Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8319 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo che: il ricorso di COGNOME NOME sia dichiarato inammissibile; i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME siano rigettati;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME e anche quale sostituto dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore di COGNOME NOME, il quale si è riportato ai motivi di ricorso, anche per l’Avvocato da lui sostituito, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19/06/2023, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 05/05/2022 del Tribunale di Napoli, per quanto qui ancora interessa: a) esclusa la circostanza aggravante prevista dall’art. 416-bis.1
cod. pen. limitatamente alla cosiddetta agevolazione mafiosa e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva a ciascuno contestata, confermava la condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di rapina pluriaggravata di cui al capo 1) dell’imputazione; b) rideterminava la pena irrogata agli stessi imputati per tale reato in sette anni e nove mesi di reclusione ed C 2.500,00 di multa per NOME COGNOME e in sette anni e sei mesi di reclusione ed C 2.500,00 di multa per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso l’indicata sentenza del 19/06/2023 della Corte d’appello di Napoli, hanno proposto ricorsi per cassazione, con distinti atti e per il tramite dei propri rispettivi difensori, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen. e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte d’appello di Napoli confermato che la propria condotta integrava la circostanza aggravante del cosiddetto metodo mafioso.
Dopo avere richiamato giurisprudenza della Corte di cassazione sul tema di tale circostanza aggravante, il ricorrente deduce che la Corte d’appello di Napoli, come già il Tribunale di Napoli, avrebbero fondato il giudizio di sussistenza della stessa circostanza aggravante «sulla natura asseritamente eclatante dell’azione e sulla sfrontatezza degli autori» (così il ricorso), cioè su degli elementi che l menzionata giurisprudenza di legittimità avrebbe escluso che possano integrare l’aggravante del metodo mafioso, la quale richiederebbe, invece, di «individuare elementi concretamente sintomatici della esteriorizzazione del metodo mafioso tali da evocare il capitale criminale proprio di queste associazioni» (così il ricorso). Ad avviso del ricorrente, invece, né la Corte d’appello di Napoli né, prima, il Tribunale di Napoli, «al di là delle modalità dell’azione», avrebbero individuato «altre circostanze attestanti la concreta evocazione d i quel capitale» criminale. Il COGNOME sottolinea ancora come la sussistenza della circostanza aggravante in parola non possa essere desunta dai soli fatti che il reato sia stato commesso da un appartenente alla criminalità organizzata o in una zona territoriale ad alta intensità camorristica.
3.2. Il secondo motivo, che riguarda il trattamento sanzionatorio, è proposto in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., e con riferimento agli artt. 62-bis, 63, quarto comma, 66, 69, 133, 416-bis.1 e 628, terzo comma, n. 1), cod. pen., nonché agli aria. 581 e 597, commi 1, 3 e 4, cod. proc. pen., ed è articolato in due profili.
3.2.1. Sotto un primo profilo, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Napoli avrebbe erroneamente applicato la legge penale e, in particolare, tra le altre invocate norme di legge, quella di cui all’art. 69, terzo comma, cod. pen., perché, nonostante avesse riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e avesse formulato un giudizio di equivalenza di esse, avrebbe limitato l’effetto di tale giudizio di equivalenza alla sola circostanza aggravante della recidiva e non anche alle altre circostanze aggravanti di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1), cod. pen., dell’essere stata la violenza o minaccia commessa con armi e da più persone riunite; aggravanti, queste, non soggette al divieto di bilanciamento previsto dal quinto comma dell’art. 628 cod. pen.
Il ricorrente rappresenta che il fatto che la Corte d’appello di Napoli, con il menzionato giudizio di bilanciamento, abbia «neutralizzato» solo l’aggravante della recidiva e non anche le aggravanti di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1), cod. pen., si evincerebbe: a) dal fatto che l’aumento di pena per l’unica aggravante non bilanciabile, cioè quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è stato stabilito sensi dell’art. 63, quarto comma, cod. pen.; b) dall’individuazione, in assenza di alcun supporto motivazionale, della pena base in sette anni di reclusione, cioè nella misura pari al minimo della pena previsto dal quarto comma dell’art. 628 cod. pen. per il reato di rapina aggravata da due o più delle circostanze di cui al terzo comma dell’art. 628 cod. pen.
Per tali ragioni, secondo il ricorrente, la pena base avrebbe dovuto essere individuata nel minimo edittale di cinque anni di reclusione previsto dal primo comma dell’art. 628 cod. pen.
3.2.2. Sotto un secondo profilo, il ricorrente deduce la violazione del divieto di reformatio in peius per avere la Corte d’appello di Napoli irrcgato, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, per la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena superiore a quello che era stato irrogato dal Tribunale di Napoli.
COGNOME, dopo avere premesso che il Tribunale di Napoli avrebbe irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., un aumento di pena di sei mesi di reclusione per le aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lamenta che la Corte d’appello di Napoli, nonostante l’esclusione, per effetto del bilanciamento che aveva effettuato, dell’effetto sanzionatorio della recidiva, abbia irrogato, per la sola aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c:od. pen., lo stesso aumento di pena di sei mesi di reclusione, laddove tale aumento avrebbe dovuto essere inferiore a sei mesi, «dovendosi da questa misura sottrarre la quota sanzionatoria direttamente riferibile alla recidiva, la cui concreta operatività è stata elisa dal bilanciamento ex art. 69 comma 3 c.p.».
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen. e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte d’appello di Napoli confermato che la propria condotta integrava la sussistenza della circostanza aggravante del c:osiddetto metodo mafioso.
Il ricorrente prospetta argomentazioni del tutto coincidenti con quelle del primo motivo del ricorso di NOME COGNOME e che si sono riassunte al punto 3.1.
4.2. Il secondo motivo, che riguarda il trattamento sanzionatorio, è proposto in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., e con riferimento agli artt. 62-bis, 63, quarto comma, 66, 69, 133, 416-bis.1 e 628, terzo comma, n. 1), cod. pen. e agli artt. 581 e 597, commi l, 3 e 4, cod. proc. pen. ed è articolato in due profili.
4.2.1. Sotto il primo profilo, il ricorrente prospetta censure coincidenti con quelle sollevate da NOME COGNOME con il primo profilo del secondo motivo del suo ricorso e che si sono riassunte al punto 3.2.1.
4.2.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente deduce, analogamente a quanto dedotto da NOME COGNOME con il secondo profilo del secondo motivo del suo ricorso (punto 3.2.2), la violazione del divieto di reformatio in peius per avere la Corte d’appello di Napoli irrogato, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, per la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena superiore a quello che era stato irrogato dal Tribunale di Napoli.
Il COGNOME, dopo avere premesso che tale Tribunale avrebbe irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., un aumento di pena di sei mesi di reclusione per le aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lamenta che la Corte d’appello di Napoli, nonostante l’esclusione, per effetto del bilanciamento che aveva effettuato, dell’effetto sanzionatorio della recidiva, abbia irrogato, per la sola aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lo stesso aumento di pena di sei mesi di reclusione, lacidove tale aumento avrebbe dovuto essere inferiore a sei mesi, «dovendosi da questa misura sottrarre la quota sanzionatoria direttamente riferibile alla recidiva, la cui concreta operatività è stat elisa dal bilanciamento ex art. 69 comma 3 c.p.».
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen. e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte d’appello di Napoli confermato che la propria condotta integrava la sussistenza della circostanza aggravante del cosiddetto metodo mafioso.
Il ricorrente prospetta argomentazioni del tutto coincidenti con quelle del primo motivo dei ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME che si sono riassunte ai punti, rispettivamente, 3.1 e 4.1.
5.2. Il secondo motivo, che riguarda il trattamento sanzionatorio, è proposto in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., e con riferimento agli artt. 62-bis, 63, quarto comma, 66, 69, 133, 416-bis.1 e 628, terzo comma, n. 1), cod. pen. e agli artt. 581 e 597, commi 1, 3 e 4, cod. proc. pen. ed è articolato in due profili.
5.2.1. Sotto il primo profilo, il ricorrente prospetta censure coincidenti con quelle sollevate da NOME COGNOME e da NOME COGNOME con il primo profilo del secondo motivo dei loro ricorsi e che si sono riassunte ai punti, rispettivamente, 3.2.1 e 4.2.1.
5.2.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente deduce, analogamente a quanto dedotto da NOME COGNOME e da NOME COGNOME con il secondo profilo del secondo motivo dei loro ricorsi (punti, rispettivamente, 3.2.2 e 4.2.2), la violazione del divieto di reformatio in peius per avere la Corte d’appello di Napoli irrogato, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, per la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena superiore a quello che era stato irrogato dal Tribunale di Napoli.
Il COGNOME, dopo avere premesso che tale Tribunale avrebbe irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., un aumento di pena di sei mesi di reclusione per le aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lamenta che la Corte d’appello di Napoli, nonostante l’esclusione, per effetto del bilanciamento che aveva effettuato, dell’effetto sanzionatorio della recidiva, abbia irrogato, per la sola aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lo stesso aumento di pena di sei mesi di reclusione, lacIdove tale aumento avrebbe dovuto essere inferiore a sei mesi, «dovendosi da questa misura sottrarre la quota sanzionatoria direttamente riferibile alla recidiva, la cui concreta operatività è stat elisa dal bilanciamento ex art. 69 comma 3 c.p.».
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
6.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del cosiddetto metodo mafioso di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il ricorrente afferma che la motivazione resa al riguardo dalla Corte d’appello di Napoli potrebbe, al più, fare ritenere la sussistenza dell’aggravante della cosiddetta agevolazione mafiosa, in quanto «lascerebbe intendere NOME] che l’azione delittuosa sia stata dimostrativa di un’affermazione di potere posta in essere proprio subito dopo l’arresto di COGNOME».
Nel richiamare una pronuncia della Corte di cassazione sul tema della circostanza aggravante in parola, il ricorrente rappresenta che ciò che sarebbe «dirimente», ai fini della sussistenza della stessa circostanza, sarebbe «non la provenienza dell’agente da un contesto di criminalità organizzata – nel caso che ne occupa neanche acclarata – ma la modalità concreta con la quale lo stesso ha agito».
Ciò detto, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Napoli, oltre a non avere adeguatamente considerato la giurisprudenza della Corte di cassazione sul tema dell’aggravante de qua, non avrebbe neppure valutato correttamente il compendio probatorio. In particolare, la Corte d’appello di Napoli avrebbe omesso di valutare le dichiarazioni che erano state rese dalla persona offesa NOME COGNOME, dalle quali sarebbe emerso come egli non «patisse una condizione di soggezione derivante dalla “fama criminale” del RAGIONE_SOCIALE» e non «avesse alcun timore né patisse alcuna forma di assoggettamento nei confronti della famiglia COGNOME con la quale, per sua stessa dichiarazione, intratteneva rapporti da tempo» (così il ricorso).
Il ricorrente conclude che «la mera ostentazione di comportamenti che, di norma, sono appannaggio della criminalità organizzata, non è sufficiente di per sé ad integrare l’aggravante del 416 bis 1 c.p., in assenza di una pluralità di indici obiettivamente rivelatori dell’utilizzo di modalità mafiose».
6.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., il «vizio motivazionale relativo all’art. 99 c.p. per omessa valutazione ed esclusione della recidiva contestata ed applicata al ricorrente».
Nel richiamare la giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di recidiva, il ricorrente lamenta che, nel caso di specie, tale circostanza aggravante, che è entrata nel giudizio di bilanciamento, sarebbe stata ritenuta dalla Corte d’appello di Napoli «in via automatica sulla mera esistenza di precedenti penali a carico del COGNOME», senza motivare in ordine alla necessaria relazione qualificata tra il reato per il quale si stava procedendo e quelli già giudicati. A tale proposito il ricorrente rappresenta che, come risulterebbe dal certificato del casellario giudiziale, «i precedenti da cui risulta gravato il prevenuto sono fatti del tutt disomogenei rispetto al delitto oggetto di giudizio, trattandosi di reati in materia di stupefacenti».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Secondo l’orientamento della Corte di cassazione, che è condiviso dal Collegio, la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è configurabile nel caso in cui le modalità esecutive della condotta siano idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, quand’anche quest’ultima non sia direttamente indirizzata sui soggetti passivi, ma risulti comunque funzionale a una più agevole e sicura consumazione del reato (Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283637-01).
Nel caso in esame, le conformi sentenze dei giudici di merito hanno evidenziato come le modalità esecutive della rapina ai danni dei COGNOME, in quanto commessa da parte di numerosi correi e con la partecipazione dei vertici del clan “RAGIONE_SOCIALE” (segnatamente, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME) e di alcuni stabili frequentatori del clan “RAGIONE_SOCIALE” (di cui il clan “RAGIONE_SOCIALE” costituiva un costola), subito dopo l’arresto del cugino dei fratelli COGNOME NOME COGNOME, capo del clan contrapposto a quello dei COGNOME, in pieno pomeriggio e in modo plateale, come un autentico raid armato dimostrativo di potere e atto di sfida nei confronti dei fratelli COGNOME, in quanto cugini del COGNOME, fossero chiaramente ? concretamente evocative, nei confronti dei COGNOME e di altre eventuali persone presenti, della forza intimidatrice tipica del vincolo associativo di tipo mafioso e perciò, capaci di determinare quella particolare coartazione psicologica sulle persone che è connessa all’evocazione di metodi che sono propri della criminalità organizzata del suddetto tipo e da agevolare, conseguentemente, la realizzazione del reato.
Tale motivazione risulta priva di contraddizioni e illocricità, tanto meno manifeste, e appare in linea con la ricordata giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di presupposti per la configurabilità dell’aggravante del metodo mafioso, sicché essa si sottrae alle censure del ricorrente.
1.2. Il secondo motivo è fondato nel suo primo profilo (punto 3.2.1 della parte in fatto), nei termini che seguono, mentre è manifestamente infondato nel suo secondo profilo (punto 3.2.2 della parte in fatto).
1.2.1. Quanto al primo profilo del motivo, la Corte di cassazione ha chiarito che il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall’art. 69 cod. pen. ha carattere unitario e non è pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti e una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice (Sez. 1, n. 28109 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 281671-01; Sez. 5, n. 12988 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252313-01).
Nel caso di specie, dal dispositivo della sentenza impugnata («concesse a tutti le circostanze attenuanti generiche equivalenti rispetto alla recidiva a ciascuno
contestata») e anche dal riferimento all’aumento di pena ex art. 63, quarto comma, cod. pen., che è contenuto nella motivazione della stessa sentenza riferimento che sembrerebbe essere relativo all’unica circostanza aggravante non bilanciabile, cioè quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., e c:he, per quanto qu interessa, dovrebbe presupporre che la Corte d’appello di Napoli abbia applicato la pena anche per un’altra circostanza aggravante a effetto speciale – appare che la stessa Corte d’appello di Napoli abbia operato il bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la sola recidiva, senza quindi ricomprendere, nel giudizio di bilanciamento con tali circostanze attenuanti generiche, anche le altre circostanze aggravanti ritenute sussistenti; segnatamente, quelle, di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., dell’essere stata la violenza o la minaccia (della rapina) commessa con armi e da più persone riunite (circostanze, queste ultime, che non sono soggette al divieto di bilanciamento previsto dal quinto comma dello stesso art. 628 cod. pen.).
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio sul punto e il giudice del rinvio, ferma restando, ovviamente, la concessione delle circostanze attenuanti generiche, dovrà procedere a un nuovo giudizio di bilanciamento, ricomprendendo in esso, oltre alla recidiva, anche le menzionate circostanze aggravanti di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen.,, rispetto alla cui sussistenza ogni questione è pure ormai preclusa.
1.2.2. Quanto al secondo profilo del motivo, si deve rilevare che il Tribunale di Napoli aveva irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., per le circostanze aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena non di sei mesi di reclusione, come è slato affermato dal ricorrente, ma di un anno di reclusione (vedi la pag. 140 della sentenza di primo grado).
Ne discende che, con l’irrogare un aumento di pena di sei mesi di reclusione per la sola circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., la Corte d’appello di Napoli, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha evidentemente violato il divieto di reformatio in peius.
Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
In questo senso, poiché tale motivo, come si è detto al punto 4.1. della parte in fatto, è del tutto coincidente con il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, si può fare integrale rinvio alla motivazione della manifesta infondatezza di quest’ultimo motivo che è stata esposta al punto 1.1.
2.2. Il secondo motivo è fondato sia nel suo primo profilo (punto 4.2.1 della parte in fatto) sia nel suo secondo profilo (punto 4.2.2 della parte in fatto).
2.2.1. Quanto al primo profilo del motivo, la fondatezza di esso riposa sulle stesse ragioni per le quali si è ritenuta la fondatezza del primo profilo del secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME; ragioni che si sono esposte al punto 1.2.1. e alle quali si fa integrale rinvio.
Anche in relazione alla posizione del COGNOME, infatti, si deve rilevare che la Corte d’appello di Napoli appare avere operato il bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la sola recidiva, senza quindi ricomprendere, nel giudizio di bilanciamento con tali circostanze attenuanti generiche, anche le altre circostanze aggravanti ritenute sussistenti, di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., dell’essere stata la violenza o la minaccia (della rapina) commessa con armi e da più persone riunite.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio sul punto e il giudice del rinvio, ferma restando, ovviamente, la concessione delle circostanze attenuanti generiche, dovrà procedere a un nuovo giudizio di bilanciamento, ricomprendendo in esso, oltre alla recidiva, anche le menzionate circostanze aggravanti di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., rispetto alla cui sussistenza ogni questione è pure ormai preclusa.
2.2.2. Quanto al secondo profilo del motivo, si deve rilevare che il Tribunale di Napoli aveva irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., per le circostanze aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena di sei mesi di reclusione (vedi la pag. 140 della sentenza di primo grado)
La Corte d’appello di Napoli, essendo venuto meno, in conseguenza dell’effettuato bilanciamento, l’effetto sanzionatorio della recidiva reiterata e specifica – cioè della più grave delle due menzionate circostanze a effetto speciale – ha irrogato, per la sola circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lo stesso aumento di pena di sei mesi di reclusione che era stato irrogato dal Tribunale di Napoli per entrambe le circostanze aggravanti.
Il Collegio ritiene che la mancata diminuzione di tale aumento di pena, nonostante esso si riferisca ormai a una sola delle due circostanze aggravanti per le quali il giudice di primo grado lo aveva irrogato (segnatamente, quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.), si traduca, nella sostanza, in un aggravamento della pena irrogata dal giudice di primo grado per tale circostanza aggravante, con la conseguente violazione del divieto di reforrnatio in peius.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio anche sul punto dell’aumento di pena per l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
In questo senso, poiché tale motivo, come si è già detto al punto 5.1. della parte in fatto, è del tutto coincidente con il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, si può fare integrale rinvio alla motivazione della manifesta infondatezza di quest’ultimo motivo che è stata esposta al punto 1.1.
3.2. Il secondo motivo è fondato sia nel suo primo profilo (punto 5.2.1 della parte in fatto) sia nel suo secondo profilo (punto 5.2.2 della parte in fatto).
3.2.1. Quanto al primo profilo del motivo, la fondatezza di esso riposa sulle stesse ragioni per le quali si è ritenuta la fondatezza del primo profilo del secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME; ragioni che si sono esposte al punto 1.2.1. e alle quali si fa integrale rinvio.
Anche in relazione alla posizione del COGNOME, infatti, si deve rilevare che la Corte d’appello di Napoli appare avere operato il bilanciamentò tra le circostanze attenuanti generiche e la sola recidiva, senza quindi ricomprendere, nel giudizio di bilanciamento con tali circostanze attenuanti generiche, anche le altre circostanze aggravanti ritenute sussistenti, di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., dell’essere stata la violenza o la minaccia (della rapina) commessa con armi e da più persone riunite.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio sul punto e il giudice del rinvio, ferma restando, ovviamente, la concessione delle circostanze attenuanti generiche, dovrà procedere a un nuovo giudizio di bilanciamento, ricomprendendo in esso, oltre alla recidiva, anche le menzionate circostanze aggravanti di cui al n. 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., rispetto alla cui sussistenza ogni questione è pure ormai preclusa.
3.2.2. Quanto al secondo profilo del motivo, la fondatezza di esso riposa sulle stesse ragioni per le quali si è ritenuta la fondatezza del secondo profilo del secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME; ragioni che si sono esposte al punto 2.2.2. e alle quali si fa integrale rinvio.
Anche in relazione alla posizione del COGNOME, il Tribunale di Napoli aveva irrogato, in applicazione dell’art. 63, quarto comma, cod. pen.’ per le circostanze aggravanti della recidiva e di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., un aumento di pena di sei mesi di reclusione (vedi la pag. 141 della sentenza di primo grado).
La Corte d’appello di Napoli, essendo venuto meno, in conseguenza dell’effettuato bilanciamento, l’effetto sanzionatorio della recidiva reiterata specifica – cioè della più grave delle due menzionate circostanze a effetto speciale – ha irrogato, per la sola circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., lo stesso aumento di pena di sei mesi di reclusione che era stato irrogato dal Tribunale di Napoli per entrambe le circostanze aggravanti, con la conseguente violazione del divieto di reformatio in peius.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio anche sul punto dell’aumento di pena per l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il ricorso di NOME COGNOME.
4.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
In questo senso, poiché tale motivo attiene, come il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, all’asserita insussistenza della circostanza aggravante del metodo mafioso, si può fare integrale rinvio alla motivazione della manifesta infondatezza di quest’ultimo motivo che è stata esposta al punto 1.1.
Con l’ulteriore precisazione che, contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente – là dove fa riferimento alla reazione che avrebbe avuto la persona offesa NOME COGNOME – i caratteri mafiosi del metodo utilizzato per la commissione del reato vanno valutati, con un giudizio ex ante, con riferimento esclusivamente all’idoneità a esercitare sulle persone la particolare coartazione psicologica che deriva dall’evocazione dell’organizzazione criminale di tipo mafioso e non sulla base della reazione avuta dalla vittima (Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015, COGNOME, Rv. 264900-01; Sez. 6, n. 28017 del 26/05/2011, COGNOME, Rv. 250541-01; Sez. 6, n. 21342 del 02/04/2007, COGNOME, Rv. 23662801).
4.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Quanto all’applicazione della recidiva, la Corte di cassazione ha affermato il principio che è richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, COGNOME, Rv. 274782-01). In motivazione, la Corte ha chiarito che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato.
In senso sostanzialmente analogo, è !;tato affermato che l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all’esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 2015, Gordyusheva, Rv. 26346401)
Più diffusamente, la stessa Corte di cessazione ha precisato che, ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto a esaminare in
concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tr fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminc:igeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME Chicca, Rv. 270419-01).
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Napoli ha applicato la recidiva ritenendo che il reato di rapina pluriaggravata sub iudice, posto in relazione con le precedenti condanne riportate dal NOME, fosse dimostrativo – tenuto anche conto della violenza con la quale la stessa rapina fu commessa (tanto da ingenerare uno stato di terrore nelle vittime,, tale da indurle a tenere chiuso il proprio negozio nei giorni successivi al reato) – NOME rivelato rd d l’ingravescente capacità a delinquere dello stesso NOME.
Alla luce dei consolidati principi della giurisprudenza di legittimità sopra esposti, tale motivazione si deve ritenere sufficiente e, in quanto espressiva di un discrezionale giudizio di fatto, non sindacabile in questa sede di legittimità.
4.3. La statuizione di annullamento con rinvio sui punti del giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti e dell’aumento di pena per l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. va estesa, ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen., anche al COGNOME, ancorché egli non abbia proposto alcuna specifica censura sui suddetti punti (Sez. 2, n. 4159 del 12/11/2019, dep. 2020, Germinario, Rv. 278226-01), in quanto gli accolti motivi di ric:orso proposti sugli stessi dagli altri imputati (a parte il manifestamente infondato secondo profilo del secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME) non sono esclusivamente personali, atteso che, anche con riguardo alla posizione del NOME, sono ravvisabili i censurati vizi del giudizio di comparazione tra circostanze e di violazione del divieto di reformatio in peius.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio, per un nuovo giudizio sul punto, a un’altra sezione della Corte d’appello di Napoli. I ricorsi devono, invece, essere dichiarati inammissibili nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli. <U1 < Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.
Così deciso il 12/01/2024.