Bilanciamento Circostanze: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale del processo penale: il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti. Con questa decisione, la Suprema Corte riafferma la natura ampiamente discrezionale di tale valutazione da parte del giudice di merito e i limiti stretti entro cui può essere contestata in sede di legittimità. Il caso riguarda un ricorso presentato avverso una condanna per furto aggravato e recidiva, incentrato unicamente sulla correttezza di tale bilanciamento.
I Fatti del Processo
Un individuo, già condannato in passato per altri reati, veniva ritenuto colpevole di furto aggravato. Nel corso del giudizio di merito, gli venivano riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ma queste dovevano essere confrontate con le aggravanti contestate, tra cui la recidiva. Il giudice, operando il cosiddetto bilanciamento circostanze, riteneva le aggravanti prevalenti o equivalenti, determinando una pena ritenuta eccessiva dalla difesa. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un errore in questa specifica valutazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo la Corte, il motivo del ricorso non superava il vaglio di ammissibilità, poiché la valutazione sulla comparazione tra circostanze di segno opposto costituisce un potere riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
Le Motivazioni: Il Principio del Bilanciamento Circostanze
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del potere del giudice di merito. La Cassazione chiarisce che il giudizio di bilanciamento circostanze previsto dalla legge è espressione di un potere valutativo che non richiede un’analitica esposizione di tutti i criteri previsti dall’articolo 133 del codice penale. È sufficiente che la motivazione sia congrua e logica, anche se fondata solo su alcuni di tali parametri.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva ampiamente motivato la propria scelta, valorizzando elementi sfavorevoli all’imputato, come i suoi numerosi precedenti penali e la condotta tenuta dopo la commissione del reato. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a giustificare un giudizio di prevalenza o equivalenza delle aggravanti sulle attenuanti. La Suprema Corte, richiamando un proprio precedente orientamento, ha confermato che una simile motivazione rende la decisione incensurabile, precludendo ogni ulteriore esame nel merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la battaglia sul bilanciamento circostanze si gioca e si vince nei gradi di merito (Tribunale e Corte d’Appello). È in queste sedi che la difesa deve fornire tutti gli elementi a supporto della prevalenza delle attenuanti, poiché le possibilità di rimettere in discussione la valutazione del giudice davanti alla Cassazione sono estremamente ridotte. La decisione sottolinea inoltre il peso significativo che i precedenti penali e la condotta complessiva dell’imputato hanno nel determinare l’esito del giudizio di bilanciamento e, in definitiva, l’entità della pena.
Il giudice può decidere liberamente come bilanciare le circostanze aggravanti e attenuanti?
Sì, la valutazione delle circostanze è un potere discrezionale del giudice di merito. Tuttavia, tale potere deve essere esercitato attraverso una motivazione congrua e logica, anche se basata solo su alcuni dei criteri previsti dalla legge, come i precedenti penali dell’imputato.
Un ricorso in Cassazione può contestare il modo in cui il giudice ha bilanciato le circostanze?
Generalmente no. Secondo l’ordinanza, tale giudizio è ‘insindacabile in sede di legittimità’ se la decisione del giudice di merito è motivata in modo logico e coerente. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37034 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37034 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME LIVORNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stato condanNOME per il reato previsto dagli artt.99, comma quarto, 624 e 625, n.2, cod.pen..
L’unico motivo di ricorso, attinente alla correttezza del giudizio di bilanciamento tra le riconosciute circostanze attenuanti generiche e le contestate aggravanti, tra cui la recidiva, è manifestamente infondato.
Dovendosi ricordare, sul punto, che in tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 27983802); nel caso di specie, la Corte ha, peraltro, ampiamento motivato sull’argomentazione difensiva già proposta in sede di atto di appello operando una valutazione dei numerosi precedenti penali dell’imputato e della non positiva condotta tenuta successivamente al reato.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2025