Bilanciamento Circostanze: Quando un Errore di Impostazione Rende il Ricorso Inammissibile
Il bilanciamento circostanze è uno dei meccanismi più delicati e cruciali nel diritto penale, poiché da esso dipende la determinazione concreta della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su come questo giudizio debba essere correttamente operato, sottolineando la differenza tra le circostanze ‘diminuenti’ e quelle ‘attenuanti’. Il caso in esame dimostra come un ricorso basato su un presupposto giuridico errato sia destinato a essere dichiarato inammissibile.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Basato su un Presupposto Errato
La vicenda trae origine da una condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e altri illeciti. Nei gradi di merito, al condannato era stata riconosciuta la circostanza diminuente del vizio parziale di mente, prevista dall’art. 89 del codice penale.
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta violazione di legge nel giudizio di bilanciamento circostanze operato dalla Corte d’Appello. Secondo la tesi difensiva, i giudici non avrebbero correttamente bilanciato la diminuente del vizio parziale di mente con le altre circostanze presenti, in particolare l’aggravante della recidiva e le attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Corretto Bilanciamento Circostanze
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su una distinzione tecnica fondamentale nel calcolo della pena, che il ricorrente aveva erroneamente ignorato.
La Distinzione Cruciale: Diminuenti vs. Attenuanti nel Giudizio di Bilanciamento
I giudici di legittimità hanno chiarito che la diminuente per vizio parziale di mente (art. 89 c.p.) non è una circostanza attenuante da inserire nel calderone del giudizio di bilanciamento con le aggravanti. Si tratta, invece, di una ‘diminuente’ in senso stretto, che opera direttamente sulla pena base, riducendola prima che si proceda al successivo giudizio di comparazione tra attenuanti e aggravanti.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente:
1. Applicato per intero la riduzione di pena prevista per il vizio parziale di mente.
2. Solo successivamente, operato il bilanciamento circostanze tra le attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva.
Il motivo di ricorso era quindi basato su un presupposto giuridico palesemente errato, poiché contestava il mancato inserimento nel bilanciamento di un elemento che, per legge, ne è escluso.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha evidenziato che l’argomentazione difensiva confondeva due fasi distinte e successive della commisurazione della pena. Il riconoscimento della diminuente ex art. 89 c.p. era stato pieno e non era stato oggetto di alcuna comparazione. Il successivo bilanciamento aveva riguardato unicamente le circostanze comuni (attenuanti generiche) e l’aggravante della recidiva. Poiché il ricorso si fondava interamente su questa premessa sbagliata, la sua infondatezza era manifesta, il che ha comportato la declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: la necessità di una rigorosa precisione tecnica nell’impostare i motivi di ricorso in Cassazione. Un errore nella qualificazione giuridica degli istituti, come la confusione tra diminuenti e attenuanti, può vanificare l’intero sforzo difensivo, portando a una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La pronuncia serve da monito sull’importanza di comprendere a fondo i meccanismi di determinazione della pena prima di contestarne l’applicazione davanti alla Suprema Corte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. Si basava sull’errato presupposto che la diminuente per vizio parziale di mente dovesse essere inclusa nel bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti, mentre la legge prevede che essa venga applicata prima e indipendentemente da tale giudizio.
La diminuente per vizio parziale di mente (art. 89 c.p.) rientra nel bilanciamento con altre circostanze come la recidiva?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa diminuente opera direttamente sulla pena base e non viene inserita nel successivo giudizio di bilanciamento, il quale riguarda la comparazione tra le circostanze attenuanti (es. generiche) e quelle aggravanti (es. recidiva).
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31149 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31149 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME
N. 12762/25 Verzari
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ar 337 cod. pen. e altro);
Esaminati i motivi di ricorso,
Ritenuto che l’unico motivo dedotto nel ricorso, attinente alla violazione di legge quanto al giudizio di bilanciamento è manifestamente infondato, dal momento che la diminuente ex art. 89 cod. pen. è stata riconosciuta per intero e non inserita nel detto bilanciamento fra circostanze, che ha riguardat unicamente le attenuanti generiche e la recidiva; ritenuto, inoltre, che valutazione della Corte ha riguardato anche il merito della valutazione, oltre richiamare l’ostatività del dettato normativo quanto alla prevalenza dell attenuanti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/07/2025