Bilanciamento Circostanze: Quando la Decisione del Giudice è Intoccabile
Il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è uno dei momenti più delicati nel processo penale, in quanto incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti del potere discrezionale del giudice di merito e le possibilità di contestare tale valutazione in sede di legittimità. La Suprema Corte ha confermato un principio consolidato: la scelta del giudice di ritenere equivalenti le circostanze, anziché far prevalere le attenuanti, è insindacabile se sorretta da una motivazione sufficiente, anche se sintetica.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato in Corte d’Appello per i reati di lesioni personali tentate e porto di oggetti atti ad offendere. Nonostante una riduzione della pena rispetto al primo grado, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione dell’articolo 69 del codice penale.
Nello specifico, la difesa lamentava il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante contestata (quella della destrezza). Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe errato nel giudizio di comparazione, limitandosi a dichiarare le circostanze equivalenti.
Il Bilanciamento Circostanze secondo la Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire la natura del bilanciamento circostanze. Si tratta di una valutazione squisitamente discrezionale, tipica del giudizio di merito, che sfugge al sindacato di legittimità della Cassazione.
Questo principio non è assoluto. Il controllo della Suprema Corte è ammesso solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione del giudice di merito è:
* Frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
* Priva di una motivazione sufficiente che ne spieghi le ragioni.
Al di fuori di queste ipotesi, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti del processo.
Le Motivazioni
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva giustificato il giudizio di equivalenza ritenendolo la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena inflitta concretamente all’imputato. Secondo la Cassazione, richiamando una storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010), una simile motivazione è da considerarsi pienamente sufficiente.
Non è necessario che il giudice si dilunghi in complesse argomentazioni per giustificare la propria scelta nel bilanciamento. È sufficiente che esprima il criterio guida seguito, come quello dell’adeguatezza della sanzione, per rendere la sua decisione immune da censure di legittimità. Pertanto, il motivo di ricorso è stato giudicato infondato e l’appello dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Chi intende contestare in Cassazione il giudizio di comparazione tra circostanze deve essere consapevole che non basta un semplice dissenso rispetto alla scelta del giudice. È indispensabile dimostrare un vizio grave della motivazione, come la sua totale assenza, la sua contraddittorietà o la sua manifesta illogicità. In assenza di tali vizi, la valutazione discrezionale del giudice di merito sul bilanciamento circostanze resta un caposaldo del nostro sistema processuale, non soggetto a revisione in sede di legittimità.
È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice sul bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti?
No, di regola non è possibile. La Cassazione ha ribadito che il giudizio di comparazione tra circostanze è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestato solo se la motivazione è totalmente assente, manifestamente illogica o arbitraria.
Quale tipo di motivazione è sufficiente per giustificare un giudizio di equivalenza tra circostanze?
Secondo l’ordinanza, è sufficiente una motivazione che ritenga la soluzione dell’equivalenza come la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena da infliggere in concreto, senza che siano necessarie argomentazioni più complesse.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36979 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36979 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ne ha confermato la condanna per i reati di cui agli artt. 56, 582, 585 cod. pen. (capo 1) e 4 legge n. 110 del 1975, procedendo però alla riduzione della pena;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso- che invoca un giudizio di prevalenza ex art. 69 cod. pen. delle circostanze attenuanti generiche sulla aggravante della destrezza – è manifestamente infondato, poiché le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora, come nella specie (cfr. pag. 3), non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/09/2024