Bilanciamento Circostanze: la Cassazione Conferma il Potere Discrezionale del Giudice
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del diritto penale: il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è un’attività che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La decisione chiarisce i confini del sindacato di legittimità su tale valutazione, sottolineando come non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio. Questo intervento giurisprudenziale offre spunti cruciali per comprendere come viene determinata la pena e quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione.
I Fatti del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente lamentava, tra i vari motivi, un’errata valutazione da parte del giudice di merito nel cosiddetto giudizio di comparazione tra le circostanze del reato, disciplinato dall’articolo 69 del codice penale. In sostanza, si contestava il modo in cui il giudice aveva soppesato gli elementi a favore dell’imputato (attenuanti) rispetto a quelli a suo sfavore (aggravanti) per la determinazione della pena finale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di tale decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici supremi hanno stabilito che i motivi presentati dal ricorrente non erano consentiti in sede di legittimità, in quanto si traducevano in doglianze su profili già correttamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: il Potere Discrezionale nel Bilanciamento Circostanze
Il cuore della pronuncia risiede nella riaffermazione del principio secondo cui il bilanciamento circostanze è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito. La Corte, richiamando una storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 3286 del 2009), ha specificato che questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato con una motivazione adeguata.
Tuttavia, l’obbligo di motivazione non impone al giudice di fornire una spiegazione analitica di ogni singolo elemento considerato. È sufficiente che dalla sentenza emerga, in modo chiaro e logico, il ragionamento che ha portato il giudice a ritenere una certa pena adeguata alla gravità del reato e alla personalità del reo. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse sufficiente a illustrare il percorso logico-giuridico seguito, rendendo così le critiche del ricorrente un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda.
Conclusioni: Limiti al Sindacato di Legittimità
L’ordinanza in esame è un’importante conferma dei limiti del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo giudice” che può riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Pertanto, un ricorso che si limiti a contestare l’opportunità della valutazione compiuta dal giudice di merito sul bilanciamento circostanze, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La decisione del giudice di merito, se supportata da argomentazioni coerenti e non palesemente irragionevoli, diventa insindacabile in sede di legittimità, cristallizzando così la determinazione della pena.
È possibile contestare in Cassazione il bilanciamento delle circostanze fatto dal giudice?
Sì, ma solo entro limiti molto precisi. Non si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il ricorso è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio della motivazione, come la sua totale assenza, la sua manifesta illogicità o contraddittorietà.
Cosa si intende per ‘potere discrezionale’ del giudice in questo contesto?
Significa che la legge affida al giudice di merito il compito di soppesare le circostanze attenuanti e aggravanti sulla base del suo prudente apprezzamento del caso concreto. Il giudice deve decidere se le une prevalgono sulle altre o se si equivalgono, e questa scelta influisce direttamente sulla pena finale. Tale potere deve essere esercitato con una motivazione che renda comprensibile il suo ragionamento.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22757 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22757 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CERNUSCO SUL NAVIGLIO DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 181 – R.G. n. 1817/24
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze su profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si veda, in particolare, pag. 8, sul giudizio di bilanciamento tra circostanze), posto che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte Suprema (Sez. U, n. 3286 del 27/11/2008, dep. 2009, Chiodi) il giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. pen., è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere – come nella specie – in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità dei reo;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/29 124.