Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32577 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLLENA TROCCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2024 della Corte d’Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Procuratore generale
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, riconoscendo l’attenuante del risarcimento del danno e rideterminando la pena, la sentenza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, il 26 giugno 2024, aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del delitto di cui agli artt. 110, 624 bis , 625 nn.2 e 5 cod. pen. perché, in concorso con altri, dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazione di COGNOME NOME e COGNOME Luigi e averla messa a soqquadro, si era impossessato della somma di denaro pari a euro 1.000 nonché di numerosi oggetti preziosi e di valori custoditi all’interno della casa in Casalnuovo di Napoli, l’8 febbraio 2024. Con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose e in tre persone, (capo 1); del delitto previsto dagli artt. 110, 337 e 61, n.2, cod. pen. per aver usato, in concorso con altri, violenza e minacce nei confronti di pubblici ufficiali in servizio presso la compagnia RAGIONE_SOCIALE Castello di Cisterna, procedendo a bordo di una Fiat Bravo a velocità sostenuta, accelerando
bruscamente nel tentativo di guadagnare la fuga, compiendo manovre spericolate e arrestando improvvisamente la marcia, salvo ripartire bruscamente in retromarcia, colpendo volutamente sul lato sinistro il veicolo militare e riprendendo poi la fuga fino ad arrestare l’auto al centro di Casoria nel tentativo di darsi alla fuga. Con l’aggravante di aver commesso il fatto per conseguire e assicurare a sé il profitto del reato e l’impunità in relazione al delitto di cui al capo che precede (capo 2); del delitto di cui agli artt. 110, 635, commi 1 e 2, in relazione agli artt. 625 n.7 e 61, n.2, cod. pen., perché, in concorso con altri, con la violenza alla persona descritta nel capo che precede, deteriorava e rendeva in tutto in parte inservibile l’autovettura di servizio in uso ai RAGIONE_SOCIALE Casalnuovo di Napoli l’8 febbr aio 2024. Con l’aggravante di aver commesso il fatto su cose destinate al pubblico servizio, con violenza alla persona e nei confronti di cosa e con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di conseguire e assicurare a sé il profitto del reato e l’im punità in relazione al delitto di cui al capo 1 ed eseguire il delitto di cui al capo 1 (capo 3). Con recidiva reiterata, specifica infraquinquennale.
NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo, con unico, articolato motivo, violazione di legge per difetto di motivazione o comunque per motivazione apparente in ordine al diniego di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.
La Corte territoriale, nel riconoscere la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno provocato con il furto, ha mantenuto il giudizio di equivalenza delle circostanze eterogenee riconoscendo, tuttavia, rilevanza al positivo comportamento d ell’imputato nella commisurazione della pena base di cui all’art. 624 bis , comma 3, cod. pen., rideterminata in cinque anni, nove mesi di reclusione ed euro 1.200 di multa a fronte della pena di sei anni, sei mesi di reclusione ed euro 1.800 di multa irrogata dal primo giudice.
La difesa ritiene che il giudice di appello abbia reso una motivazione apodittica circa la mancata possibilità di procedere al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti a causa della contestata recidiva qualificata di cui all’art. 69, comma 4, cod. pen. Tale motivazione, si assume, viola il principio di offensività in concreto e il principio di proporzionalità della pena perché la mera contestazione della recidiva non può condurre a un automatismo nel giudizio di pericolosità sociale, con la conseguenza che la mera contestazione della recidiva qualificata andrebbe a inficiare la valutazione degli elementi di segno positivo. La motivazione del giudice di appello circa la mancata possibilità di elidere l’effetto aggravante della recidiva qualificata applicando il minimo edittale della fattispecie base aggravata di cui a ll’art. 624 bis , comma 3, cod. pen. risulta apodittica perché si fonda sulla mera esistenza di precedenti penali . Non è stata fornita, si assume, un’adeguata
motivazione circa le ragioni per le quali gli elementi di segno positivo fossero travolti dal giudizio di pericolosità sotteso alla recidiva qualificata.
Nel caso di specie, si assume, il buon comportamento processuale, l’aver reso spontanee di dichiarazioni in cui l’imputato si è reso collaborante con le Forze dell’ordine circa l’individuazione dell’abitazione in cui è stato perpetrato il furto, la restituzione della refurtiva e il risarcimento del danno offerto alla persona offesa, ritenuto congruo, avrebbero imposto al giudice di spiegare per quale ragione tali elementi fossero travolti dal giudizio di pericolosità sotteso alla recidiva qualificata. Nel ricorso si richiama la sentenza delle Sezioni Unite penali n. 42414 del 29/04/2021 a proposito del concorso eterogeneo di circostanze in presenza di circostanze bilanciabili e non bilanciabili e a proposito della questione se l’esito del prioritario bilanciamento in termini di equivalenza delle attenuanti con la recidiva qualificata possa riverberarsi su una circostanza sottratta al giudizio di bilanciamento qual ‘ è la fattispecie aggravata di cui all’art. 624 bis cod. pen. Con tale sentenza, la Corte di cassazione ha ripudiato ogni automatismo fondato sull’instaurazione presuntiva di una relazione qualificata tra status della persona e reato commesso e ha correlato il recupero della valutazione discrezionale a uno specifico obbligo motivazionale. Secondo la difesa, dunque, il giudice di appello, una volta riconosciuta e concessa l’attenuante del risarcimento del danno, avrebbe dovuto spiegare per quale ragione non fosse possibile nel caso concreto elidere l’effetto aggravante della recidiva riducend o la pena base al minimo edittale della fattispecie aggravata di cui a ll’art. 624 bis , comma 3, cod. pen. Risulta errato, si assume, fare ricorso ai criteri commisurativi di cui a ll’art. 133 cod. pen., strumento inidoneo ad attenuare adeguatamente il trattamento sanzionatorio e tale da confondere le valutazioni sottese alla recidiva, che guardano al passato, e alla capacità delinquere, che comporta un giudizio prognostico. Fare riferimento al numero dei precedenti senza dare conto del peso maggiore assunto dagli elementi di segno positivo finisce con il determinare una pena puramente retrospettiva. Il ragionamento della Corte di appello, che ha operato una riduzione pari a sei mesi della misura della pena irrogata in primo grado, tradisce una contraddittorietà in termini logici: se il riconoscimento dell’ulteriore attenuante del risarcimento confluisce nel giudizio di equivalenza con la recidiva qualificata, non di meno la portata mitigatrice si riverbera sulla determinazione della pena dopo aver proceduto all’aumento per la circostanza aggravante di cui a ll’art. 624 bis , comma 3, cod. pen.; ma se la valutazione positiva circa il comportamento dell’imputato ha indotto la Corte ad attribuire una valenza mitigatrice tale da oltrepassare il giudizio di equivalenza con la recidiva qualificata contestata, non risulta chiara né comprensibile la logica sottesa alla mancata concessione delle attenuanti in misura prevalente.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Il giudice di appello ha, in primo luogo, ritenuto che la recidiva qualificata di cui all’art. 69, comma 4, cod. pen. fosse ostativa al riconoscimento dell’attenuante speciale di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. in termini di prevalenza; ha, poi, spiegato che, nel caso concreto, la condotta criminosa fosse da considerare indicativa di una perdurante inclinazione al delitto in quanto i numerosi precedenti penali dell’imputato, per fatti allarmanti e anc he specifici, erano da considerare indicativi di una spiccata pericolosità, nel rispetto di quanto richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838 – 01), così negando la possibilità di disapplicare la recidiva. La Corte ha, tuttavia, trascurato di considerare che la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. ha carattere di circostanza a privilegio parziale, ovvero a c.d. blindatura debole, nel senso che si sottrae al bilanciamento in termini di minusvalenza, ma ha resistenza parzialmente vincibile mediante la neutralizzazione del possibile aumento a seguito di un giudizio di equivalenza con le circostanze attenuanti.
Tale ipotesi risulta del tutto trascurata dalla Corte territoriale, che ha posto la sola alternativa tra giudizio di prevalenza della circostanza attenuante, precluso dalla recidiva parzialmente privilegiata, e disapplicazione della recidiva, senza esprimere le ragioni del diniego di un possibile giudizio di equivalenza.
Difetta, dunque, secondo quanto indicato nel ricorso, ogni motivazione inerente al giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti e le circostanze aggravanti non sottratte alla comparazione. A pag.4 della sentenza, infatti, la Corte ha spiegato perché non fosse possibile disapplicare la circostanza aggravante della recidiva per poi trattare, con salto logico, l’incidenza del positivo comportamento dell’imputato sulla riduzione della pena base prevista ai sensi dell’art. 624 bis , comma 3, cod. pen.
Così facendo, si è determinato il trattamento sanzionatorio sul presupposto che la sola presenza di una circostanza “privilegiata” determinasse una estensione del regime di “privilegio” a tutte le altre circostanze coesistenti, sottraendole al bilanciamento.
Occorre, invece, ribadire che in caso di prevalenza delle circostanze attenuanti (esito precluso nel caso in esame), le relative diminuzioni di pena operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento previsto ed applicato per l’aggravante privilegiata, nel caso di specie l’aggravante di cui all’art. 624 bis , comma 3, cod. pen., cui viene garantita piena operatività.
Per converso, nel rispetto di quanto indicato da Sez. U Cena (Sez. U, n. 42414 del 29/04/2021, Rv. 282096 -01, chiamate a dirimere la questione «se, una volta che siano riconosciute le circostanze attenuanti, queste debbano in concreto operare, incidendo sulla pena del reato aggravato da una circostanza aggravante privilegiata, anche nel caso in cui vi siano circostanze aggravanti non ugualmente privilegiate, cioè aggravanti destinate ad essere sottoposte al bilanciamento ex art. 69 cod. pen. con le attenuanti»), «una volta che il giudice, nell’ambito della sua discrezionalità, abbia individuato i profili costitutivi di una circostanza aggravante “privilegiata”, egli è vincolato nel meccanismo di calcolo della pena secondo quanto previsto dalla specifica disposizione e, in presenza di altre circostanze eterogenee, non può scegliere un itinerario di commisurazione della sanzione diverso da quello disegnato dagli artt. 69 e 63 cod. pen.: deve, perciò, operare il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti che lo consentono e circostanze attenuanti e stabilire all’esito la pena conseguente all’applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., in caso di minusvalenza, ovvero dell’art. 63, quinto comma, in caso di prevalenza delle circostanze attenuanti».
E’ vero che la citata pronuncia delle Sezioni Unite ha anche precisato che « gli elementi mitigatori che sono stati riconosciuti quali circostanze attenuanti generiche, “neutralizzate” dalla recidiva reiterata, possono pur sempre trovare considerazione nell’ambito dei criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., quando il giudice ritenga che il giudizio di equivalenza non abbia esaurito la portata attenuatrice delle circostanze riconosciute all’imputato nel caso specifico». Tale valutazione, tuttavia, non può prescindere dal previo giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee bilanciabili; la Corte di appello, in altre parole, una volta riconosciuta la circostanza attenuante speciale di cui a ll’art. 62 n.6 cod. pen., avrebbe dovuto sviluppare un nuovo giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee bilanciabili e spiegare per quale ragione tale nuova circostanza, unita alle già riconosciute attenuanti generiche, non comportasse un giudizio di comparazione con le circostanze aggravanti bilanciabili diverso da quello espresso dal giudice di primo grado.
Tale motivazione è del tutto assente.
5. La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio limitatamente al
trattamento sanzionatorio e contestuale pronuncia ai sensi dell ‘ art. 624 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilita’ della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato. Così è deciso, 23/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME