Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14655 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14655 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ZARY (POLONIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. n 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano con sentenza del 13/11/2023 confermava la sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lodi in data 14/2/2023, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati ascrittigli.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla determinazione della pena. Ritiene che la Corte territoriale abbia errato nel confermare la pena come calcolata dal giudice di prime cure; che, in particolare, le circostanze attenuanti generiche avrebbero dovuto entrare nel giudizio di bilanciamento non solo con la contestata recidiva, ma anche con la circostanza aggravante privilegiata di cui all’art. 628, comma quarto, cod. pen.
2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione, in relazione alla determinazione della pena, nonché mancanza e illogicità della motivazione. Osserva che entrambe le sentenze di merito non hanno dato conto dei motivi per i quali non hanno riconosciuto le circostanze attenuanti generiche nella loro mas.sima estensione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1 Il primo motivo non è fondato.
Invero, sulla questione se, una volta che siano riconosciute le circostanze attenuanti, queste debbano in concreto operare, incidendo sulla pena del reato aggravato da una circostanza aggravante privilegiata, anche nel caso in cui vi siano circostanze aggravanti non ugualmente privilegiate, cioè aggravanti destinate ad essere sottoposte al bilanciamento ex art. 69 cod. pen. con le attenuanti, si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte, affermando che le «circostanze attenuanti che concorrono sia con circostanze aggravanti soggette a giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 cod. pen. che con circostanza che invece non lo ammette in modo assoluto, devono essere prev’amente sottoposte a tale giudizio e, se sono ritenute equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta – per il reato aggravato da circostanza “privilegiata” se non ricorress alcuna di dette circostanze» (Sezioni Unite, n. 42414 del 29/4/2021, Cena, Rv. 282096 – 01). Il caso trattato dalle Sezioni Unite riguardava le circostanze privilegiate di cui all’art. 625 cod. pen., ma la questione è identica rispetto quelle di cui all’art. 628, comma quinto, cod. pen.
Nel caso di specie, invero, la norma che viene in considerazione per la soluzione della questione oggetto di scrutinio è la disposizione di cui all’art. 628, comma quinto, cod. pen., introdotta dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, che regola il funzionamento della circostanza aggravante privilegiata, stabilendo che, nel caso di rapina aggravata dalle circostanze di cui ai nn. 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater del comma terzo, le circostanze attenuanti (salvo che si tratti di quella di cui all’art. 98 cod. pen.) si computano, in assenza di altre aggravanti, solo dopo la determinazione della pena per il reato aggravato. Anche la circostanza aggravante prevista nell’art. 628, comma quinto, cod. pen. (oltre a quella di cui all’art. 624-bis, comma quarto, cod. pen., di cui all’arresto citato delle Sezioni Unite Cena) va, quindi, inclusa nella categoria delle circostanze aggravanti privilegiate, ossia a c.d. blindatura forte. Del resto, essendo le circostanze privilegiate poste a tutela di beni giuridici differenti, sia pure considerati primari, non è possibile individuare una categoria unitaria: nella tipizzazione di una circostanza aggravante privilegiata il legislatore enuncia il divieto di prevalenza e
t.
di equivalenza delle concorrenti circostanze attenuanti e dispone che «le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti», dizione utilizzata anche nell’art. 628, comma quinto, cod. pen., applicato nel caso oggetto di scrutinio.
La norma recepisce le indicazioni dettate dalla giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale, sentenze n. 38 del 1985 e n. 194 del 1985), che ha escluso la illegittimità costituzionale delle aggravanti privilegiate, tenuto conto che anche rispetto ad esse le circostanze attenuanti possono operare, se non in virtù del bilanciamento (vietato a favore delle attenuanti), in ragione del disposto dell’art. 63, comma terzo, cod. pen., che, in caso di riconoscimento di circostanze ad effetto speciale, prevede che l’aumento o la diminuzione di pena conseguenti ad altre circostanze non operino sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza privilegiata. Va solo aggiunto che, a mente del comma quarto dell’art. 63 cod. pen., nel caso si tratti di concorso tra circostanze aggravanti ad effetto speciale, vige la regola del computo obbligatorio della sola circostanza più grave, restando facoltativo un aumento per la meno grave, nei limiti di un terzo della pena.
Le circostanze aggravanti privilegiate, dunque, sono sottratte al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti, le quali comporteranno una diminuzione della pena prevista per il reato aggravato, solo se, all’esito del giudizio di bilanciamento con le altre circostanze aggravanti, dovessero essere ritenute prevalenti. Del resto, nel caso di un giudizio di equivalenza, gli elementi mitigatori che sono stati riconosciuti quali circostanze attenuanti generiche, “neutralizzate” dalla aggravante ad effetto speciale concorrente, «possono pur sempre trovare considerazione nell’ambito dei criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., quando il giudice ritenga che il giudizio d equivalenza non abbia esaurito la portata attenuatrice delle circostanze riconosciute all’imputato nel caso specifico» (Sezioni Unite Cena, cit.).
Sotto altro profilo, nemmeno può porsi nel caso di specie alcuna questione in relazione alla legittimità del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen., atteso che tale deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento non determina una manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, limitancosi a «valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati», senza risultare manifestamente irragionevole, secondo quanto evidenziato nelle decisioni della Corte costituzionale (sent. n. 68 del 2012; in senso conforme sent. n. 251 del 2012, n. 105 del 2014, n. 106 del 2014), che hanno affermato che le deroghe al bilanciamento, possibili e rientranti
nell ‘ambito delle scelte del legislatore, sono sindacabili solo «ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio» (Sezione 6, n. 16487 del 23/3/2017, Giordano, Rv. 269522 – 01). Sul punto, Sezioni Unite Cena hanno ritenuto che, in tema di giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti e la recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen., «non sia affatto irragionevole la disciplina dettata dall ‘ art. 69, quarto comma, cod. pen., che non consente una valutazione di prevalenza delle circostanze attenuanti, ma solo di minusvalenza od equivalenza, atteso che non sussiste alcun automatismo nel riconoscimento della sussistenza della recidiva, la quale, come detto, non corrisponde ad un mero status desumibile dal certificato penale, ma rappresenta una concreta espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale in relazione al reato commesso, ove ritenuta sussistente dal giudice. In tal caso, quindi, risulta coerente che la stessa possa produrre un sostanziale aggravamento della risposta punitiva, quanto meno neutralizzando l ‘incidenza delle circostanze attenuanti».
Alla luce delle considerazioni svolte e tornando al caso che si sta scrutinando, ritiene il Collegio che, se errore di diritto sia stato commesso nella sentenza impugnata in relazione al computo della pena, esso si sia risolto in favore del ricorrente, atteso che il giudice di primo grado, pur avendo valutato le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva ex art. 99, comma quarto, cod. pen., ha poi operato una diminuzione della pena.
1.2 II secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Si è sopra evidenziato che il giudice, avendo ritenuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva qualificata contestata al ricorrente, non avrebbe dovuto effettuare la diminuzione di pena, di talchè l ‘imputato non può dolersi della misura della diminuzione applicata.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell ‘art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
D Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 7 marzo 2024.
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