondato richiamando vizi motivazionali non rilevabili dagli atti processuali (si v., in particolare, le considerazioni espresse pag. 1 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di escludere il giudizio di prevalenza tra le già riconosciuta attenuanti e l’aggravante contestata, avendo i giudici di appello confermato il riconosciuto giudizio di equivalenza in quanto equo e proporzionato alla concreta portata offensiva del fatto ed alla pericolosità sociale dell’imputato, essendo quindi sconsigliabile un’ulteriore mitigazione del trattamento sanzionatorio sia in termini retributivi che specialpreventivi); che, in particolare, detta motivazione non può ritenersi manifestamente illogica sol perché non ha valorizzato elementi, quali quelli richiamati dalla difesa, evidentemente ritenuti subvalenti dai giudici territoriali che hanno attribuito rilevanza agli indici di gravità del fatto ed alla negativa personalità del reo, così compiendo un giudizio pienamente conforme ai criteri direttivi di cui
all’art. 133, cod. pen., dovendosi, peraltro, ribadire in questa sede che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Rv. 270450 – 01);
Ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 febbraio 2025
Il Presidente