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Bilanciamento circostanze: insindacabile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto. La Corte ha ribadito che il bilanciamento circostanze tra attenuanti e aggravanti (come la recidiva) è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Se sorretta da una motivazione sufficiente, anche se sintetica, questa decisione non è sindacabile in sede di legittimità. Le contestazioni sui fatti sono state respinte in quanto non ammissibili in Cassazione.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento Circostanze: Quando la Decisione del Giudice di Merito è Intoccabile

L’ordinanza n. 4666/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato di legittimità in materia di bilanciamento circostanze. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla comparazione tra attenuanti e aggravanti, se adeguatamente motivata, sfugge al controllo della Cassazione. Questo principio rafforza l’autonomia dei tribunali di primo e secondo grado nel determinare la pena più congrua al caso concreto.

I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.), confermata dalla Corte d’Appello di Firenze. L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. La contestazione degli elementi probatori che avevano fondato la sua condanna, ritenendoli insufficienti a dimostrare la sua responsabilità penale.
2. La richiesta di un giudizio di prevalenza della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) sulla contestata aggravante della recidiva.

La ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte sia di rivalutare i fatti del processo, sia di modificare il giudizio di equivalenza tra le circostanze operato dal giudice d’appello, che aveva di fatto annullato l’effetto benefico dell’attenuante.

L’Insindacabilità del Bilanciamento Circostanze

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo spiegazioni distinte per ciascun motivo. Sul primo punto, ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può, quindi, procedere a una “rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie”, specialmente a fronte di una “doppia conforme” di condanna basata su un quadro probatorio giudicato “chiaro e coerente”.

Il fulcro della decisione, tuttavia, risiede nel secondo motivo. La Corte ha definito “manifestamente infondato” il tentativo di rimettere in discussione il bilanciamento circostanze. Ha spiegato che la comparazione tra circostanze di segno opposto (attenuanti contro aggravanti) è una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità a meno che non sia il frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Sufficienza della Motivazione

La Suprema Corte ha precisato un aspetto fondamentale: per essere considerata valida, la motivazione sul bilanciamento non deve essere necessariamente complessa o prolissa. Citando una precedente sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010), i giudici hanno affermato che è sufficiente una motivazione che, anche in modo sintetico, giustifichi la scelta dell’equivalenza come la soluzione “più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva implicitamente ritenuto che equiparare le circostanze fosse il modo corretto per commisurare una pena giusta, e tanto basta per la Cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma la solidità di un orientamento giurisprudenziale consolidato. Per gli operatori del diritto, emerge una chiara indicazione: un ricorso in Cassazione che mira a contestare il bilanciamento circostanze ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un vizio logico palese o un’assoluta arbitrarietà nella decisione del giudice di merito. La semplice richiesta di una valutazione diversa (ad esempio, la prevalenza invece dell’equivalenza) si traduce in una censura di fatto, non consentita in sede di legittimità. La decisione finale ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a sanzione della proposizione di un ricorso inammissibile.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità e non può riesaminare i fatti o le prove del processo, soprattutto quando le sentenze di primo e secondo grado sono concordi (“doppia conforme”) e basate su un quadro probatorio coerente.

Il giudice deve motivare in modo approfondito il bilanciamento delle circostanze?
No. Secondo l’orientamento confermato in questa ordinanza, è sufficiente una motivazione, anche sintetica, che ritenga la soluzione adottata (equivalenza, prevalenza o soccombenza) come la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena al caso specifico.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un mezzo di impugnazione non consentito dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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